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Sustainability Forum, l’economia circolare e il bivio tra riuso e riciclo

economia circolare

Il dibattito sul ruolo di riuso e riciclo nell’economia circolare è entrato nel vivo in Europa. E con Bruxelles che, secondo gli attori italiani, è a favore del primo, il futuro non sorride molto a una filiera del riciclo e degli imballaggi sviluppata come quella italiana: uno degli argomenti più complessi dello sviluppo sostenibile, esplorato durante il Forum sulla sostenibilità di Fortune Italia. Secondo Lorenzo Poli, Presidente Assocarta, “la proposta Ue di revisione della normativa sugli imballaggi” mette in pericolo “l’eccellenza” dell’economia circolare italiana. In particolare “di quella della carta, senza vantaggi per l’ambiente”.

Durante una delle tavole rotonde della seconda giornata del Sustainability Forum organizzato a Venezia, il tema affrontato è stato proprio quello dell’economica circolare. Mentre l’economia lineare ruota attorno allo schema ‘estrarre-produrre-utilizzare-gettare’, l’economia circolare è fondata sulla prevenzione, sul riciclo o sul riutilizzo dei prodotti. Il nostro Paese sotto questo aspetto sembra decisamente all’avanguardia. Ma “un cambio di passo potrebbe portarci a una vera accelerazione”. E “le colpe”, spesso, sono da imputare a un eccesso di burocrazia, si è detto durante la tavola moderata dal giornalista di Sky Paolo Fratter.

Gli imballaggi tra riuso e riciclo

Secondo Giorgio Quagliuolo, Presidente Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero degli imballaggi in plastica, in Italia il riciclo offre un’opportunità fondamentale anche dal punto di vista energetico. Affrontando l’argomento del riciclo e dei suoi scarti, Quagliolo dice che mandare gli scarti all’estero “significa mandare energia, soldi e risparmio di emissione. Mi domando se in momento come questo sia intelligente proseguire su questa strada”. E di strada da fare ce ne è tanta, secondo Quagliolo. “Il riuso è una chimera: non tutto è riutilizzabile, come nel caso della vaschetta che ha contenuto delle bistecche o del pesce, come si possono riutilizzare? Una domanda utopica, malgrado i ‘sogni disturbati’ del signor Frans Timmermans (il Vicepresidente Ue e Commissario al clima, ndr): speriamo che l’iter legislativo sul riuso non arriverà a compimento”, dice polemico Quagliolo.

“Tutte le operazioni di riciclo comportano degli scarti, quindi utilizzarli per energia e combustibili alternativi èuna strada obbligata, servirebbe che i legislatori ci dessero una mano”.

Riccardo Piunti, Presidente Conou, ha raccontato come “la filiera del Conou è un esempio di economia circolare: raccoglie, gestisce e rigenera l’olio lubrificante usato”, ha spiegato Piunti. “Questo processo genera numerosi benefici, dalle minori emissioni di CO2 nell’aria, all’impatto positivo sulla salute dell’uomo e sulla qualità dell’ecosistema al risparmio per il Paese con meno importazioni di materie prime e i costi inferiori in bolletta per i cittadini”.

Insomma: la circolarità fa bene al pianeta e alle tasche. Ma l’economia circolare (e la necessità di contrastare i cambiamenti climatici) sono questioni che riguardano da vicino i settori del cemento e del calcestruzzo. Come ha illustrato Nicola Zampella, Direttore Generale Federbeton.

Parlando del “recepimento di nuove direttive nazionali ed europee”, Zampella ha detto che “le imprese sono pronte ad affrontare questa sfida, dare nuova vita ai materiali di scarto, trasformandoli in materie prime e Combustibili solidi secondari. Tuttavia, questo percorso di sostenibilità deve fare i conti con diversi ostacoli esterni: difformità legislative, diffidenza a livello territoriale, mancanza di simbiosi industriale. Credo che in questo momento occorra soprattutto un approccio di filiera, il saper lavorare in squadra. Dalla demolizione selettiva creare aggregati riciclati che la filiera potrebbe poi utilizzare per tutte le applicazioni del calcestruzzo. Questa è la sfida più grande”.

Il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi proposto dalla Commissione europea fa discutere, e ha fatto discutere anche i partecipanti al tavolo. Entro il 2030, tutti gli imballaggi dovranno infatti essere completamente riciclabili, e per il 2040 bisognerà ridurre i rifiuti di imballaggio del 15%. Inoltre, i produttori dovranno rispettare percentuali di contenuto riciclato.

“Questa normativa, che detta così sembra buona, ci crea parecchie preoccupazioni per un insieme di motivi”, ha detto Quagliola. “Innanzitutto pone una grande attenzione verso il riutilizzo quando il nostro modello industriale per quanto riguarda i rifiuti è basato essenzialmente su raccolta e riciclo. E non dimentichiamo che il nostro è un modello che ha anche un impatto sociale, perché prevede la creazione di una filiera industriale importante a cui partecipano aziende: che creano posti di lavoro e contribuiscono quindi a creare ricchezza. Ma questo è un aspetto e non è neanche l’aspetto principale”. “Vengono posti limiti di materiale riciclato all’interno dell’imballaggio senza fare distinzioni”, ha continuato Quagliola.

Lorenzo Poli, Presidente Assocarta, ha ricordato come in Italia siamo campioni nazionali di riciclo. Il nostro Paese è il secondo produttore europeo di carta, superando Finlandia e Svezia. “Siamo secondi alla Germania, che però è molto più grande dell’Italia, ma la nostra è un’industria basata sul riciclo che ha sviluppato un proprio know how per sfruttare il 65% di fibra riciclata. Abbiamo raggiunto risultati di eccellenza. È difficile smontare un sistema basato sull’efficienza del riciclo che improvvisamente punta al riutilizzo”.

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