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Quanto corre il Metaverso. Intervista a Maximo Ibarra, Ceo Engineering

Maximo Ibarra Engineering Fortune Italia
Intervista a Maximo Ibarra, Ceo di Engineering: “Fino a ora il metaverso è stato una moda. Adesso è ancora in fase di sviluppo, mi aspetto che in 3-5 anni diventi realtà concreta a tutti gli effetti”. La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di settembre 2022.

“In Italia manca la premialità. Dobbiamo imparare a essere meritocratici e a pagare di più”. Maximo Ibarra l’Italia la conosce bene. L’ha vista dal basso, ma molto di più dall’alto. L’ha vista da dentro e da fuori e ha capito che questo Paese deve cambiare. D’altronde il Ceo e general manager di Engineering lo ha fatto spesso: è partito da Telecom Italia, è passato in Omnitel Vodafone e in Dhl International come direttore commerciale. È arrivato anche in Fiat Auto e in Benetton Group come Vp worldwide marketing e comunicazione. Nel 2004 ha fatto un giro in Wind, dove più avanti ha ricoperto il ruolo di Ad e direttore generale di Wind Telecomunicazioni. Poi ha trovato tempo e spazio per creare Wind Tre Spa e nel 2018 è diventato Ceo di Kpn. È passato anche da Sky Italia, sempre da Ceo, fino a quando nel 2021 è approdato a Engineering, tra le aziende leader della trasformazione digitale in Italia e all’estero.

Però Ibarra voleva fare il biologo marino, voleva studiare le piante, gli animali e i microrganismi che crescono e vivono in mare. Invece è finito a guidare la trasformazione digitale, a esaminare algoritmi, tecnologie e soft skill che stanno rivoluzionando il mondo che conosciamo. “Sono arrivato in Italia per studiare biologia marina, ma all’arrivo ho scoperto che la facoltà era chiusa. È stata la mia sliding door… Ogni tanto penso a cosa sarebbe stato di me se avessi scelto quella strada”.

Chissà che avrebbe fatto Ibarra nel mare. Probabilmente quello che fa oggi sulla terraferma, ovvero preservare l’ecosistema e garantirgli un futuro all’avanguardia. Perché in fondo Ibarra fa questo: prepara il futuro. Che oggi è sinonimo di metaverso.

“Fino a ora il metaverso è stata una moda, la classica parola che si usa spesso come un accessorio di marketing”, dice. “In realtà è un ramo della tecnologia che trova sempre di più applicazione reale nelle aziende. È un trasferimento dell’esperienza con il cliente in un ambiente virtuale, una realtà aumentata che sfrutta forme di interazione sofisticate. Quindi non è una moda, ma una realtà effettiva. È ancora in fase di sviluppo perché poggia su tecnologie che non sono sufficientemente mature, ma mi aspetto che nei prossimi tre, cinque anni diventi più che sofisticata. A quel punto parleremo di metaverso a tutti gli effetti”.

Chi sono i professionisti di questa realtà?

Oggi non esiste un professionista definito, non ci sono corsi di formazione specifici. Serve un mix di competenze verticali e orizzontali: blockchain, intelligenza artificiale, cybersecurity, marketing tecnologico e comunicazione. Servono competenze trasversali.

Il metaverso può essere regolamentato?

Stiamo parlando di qualcosa che non è ancora maturo, strutturato, definito, perciò è difficile regolarlo. Un minimo di regolamentazione in futuro ci sarà perché privacy, gestione dei dati e intelligenza artificiale sono elementi che vanno protetti, monitorati. Il problema oggi è che la velocità a cui viaggiano queste tecnologie è molto elevata, non riusciamo a stargli dietro. Perciò prima di definire confini e regole dobbiamo aspettare che queste tecnologie maturino, si consolidino e diventino prassi per i clienti.

Regus ha rilevato che centinaia di aziende stanno cercando o costruendo uffici nella tecnologia virtuale. Due terzi (66%) dei dirigenti d’azienda considerano il metaverso come la naturale evoluzione del lavoro ibrido; la metà (48%) sta esplorando lo spazio ufficio all’interno del mondo online. Quali sono le aziende che più si prestano al metaverso?

Il retail è l’attività che approda più naturalmente nel metaverso. È facile entrare in un punto vendita commerciale virtuale e fare praticamente tutto quello che faresti se fossi in un negozio fisico: ti provi le cose, senti il tessuto grazie ad un tipo di guanto particolare, vedi e percepisci come stanno sul corpo. Anche il lavoro d’ufficio si adatta al metaverso: si può ricreare l’ambiente e le dinamiche fisiche, ci si può scambiare documenti e interazioni. Un altro tipo di applicazione interessante riguarda la salute: nel metaverso posso fare un intervento chirurgico da remoto. Oppure anche nel campo delle infrastrutture: posso dare assistenza virtuale a qualcuno che sta sistemando un ingranaggio.

C’è il rischio che la dimensione fisica si perda fino a scomparire?

Non credo. Non ho mai pensato che il metaverso sostituisca in tutto la percezione, i sensi. Non credo nemmeno che il lavoro possa essere effettuato soltanto attraverso interfacce. Ci deve essere interazione, interconnessione, equilibrio. Troppe competenze in un solo spazio fisico servono a poco, lo stesso vale se si concentrano tutte in uno spazio virtuale.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di luglio-agosto 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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