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giorgia meloni governo

Come hanno reagito i mercati al nuovo Governo italiano guidato da Giorgia Meloni? Ora che è passato più di un mese dalle elezioni del 25 settembre, si possono andare a guardare i dati relativi all’evoluzione del principale indice azionario italiano (il Ftse Mib, anche rispetto all’indice europeo Stoxx 600), del rendimento decennale e dello spread.

Questi dati possono essere confrontati con quelli dei governi italiani precedenti, e con gli altri cambi di governo del continente avvenuti nel 2022: del Portogallo (30 gennaio), Ungheria (3 aprile), Serbia (3 aprile), Francia (24 aprile), Svezia (11 settembre) e Regno Unito (6 settembre, sebbene non ci siano state elezioni).

La risposta a questa ricerca, effettuata da Gabriel Debach, analista di mercato per l’Italia di eToro, è inevitabilmente condizionata da fattori esterni rispetto alla politica interna italiana, dalle decisioni della Fed e della Bce alle stime degli organismi internazionali, oltre che ai rating delle agenzie.

Senza contare i bollettini sull’inflazione, che in questo momento è il vero terrore dei mercati.

La risposta italiana in relazione alla media europea è, tutto sommato, positiva, secondo l’analista di eToro, anche considerando il contesto economico non particolarmente facile.

Il FTSE Mib è in rialzo, unico indice del campione analizzato (cioè le nazioni europee che hanno cambiato governo nel 2022). È in rialzo anche lo spread, ma ha avuto una crescita più contenuta di altri, con un +1,7%.

Anche considerando la reazione più immediata, il Governo Meloni era stato ‘promosso’ da Piazza Affari anche a ridosso delle elezioni: nella seduta del 26 settembre il Ftse Mib aveva guadagnato lo 0,67%.

Il confronto con i governi precedenti

Secondo Debach, sul mercato, considerando gli ultimi 8 esecutivi, “gli arrivi dei governi Monti e Renzi hanno registrato le risposte più negative. Il nuovo Governo si porta nella parte alta della comparazione”.

Analizzando la risposta dello spread dall’insediamento degli ultimi 8 governi non si osserva una vera tendenza sui mercati. Lo spread è infatti “salito durante il governo Berlusconi, sebbene all’inizio avesse generato decise correzioni, così come per quello Gentiloni, Draghi e Conte. Le correzioni ci sono state invece per i governi Monti, Letta, Conte (II) e soprattutto per il governo Renzi”. Come detto, nel caso del governo Meloni, la reazione dello spread è stata negativa, con una crescita del 1,7%, anche se inferiore rispetto ad altri Paesi in cui l’esecutivo è cambiato.

Osservando l’evoluzione sul mercato azionario (dati aggiornati al 24 ottobre) il FTSE MIB mostra un percorso migliore rispetto alla media osservata nelle 20 sedute post elezioni del campione. Il principale indice di Milano ha chiuso il periodo in rialzo del 2,4%, rispetto ad una media del campione che ha registrato un calo del 2,8%. Valutazioni che cambiano se comparate come differenziale rispetto al benchmark usato dall’analista di eToro, cioè lo Stoxx 600. “In questo modo cerchiamo di valutare quanto la relativa piazza finanziaria abbia sovra-sottoperformato rispetto ai movimenti europei”, dice Debach. “La performance di Milano (+0.87%) è stata leggermente inferiore rispetto alla media (+0,93%)”.

Tra gi altri Paesi con un nuovo governo nel 2022, le performance negative sono quelle di Ungheria, Svezia e Francia. Nessun indice dopo 20 sedute, fatta eccezione per il FTSE Mib, è riuscito comunque a terminare il periodo in guadagno: Portogallo -0.48%, Ungheria -3.20%, Serbia -1.06%, Francia -4.50%, Svezia -4.91% e Regno Unito -2.64% sono tutti in territorio negativo, con una media da -2.80%.

Anche sullo spread, e sul rendimento del nostro decennale nei confronti dell’omologo tedesco, il dato italiano migliora rispetto agli altri. “L’evoluzione italiana registra una crescita del rischio paese +1,7% rispetto ad una media del -1,94%”. Valore però condizionato da quello, straordinario, della Svezia.

Tolta Stoccolma dal conteggio, la media si assesta invece ad un +16,85%: Portogallo 28.78%, Ungheria 12.27%, Serbia -9.30%, Francia 17.78%, Svezia -95.90%e Regno Unito 34.74%.

Osservando l’evoluzione del rendimento dei decennali si osserva un percorso italiano inferiore rispetto a quello medio, con il rendimento del decennale italiano cresciuto del 9,9% rispetto ad una media del +21,82%. Il Portogallo (+72,97%) è lo Stato che ha visto il maggior rialzo dopo le 20 sedute considerate, seguito dal Regno Unito (+24,86%). Sul versante opposto troviamo il calo del rendimento serbo -1,85% e il leggero incremento francese 3,95%.

Quello italiano è in ogni caso un incremento consistente (oltre ad essere relativo ad un Paese con un altissimo debito pubblico): i rendimenti del decennale italiano hanno già quasi registrato lo stesso incremento che c’è stato dal 2006 al 2008, quando la Bce alzò di circa 225 punti base il proprio tasso ufficiale. Quest’anno, invece, un dato simile sui rendimenti si era già raggiunto quando il rialzo era stato ‘solo’ di 125 punti base (ora siamo a 200, con l’ultima decisione della Bce).

E alla fine, i dati raccontano proprio questo: posto che a incidere di più sono le decisioni monetarie e i dati sull’inflazione, la politica interna può avere un ruolo decisivo.

Con un percorso della Bce che potrebbe rivedere nuovi rialzi, alla luce di un’inflazione che non mostra segnali di rallentamento, “le pressioni sui rendimenti restano alte, ed errori politici possono ampliare lo spread”, dice Debach.

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