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Strategie su misura, il ‘segreto’ di Dini Romiti Consulting

DOPO SOLO DUE ANNI DI ATTIVITÀ DINI ROMITI CONSULTING È TRA LE 15 SOCIETÀ DI SETTORE CON MAGGIOR FATTURATO E QUELLA CHE PERCENTUALMENTE È CRESCIUTA DI PIÙ LO SCORSO ANNO. PROVIAMO A CAPIRE COME CI SONO RIUSCITI

DINI ROMITI CONSULTING è una società di consulenza fondata, nel 2020, da Francesco Dini (classe 1965) e Roberta Romiti (1971), dopo una lunga carriera in grandi aziende italiane, che li ha visti lavorare in team per più di quindici anni. In soli due anni sono riusciti ad affermarsi prepo­tentemente nel mondo del Public Affairs arrivando a registrare la più significativa crescita percentuale di fatturato rispetto all’anno precedente, che li ha portati ad entrare nella Top 15 del 2022. Abbiamo incontrato i due soci per chiedere loro quale sia la chiave del successo.

Come siete riusciti a raggiungere un tale risultato in un settore molto concorrenziale come quello del Public Affairs e in così poco tempo?

Abbiamo svolto questo lavoro in grandi gruppi industriali rispettivamente per trenta e venti anni e crediamo quindi di avere costruito una solida repu­tazione sul mercato e presso gli stakeholder. L’espe­rienza e la conoscenza di molti settori industriali ed economici ci hanno aiutato e ci aiutano a sviluppa­re il nostro progetto. Inoltre non è raro che, in un ambito che non ha rilevanti barriere d’ingresso se non competenza e capacità, una startup abbia forti tassi di crescita iniziali se offre servizi di qualità. L’importante per noi è mantenere un livello di cre­scita buono, e in questo senso la pre-chiusura del 2022 a circa 2,5 mln di fatturato ce lo conferma. Ma ancora più importante è consolidare il rappor­to di fiducia con i nostri committenti. Perché ciò avvenga dobbiamo accompagnare la crescita con una selezione attenta di professionisti qualificati e con processi formativi interni: questa tipologia di società di consulenza è fatta di clienti e risorse umane, la tecnologia ha un impatto marginale.

Dichiarate di avere un approccio taylor made ponendovi in antitesi a società, da anni ai vertici del settore, che invece applicano un modello ‘standardizzato’. Perché questa scelta e in che cosa consiste il vostro approccio?

Non ci poniamo in antitesi ad altre società e non siamo certo gli unici a offrire un approccio taylor made. Il modello ‘standardizzato’, come l’ha defini­to, offre alcuni vantaggi dei quali noi non godiamo, semplicemente non è il nostro. Del metodo di lavoro che noi proponiamo, consoli­dato grazie alle nostre esperienze in aziende prima­rie prevalentemente private, la parte più rilevante si concentra su obiettivi definiti. Ci affianchiamo ai nostri clienti lavorando quo­tidianamente con il loro management insieme a team dedicati; definiamo soluzioni e strategie che spesso contribuiscono allo sviluppo delle loro atti­vità; il lavoro di squadra ci permette di progettare servizi anche non strettamente legati al lobbying. Dunque, la nostra è un’offerta completa che va dal­le relazioni istituzionali alla consulenza territoriale, dalle media relations alla comunicazione nelle sue diverse applicazioni online e offline. Inoltre, nel caso di alcuni gruppi, siamo anche advisor nei processi di acquisizione o valorizzazione di asset. Siamo convinti che queste caratteristiche di grande flessibilità stiano creando rapporti di fiducia che dureranno nel tempo.

La digitalizzazione è entrata prepotentemente nel mondo del Public Affairs influenzandone i processi. In che cosa consiste il digital lobbying nelle vostre strategie?

La conoscenza dei complessi ecosistemi nei quali i clienti sviluppano le proprie attività è una precon­dizione indispensabile per fare il nostro mestiere. Al fine di avere piena consapevolezza dei contesti normativo, economico, commerciale, sociale e politico – ciascuno dei quali è interconnesso con gli altri – è necessario utilizzare strumenti digitali che consentano di captare i dibattiti e i trend sulla rete, specchi fedeli delle realtà sulle quali si inten­de incidere. Dini Romiti Consulting offre, con i propri partner, un monitoraggio continuo di quan­to accade sul web e sui social, che ha effetti diretti o indiretti sulle scelte strategiche dei clienti. Sulle stesse piattaforme digitali si può agire, nel pieno rispetto delle regole, per avere un ruolo attivo sullo sviluppo dei dibattiti e sulla definizione dei trend. È quanto facciamo in strettissimo collegamento con i clienti.

Il mercato del Public Affairs ha dimostrato una grande vitalità, confermando un trend in costante crescita e una capacità di adattamento. Dopo questi primi due anni di attività, qual è la vostra visione del settore e le sue prospettive?

Siamo d’accordo sulla premessa: c’è grande vitalità. Siamo entrati in questo settore proprio perché convinti di un trend di domanda in crescita.

L’abbiamo fatto in un momento di grande difficol­tà come quello pandemico in quanto ci è apparso evidente, proprio allora, che da parte di potenziali clienti stava affermandosi la richiesta di servizi taylor made.

Abbiamo trovato un grandissimo interesse nelle imprese dei più disparati settori, dalle costruzioni alle telecomunicazioni, dalla siderurgia ai traspor­ti. Negli ultimi quindici anni i mercati hanno conosciuto diverse fasi di crisi, dalla Lehman Brothers alla pandemia, alla crisi generata dal conflitto russo-ucraino riflessa principalmente su energia e materie prime, e in questo periodo le grandi aziende e i fondi internazionali hanno maturato una forte consapevolezza del valore strategico che il confronto con le istituzioni e gli stakeholder riveste.

Questo processo ha portato maggiori risorse economiche nel mondo del Public Affairs e nel contempo ha imposto una
riforma profonda del modello di lobbying, evoluto verso un paradigma fatto di trasparenza, contenuti e competenze.

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