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La ‘carica’ delle baby imprenditrici su Instagram

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Teenager, intraprendenti e determinatissime a trasformare il loro passatempo preferito in un piccolo business da far crescere tra le mura di casa. A costo zero, senza bisogno di registrare un brand o di aprire una partita Iva. Talvolta, senza neppure che i genitori ne siano pienamente al corrente. Non hanno bisogno di uno spazio commerciale e neppure di un banco al mercato: la libertà offerta da Instagram e Tik Tok ha regalato loro ben più opportunità.

Perché i social – nelle mani disinvolte di queste native digitali – riescono a promuovere un’idea o un prodotto meglio di uno spot pubblicitario su una tv locale. Desideria, Clementina, Sofia, e tante altre under 20 che abbiamo rintracciato quest’estate – un po’ per curiosità un po’ per divertimento – sono imprenditrici in erba e guai a non prenderle sul serio: la mattina stanno sui banchi di scuola e il pomeriggio si dividono tra studio, lavoro e preparazione di nuovi post da pubblicare sui loro profili “aziendali”.  Sono organizzatissime e coscienti di aver creato qualcosa che potrebbe diventare grande con loro.

Sofia Bevilacqua (20 anni), studentessa al secondo anno della Luiss, azzarda dire che in Italia le baby-imprenditrici “sono centinaia di migliaia”. “Nel mondo dello small business sui social quello che fa la differenza – aggiunge – è la costanza che in certi casi manca. Sapendosi organizzare bene, invece, si può conciliare tutto”.

Lei ne sa qualcosa: la sua sveglia da tre anni suona alle 6:30 e prima di sedersi in aula è già andata in Posta a spedire i pacchetti di fasce UbeBands.

ubebands

È stato un viaggio con la famiglia in Perù, nel 2019, a farle scoprire tra le favelas la maestria delle donne locali nel cucire piccoli accessori per capelli. Un po’ per ammirazione, un po’ per mantenere viva l’emozione di quel viaggio, durante il lockdown Sofia prende lezioni da un sarto e con il suo aiuto, mettendo insieme scampoli di tessuto e tappezzerie trovate in casa, comincia a cucire le sue prime fasce: “Non con l’idea di venderle – spiega – ma per fare dei regali personali e sempre diversi alle amiche. La moda e il Made In Italy sono da sempre la mia passione!”

Ma chi riceveva una fascia di Sofia in regalo, poi ne chiedeva almeno altre cinque…A 17 anni, nonostante la perplessità della madre, Sofia approfitta della Dad per lanciare @Ubebands: fasce per capelli, spesso in tessuti pregiati e sempre rigorosamente italiani.

Leggere, facili da spedire, elegantemente confezionate e con un prezzo accessibile: le fasce di Sofia diventano velocemente popolari e vanno a ruba tra le ragazzine romane. “Quando le mie prime clienti partono per l’università, la fascia Ubebands arriva con loro a Milano, Bologna, Londra e Parigi”. E il piccolo business nato per gioco permette a Sofia di diventare quasi indipendente alla soglia dei 18 anni.

“Oggi produco in media 1200 fasce l’anno, il mio obiettivo – confida – è riuscire a dare gli esami continuando a lavorare (n.d.r. il sarto che le insegnò a cucire è tuttora al suo fianco nella micro-impresa) e mettere da parte i guadagni per potermi lanciare nel mondo dell’accessorio in pelle e, in futuro, nella moda”.

Sofia prevede di registrare il suo brand e aprire un punto vendita nella Capitale. Con calma, perché le mancano ancora anni di studi e per i suoi progetti può contare solo su qualche centinaio di euro di risparmi al mese.

Un business che si è invece sviluppato in tempi record è quello di Clementina e Ines Makula, le sorelle italo-francesi di Clemismarket, marchio Made in Italy di prodotti biologici gustosi per colazione e merenda, oggi venduti nel loro negozio di Milano e in vari punti in Italia. “La mission di Clemi’s Market è far capire che ci si può nutrire con gusto senza rinunciare al benessere del proprio corpo”. Parola di Clementina, la più piccola delle due.

