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I costi dell’energia pesano sugli asili nido, rischio salasso per le rette

Nonostante il lieve calo dei prezzi rispetto a quasi un anno fa, la crisi energetica non è né un ricordo, né un rischio sopravvalutato. I rialzi continuano a creare difficoltà a famiglie e imprese, e in tutta Italia anche le scuole vanno in tilt. Le rette degli asili nido sono infatti aumentate del 10,1%, anche a causa dell’inflazione. E c’è in realtà da esultare: perché per pareggiare i conti, sarebbe necessario chiedere un aumento percentuale ben più elevato. Come ha commentato Giampiero Redaelli, presidente di Fism – Federazione italiana scuole materne – a Fortune Italia. L’educazione però, non può diventare qualcosa di insostenibile.

Mancavano praticamente soltanto i servizi dell’infanzia all’appello. Una situazione paradossale, dal momento che la stangata arriva a meno di un anno dall’entrata in vigore del ‘Family Act’, che affidava al Governo il compito di sostenere le famiglie e di tagliare il peso delle rette.

Il Comune di Milano ha varato un aumento dell’8,1% a partire dal mese di gennaio. Altri si sono mossi deliberando rincari medi legati all’inflazione, e gli istituti privati stanno studiando aumenti persino superiori al 10%. “Non è ancora chiaro se l’aumento sarà effettivo immediatamente, perché diversi bandi non prevedono rincari a metà anno”, ha precisato Redaelli. “Ma si tratta in ogni caso di aumenti necessari. Il sistema scolastico soffre dalla pandemia. Tra caro energia e prezzi lievitati per effetto dell’inflazione, non essendoci in previsione aumenti per quanto riguarda i contributi pubblici, molte strutture lavorano ormai in perdita o quasi. E quelle che potrebbero chiudere aumentano giorno dopo giorno”.

A seconda delle situazioni, ha spiegato Redaelli: “La percentuale di aumento richiesta per la retta dell’asilo può oscillare tra il 10 e il 15% in più”. Per ora. La verità è che la cifra è irrisoria, e non sufficiente a coprire le spese per far fronte a quella che Radaelli definisce una “emergenza economica”. 

In media, per mantenere un bambino al nido una famiglia spende mensilmente dai 350 ai 650 euro. Sono dati indicativi e dipende da regione a regione. E da comune a comune. Naturalmente, c’entra l’intervento dell’ente pubblico. “Ad esempio in Lombardia esiste una misura che si chiama ‘Nidi Gratis’: in base all’Isee si ha la possibilità di non pagare la retta e far subentrare i contributi regionali. Adesso arriverà il ‘Bonus Asilo’. E’ una dimostrazione di attenzione da parte del Governo, sarà per tutti un aiuto concreto”.

Già da tempo le scuole lavorano insieme allo Stato per trovare una soluzione che nel più breve tempo possibile sia in grado di garantire una stabilizzazione dei costi. In molte realtà del nostro Paese c’è una prevalenza di strutture di scuola dell’infanzia paritaria: in Veneto raggiungiamo il 60%. “Se dovessero chiudere queste scuole, sarebbe la fine di un intero servizio“, ha detto Redaelli. “In totale, a livello nazionale, gli istituti paritari scolarizzano il 35% dei bambini. Parliamo di un servizio indispensabile per lo Stato. Che in quanto tale non può avere un costo insostenibile“.

Il governo Draghi con la Legge 32 (2022) del Family Act, per l’istituzione dell’assegno universale ed il riordino di tutte le misure di sostegno economico per i figli a carico, ha dichiarato nell’articolo 2 che debbano essere predisposti dei decreti attuativi, e che le famiglie vadano a ridurre il costo della retta. “C’è già un impegno statale formale, quindi. I decreti dovevano essere attuati a maggio, per questioni tecniche non siamo stati nei tempi”.

Nella Legge di stabilità però, ha continuato a dire Redaelli, “il nuovo esecutivo li ha prorogati di un anno. Vuol dire che l’interesse c’è”. Il presidente di Fism non crede che le rette mensili dei nidi, da ora, continueranno a gonfiarsi a dismisura. “Credo piuttosto che ci sia molta determinazione da parte sia delle scuole che dello Stato. La scuola ha superato varie battute d’arresto a tema economico. C’è una ‘determinazione genetica’. Siamo in un momento complicato, ma il Governo un segnale di presenza – e di auspicabile ripresa –  lo ha già dato nella finanziaria, predisponendo 40 mln di euro dal prossimo anno come contributo specifico alle scuole dell’infanzia. Oggettivamente? Siamo ottimisti”, ha concluso.

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