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Sustainability Forum, mobilità sostenibile: “La cosa importante è agire subito”

La rivoluzione calata dall’alto (cioè dalle istituzioni, soprattutto nel caso europeo) della mobilità sostenibile è probabilmente l’esempio più grande di come transizione energetica significhi rivoluzionare le nostre industrie, in questo caso dell’automotive e dei trasporti. Ma con tante tecnologie a disposizione, il rischio è che mentre si discute per sceglierle si perdano tempo e soldi, ha spiegato Elisabetta Ripa, Amministratore Delegato EnelX Way, durante una delle tavole rotonde della seconda giornata del Sustainability Forum organizzato da Fortune Italia a Venezia.

Un dibattito moderato, per Fortune Italia, da Carlo M. Medaglia, che ha affrontato i temi più prossimi (la necessità di accelerare sulle auto elettriche, che hanno un mercato in crescita ma ancora in ritardo in Italia) ma anche quelli più futuristici, come gli aero-taxi a cui sta lavorando Boeing Italia. Angela Natale, Presidente Boeing Italia, ha parlato del Cora, il veicolo a decollo verticale su cui sta lavorando l’azienda e che rispetto agli annunci di qualche mese fa, ora è arrivato a trasportare 4 passeggeri. Ma per poter arrivare a rivolzionare la mobilità urbana ci sono diverse sfide da affrontare: “Dobbiamo considerare fattori e stakeholder nuovi. Parliamo di mobilità del futuro, di aerotaxi senza pilota, quindi c’è da coinvolgere il governo locale, gli Oem, i regolatori, i produttori di motori, ma anche il pubblico.

Perché, spiega Natale, “ci sono delle problematiche non banali: la prima sfida è il punto di vista delle norme. Immaginate, ora che a livello regolatorio in aeronautica siamo in un periodo particolare, di introdurre un aerotaxi: non è banale. I regolatori devono essere dinamici, e bisogna avere regolamentazioni coerenti da paese a paese. Il nostro Enac, il nostro ente certificatore, è un esempio a livello europeo.

Ma c’è anche il tema delle infrastrutture: “C’è bisogno di investimenti e innovazione, in Spagna abbiamo un centro di ricerca dedicato proprio per risolvere la sfida del supporto a questi veicoli autonomi a decollo verticale. In Spagna stiamo lavorando per risolvere con i regolatori alcuni problemi, come l’identificazione degli ostacoli in volo”.

Mobilità sostenibile, priorità numero 1: “Agire”

Quello delle infrastrutture è un tema che torna nelle parole di tutti i partecipanti alla tavola, insieme a quello delle tecnologie migliori a disposizione: il dibattito è tra batterie e idrogeno, tra applicazioni per l’automotive e per i trasporti pesanti. In ogni caso, la cosa importante è agire, secondo Elisabetta Ripa, Amministratore Delegato EnelX Way: “Bisogna agire attraverso la ricerca e i test di varie tecnologie, non c’è una tecnologia universale per tutte le tipologie di trasporto, anche se nell’automotive ritengo che l’elettrico sia il più efficiente. Ma su altri bisogna testare tanto”.

Ma la cosa più importante “è agire, perché in Italia si discute, ma nel frattempo mettiamo incentivi, poi li togliamo.. e intanto il mercato è fermo, e invece di vendere più auto ne vendiamo di meno: siamo la cenerentola d’Europa sulle auto elettriche, e quindi bisogna unire le forze, come abbiamo fatto con Toyota sulle auto o con Adr

Ma quanto dovremo investire per la mobilità elettrica? “Per un’infrastruttura di ricarica capillare servono centinaia di milioni. Noi per tutta la nostra mobilità di Gruppo ne abbiamo investiti 600 e in piano ce ne sono altri 400 ai quali si sommano i fondi Pnrr”.

