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Cambiamento climatico e migranti del futuro, l’analisi di Angelica De Vito (Onu)

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“Nel 2070 oltre 25 milioni di persone si sposteranno per motivi climatici“. A lanciare l’allarme è Angelica De Vito, giovane consulente diplomatica delle Nazioni Unite. Sono i migranti del futuro: uomini e donne costretti a lasciare il proprio Paese perché la terra diventa inospitale in seguito a disastri naturali o per l’insalubrità di acqua, aria e terra causata dall’attività umana.

Per De Vito, classe 1995, napoletana di Scampia, l’interesse per la tematica ambientale matura durante gli anni dell’università. “In quel periodo si scopriva il dramma della Terra dei fuochi. Ricordo in maniera vivida quando morì una ragazza del mio corso per una patologia provocata dall’inquinamento ambientale. Viaggiando, ho scoperto che l’impossibilità di coltivare la terra e godere dei suoi frutti era la prima causa di movimento dei cosiddetti nuovi migranti. In Cile, a contatto con la comunità Mapuche, ho compreso che tante persone si spostavano per la contaminazione delle acque e delle terre. Ho iniziato a fare delle ricerche sui migranti climatici, ma non c’era molto. Così ho deciso di approfondire il tema”.

Dopo la laurea in Giurisprudenza, De Vito frequenta due master, uno in Relazioni Internazionali e Protezione dei diritti umani alla Sioi di Roma, l’altro alla Queen Mary di Londra, dove studia Arbitrato Internazionale. Vince poi una borsa di studio Fulbright, che le consente di conseguire un LLM in diritto ambientale alla Pace University di New York. “Ho scelto, tra le università americane, l’unica che tenesse un corso specializzato in diritto ambientale – racconta – da lì i primi contatti con le Nazioni Unite. Dopo un corso per l’abilitazione come consulente diplomatico, mi trovo ora a trattare una materia appassionante e più attuale che mai”. Alle Nazioni Unite De Vito si occupa infatti proprio di sviluppare e rafforzare il sistema giuridico inerente allo status di rifugiato climatico.

Angelica De Vito. Credits: Flavia Monti

È una questione aperta e il cui perimetro è ancora tutto da delimitare: il rifugiato climatico non è, al momento, una figura riconosciuta dal diritto internazionale. Non rientra infatti nella definizione enunciata dalla Convenzione sui rifugiati di Ginevra del 1951, che lo identifica come qualcuno che ha attraversato una frontiera internazionale “a causa del fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per un’opinione politica”.

“Il primo passo – spiega De Vito – dovrebbe essere la modifica delle carte internazionali, fornendo un’interpretazione più estensiva dei motivi di persecuzione. Il secondo step è istituire dei mezzi di protezione ad hoc, che consentano l’accoglienza dei migranti qualora l’allontanamento dalla propria terra per disastri naturali dovesse essere permanente. E poi al tempo stesso aiutare in loco le popolazioni colpite da sconvolgimenti ambientali. Molti resterebbero nel proprio Paese ma sono costretti a scappare perché non dispongono dei mezzi tecnologici per affrontare le nuove sfide climatiche”.

Oggi quasi nessuno Stato riconosce questo status, per cui il migrante climatico in cerca di protezione lega a turbolenze politiche o a motivi umanitari la propria richiesta d’asilo, andando spesso incontro ad insuccessi. “Molti africani, ad esempio, si muovono per ragioni climatiche ma non ottengono quasi mai l’accoglienza perché non provengono dai Paesi in guerra o da Paesi in cui subiscono persecuzioni per motivi religiosi o legati all’orientamento sessuale”, denuncia De Vito.

La comunità internazionale sta muovendo i primi importanti passi per colmare questo vuoto normativo. “Il 28 luglio 2022 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato una risoluzione che prevede un diritto fondamentale, già incluso nella nostra Costituzione: il diritto a vivere in un ambiente salubre. Questo – spiega la giovane consulente diplomatica –  ha permesso di equiparare la violazione dei diritti ambientali alla violazione dei diritti umani, cambiando tutto l’approccio alla materia. Io però sogno più in grande: la rivisitazione della Convenzione di Ginevra del 1951″.

Angelica De Vito ad una manifestazione per il clima

Regna spesso molta confusione quando si parla di cambiamento climatico e di obiettivi da raggiungere per invertire la rotta. De Vito ci aiuta a fare chiarezza. “Il cambiamento climatico è sempre esistito, è vero. A preoccupare sono l’imprevedibilità e la rapidità del cambiamento provocate dall’azione dell’uomo. Pensiamo allo scioglimento dei ghiacciai. Sono inevitabili, ma la velocità con cui sta avvenendo è  impressionante e fuori controllo. Credo che dovremmo iniziare a parlare non di cambiamento, ma di crisi climatica, come viene definita nei grandi fori internazionali. E soprattutto dovremmo pensare ad un rallentamento della crisi grazie ad azioni quotidiane”.

I migranti climatici rappresentano soltanto una delle conseguenze drammatiche degli sconvolgimenti ambientali provocati dall’attuale modello di sviluppo. Ragazzi preparati e motivati come Angelica sono l’emblema di una generazione impegnata in prima linea per salvare il pianeta. “Credo che la società dovrebbe prestare ascolto alle grida di Millennials e Generazione Z. Gli attivisti per l’ambiente hanno spesso una comunicazione aggressiva che non condivido, ma credo sia una conseguenza del fatto che non sono ascoltati. I giovani, dal canto loro, dovrebbero pensare anche a fornire delle soluzioni concrete. Ce ne sono tanti che sono pronti a darle, ma mancano i fori per esprimere queste proposte. Bisognerebbe puntare sull’ascolto reciproco”.

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