Da sempre soffre d’intolleranze alimentari ma affronta il problema con intraprendenza e testardaggine, sperimentando nuove ricette in cucina. Nel 2020, durante il lockdown, lancia la sua granola vegana, sugar free e fatta in casa, che “sazia e non gonfia”.

Crea anche un sito e un profilo Instagram, per promuovere la granola e la crema spalmabile Clemi’s, condividere ricette e stili di vita salutari. Rispondono tantissime ragazzine postando storie di linea e di gusto ritrovati grazie ai prodotti Clemi’s declinati in una varietà sterminata di merende facili da replicare e “instagrammabili”.

I prodotti funzionano a tal punto che la sorella maggiore, Ines – con una solida esperienza in campo di startup e di marketing internazionale – dopo aver lanciato a Londra Gifty.gift e il podcast Made IT sulle storie di successo del Made In Italy – decide, quest’anno, di mettersi in squadra con la sorella, oggi Ceo e founder, per far crescere il brand.

I fatti le danno ragione: a luglio B Wonder, la Call per l’Imprenditoria Femminile, seleziona Clemismarket tra le prime dieci startup dopo aver vagliato oltre 140 iscrizioni pervenute.

Anche Desideria Tonci Ottieri, classe 2005, sogna di ritagliarsi la sua fetta di mercato: non nel settore bio, ma in quello del gioiello. Anche lei è un’appassionata di Made in Italy, con una forte vocazione internazionale nutrita dai viaggi fatti con la famiglia e dagli studi al liceo francese. “Il commercio, racconta, ce l’ho nel sangue e in casa mi hanno sempre sostenuto: sia quando, da autodidatta, disegnavo e creavo le mie bigiotterie, sia quando – tre anni fa – ho iniziato a farle conoscere su @Freedfromdesi” (in onore della celebre hit anni’80).

La molla del business le è scattata dopo aver vissuto quattro anni in Portogallo, “dove tutti ammiravano lo stile e l’eleganza del Made In Italy”. Tornata in Italia, crea le sue prime collane mettendo insieme materiali diversi, recuperati o acquistati ai mercatini, ma sempre “poveri” perché le sue clienti, all’inizio, sono proprio le amiche di Lisbona.

Oggi però non è raro vedere anche le liceali romane indossare un bijoux Freedfromdesi.

“Produco due collezioni a stagione, per ognuna presento almeno tre paia di orecchini, due girocolli, un anello e un bracciale. Qualche volta propongo anche accessori che mi sono particolarmente piaciuti”.

Il mantra di Desideria è la pianificazione: “tengo ben separati business, scuola e amici e organizzo la giornata scrupolosamente”. Tiene anche sott’occhio, benissimo, i conti perché la sua attività richiede ore del suo lavoro (non ha mai voluto aiuti esterni) e acquisti di materiali. Con un’amica ha quindi adattato alle sue necessità un logaritmo che, dopo ogni vendita, registra su drive perdite e margini di guadagno.

Questi ultimi, ovviamente, sono ancora ridotti. Desideria e Sofia, infatti, non sono ancora delle startupper: non hanno mai lanciato crowdfunding ne’ hanno piani di crescita aziendale a breve.

Desideria sogna di studiare psicologia e International Business ma intanto si prepara a sbarcare su Shopify ed Etsy, piattaforme che la lanceranno nell’e-commerce. E poi vorrebbe coronare il suo sogno d’infanzia: passare dai bijoux ai preziosi, un sogno che non potrà realizzare senza duro lavoro e competenze.

Ed è forse questa una delle lezioni più importanti che queste imprenditrici in erba, a dispetto dell’età, hanno già fatto loro, dopo aver imparato che i social servono a superare limiti e aggirare ostacoli più che a seguire influencer. E possono anche diventare una “palestra” di quella leadership femminile di cui l’Italia avrebbe tanto bisogno.

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