Anche in questo caso, “non essendoci ancora il decreto attuativo, si rischia che poi questi soldi evaporino. I clienti ci chiedono la mobilità elettrica, hanno capito che qualcosa va fatto, e si potranno efficientare tecnologie sono avviando il percorso che presuppone una semplificazione dell’iter autorizzativo. Perché non ci possono volere 18 mesi per un infrastruttura ad alta potenza: dobbiamo avere un quadro regolatorio chiaro a supporto della riconversione, ma anche aiutare a trovare le competenze che ci servono: Enel è molto impegnata in questo. Per l’Italia la transizione energetica potrebbe rappresentare un’opportunità di un 15% di posti di lavoro in più alla fine del processo di riconversione”.

E per i trasporti pesanti? Per Andrea Carlucci, Vice-presidente Toyota Motors Europe, “il tema dell’idrogeno è stato mal posto nel dibattito della mobilità: “Noi volevamo dimostrare che c’era un’alternativa a zero emissioni, e che ci sono delle soluzioni di mobilità anche per gli aerei e  i treni (l’idrogeno potrebbe essere una soluzione anche per superare il tema delle infrastrutture)”, fino ai vaporetti, dice Carlucci parlando dei progetti di vaporetti a idrogeno a Venezia. “Ci sono poche discussioni: ci sono mezzi che non possono andare in elettrico. Sui tempi, come tutte le tech bisogna iniziare da qualche parte. Per me lo scenario migliore potrebbe essere quello di vedere tutti  i vaporetti di Venezia andare a idrogeno, e non è una cosa lontanissima”.

Il punto fondamentale è che il vettore energetico che è l’idrogeno sia prodotto in maniera pulita: l’idrogeno verde degli elettrolizzatori, insomma, e non quello prodotto usando i combustibili fossili.

Qual è la posizione di una grande azienda sul tema della mobilità futura? Il manager di Toyota torna sul ritaro italiano nel mercato delle vetture elettriche. E propone di “riconsiderare” il plug-in. “Siamo nemici della CO2 e quindi cerchiamo di fare un ragionamento per portare prima possibile a una diminuizione efficace e sostanziale delle emissioni. Il mercato italiano fa molta fatica ad andare sull’elettrico per una serie di motivi. Non è vero che il 4% delle auto sono elettriche, lo è il 4% di quelle vendute. Quindi dove voglio arrivare? In Europa è il parco circolante dell’elettrico è molto più grande. Noi abbiamo investito molto sull’elettrico. Le auto elettriche per molti motivi costano tanto e quindi secondo me bisogna avere un approccio sereno: c’è l’ibrido, c’è l’idrogeno, c’è il plug-in. Bisogna arrivarci gradualmente. Prima del 2035 (come stabilito dagli obiettivi europei sull’automotive elettrico, ndr) mi pare molto ambizioso. È complesso anche perché l’elettrico è complesso. Dalla stabilità alla ricarica delle batterie. Le tecnologie sono disponibili ma c’è ancora molto da fare”.

Lorenzo Orsenigo, Presidente Associazione Infrastrutture Sostenibili, racconta intanto come la voglia di fare ecosistema tra player della mobilità in Italia è già presente: “L’idea dell’associazione nasce dall’avere un interlocutore nel mondo infrastrutturale che potesse dialogare con le istituzioni. Nel 2020 in 4 abbiamo deciso di fondare Ais. Oggi siamo 71 soci di livello. Rappresentiamo 26 mld di fatturato. Abbiamo ricevuto le ultime domande di adesione a febbraio di soggetti come Snam. Il settore economicamente pesa molto e ha un volano significativo”.

Secondo Orsenigo gli investimenti del settore avranno bisogno di una componente pubblica ma anche privata. Quali sono i numeri che ci aspettano? Cosa bisogna fare per incentivare il privato? “Da qui al 2040 in Italia per recuperare il gap infrastrutturale occorrerebbero 373 mld di investimenti, cioè 18 mld all’anno. Tenete presente che in altri Paesi come l’Inghilterra servono 7 mld e mezzo all’anno, in Germania 36 mln. C’è volontà di investire nelle infrastrutture, anche perché ormai la sostenibilità non è una moda, ma una necessità”.

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