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Lorenzo Tagliavanti (Camera Commercio Roma): nessuno può fare da solo per le grandi sfide della Capitale | VIDEO

Lorenzo Tagliavanti Camera Commercio Roma

“La pandemia prima e lo scoppio della guerra in Ucraina poi, oltre a mettere in seria difficoltà l’economia – italiana e globale – hanno messo in discussione i modelli fino ad allora in voga. Questi due accadimenti ci hanno fatto comprendere che gli automatismi cui eravamo abituati in passato non sono più adeguati a un mondo in continua e rapida evoluzione. Esistono grandi opportunità, ma anche grandi rischi. Questo vuol dire che qualsiasi cosa noi facciamo, in qualsiasi settore, deve essere fatto, oggi, in modo diverso, con più competenza”. Le parole di Lorenzo Tagliavanti risuonano nella sua stanza all’interno della sede della Camera di Commercio di Roma, di cui è Presidente, corroborando l’idea che mettere al centro il saper-fare è sempre la scelta più giusta, che si tratti di pubblica amministrazione o del settore privato. Perché “è grazie alle competenze – insiste Tagliavanti – che il nostro sistema può affrontare nuovi scenari ed è solo grazie alle professionalità che si può supportare il sistema-Paese nel suo necessario processo di rilancio”. D’altronde, quello di creare un contesto territoriale competitivo e all’avanguardia, finalizzato ad accrescere lo sviluppo del territorio e delle sue imprese, è uno degli obiettivi prioritari della Camera di Commercio di Roma, da conseguire anche attraverso la modernizzazione della città.

Presidente Tagliavanti, stiamo uscendo da una pandemia, subiamo e subiremo ancora gli effetti devastanti di una guerra alle nostre porte. È un momento storico difficile, ma sono in arrivo i fondi del Pnrr che, se non usati bene, rischiano però di non essere efficaci. Anche Roma, in quanto Capitale, dovrà affrontare grandi sfide e grandi eventi: pensiamo al Giubileo nel 2025 o (speriamo) a Expo 2030. Due opportunità uniche che, potrebbero, però diventare occasioni sprecate se non gestite da persone competenti. 

Quando parliamo degli italiani, in generale, parliamo di due grandi categorie: la parte pubblica e la parte privata. Entrambe hanno in mano il destino dell’Italia ed entrambe non hanno, storicamente, una solida tradizione di innovazione. Per quanto riguarda il privato, una delle giustificazioni sta nel fatto che gran parte del sistema produttivo italiano è costituito di piccole e piccolissime imprese dove esistono più difficoltà nel generare processi di innovazione. Il settore pubblico, dal canto suo, sconta un annoso ritardo. Mi sento, però, ottimista e credo che ormai sia il settore pubblico che quello privato abbiano capito quanto sia importante percorrere la strada dell’innovazione e abbiano inserito tra le loro priorità il rinnovo delle competenze professionali per adeguarle alle tumultuose trasformazioni tecnologiche in atto.

I grandi eventi di Roma rappresenteranno un banco di prova soprattutto in termini infrastrutturali, gestionali e di sicurezza. Con quali progetti e con quali competenze la Camera di Commercio di Roma prevede di supportare il ‘sistema imprese’ per trasformare queste iniziative in opportunità di rilancio e sviluppo?

Gli ultimi dieci anni per Roma sono stati difficili, con risultati economici piuttosto deludenti ma, in occasione di una prova durissima come quella della pandemia, ha reagito molto bene, sia da un punto di vista sanitario che economico. Oggi Roma vanta il miglior tasso di crescita nazionale delle imprese, più che doppio rispetto alla media italiana. Per sua stessa vocazione, Roma è destinata ad attrarre grandi eventi mondiali. Gli eventi che si terranno nella nostra città nei prossimi anni possono e devono costituire l’occasione per renderla ancora più attrattiva e saranno un ulteriore motivo per recuperare il nostro orgoglio e trasmettere, a livello nazionale e internazionale, un’immagine di sviluppo ed efficienza, riportando la città al rango che merita. Questi obiettivi sono molto importanti, ma dobbiamo essere consapevoli che nessuno può raggiungerli da solo. Il sindaco non può fare da solo. Un ministro non può fare da solo. Per raggiungerli non basta una delibera e non bastano nemmeno i soldi: ci vuole una forte collaborazione istituzionale e la partecipazione di tutti. Uno dei presupposti fondamentali, ad esempio per la riuscita del Giubileo 2025, è quello della condivisione: un evento di tale portata deve essere supportato da tutti i cittadini. La Camera di Commercio di Roma si è resa subito disponibile a collaborare con la Regione Lazio e il Campidoglio, ma, soprattutto, abbiamo iniziato un’attività di sensibilizzazione e organizzazione nei confronti delle oltre 450mila imprese romane iscritte al Registro Imprese.

Nessuno può fare da solo, soprattutto in questa fase molto complessa per l’Italia, che presenta anche una quantità di risorse pubbliche senza precedenti. E allora che importanza ricopre, secondo lei, il coinvolgimento territoriale nella messa a terra delle politiche pubbliche?

Le competenze nel territorio di Roma sono tantissime. A Roma abbiamo oltre 20 Università; non so quante città nel mondo possono dire di averne tante quanto noi, parliamo di circa 60mila laureati l’anno. Roma è seconda in Italia per numero di ricercatori, oltre 32mila.

Roma Capitale

Se non mancano le competenze, cosa manca a Roma allora?

Manca il metodo per valorizzare e utilizzare le competenze. Spesso non esiste un canale diretto tra Università e imprese, un’interazione virtuosa in grado di formare e poi avviare al lavoro i giovani neolaureati. Funziona così anche nel pubblico. Roma, essendo la Capitale, ha il più alto concentrato di pubblica amministrazione del Paese e il settore pubblico sconta circa dieci anni di blocco delle assunzioni: qui i ‘giovani’ sono i cinquantenni. È chiaro allora che c’è un triplo ritardo: uno del mondo della formazione, uno del mondo delle imprese e uno del sistema pubblico. La buona notizia è, appunto, che la materia prima c’è e in abbondanza, vale a dire la possibilità di ‘innervare’ i sistemi produttivi e amministrativi con nuove competenze, anche quelle tecniche. A Roma c’è bisogno di trovare, dunque, un metodo efficace per raggiungere questo obiettivo, con uno sforzo congiunto di tutti gli attori.

A proposito di metodo, non crede serva rafforzare l’osmosi tra settore pubblico e privato, consolidando la capacità attrattiva del pubblico nei confronti dei professionisti che arrivano dal privato?

Il grande problema del rapporto tra pubblico e privato è il linguaggio, o meglio i due linguaggi diversi. Molto spesso quando enti pubblici e privati si parlano non si capiscono. Delibere, normative…

È anche un problema di eccessiva burocratizzazione, quindi?

Il problema non è la burocrazia, ma il fatto che questa viene utilizzata spesso come metodo per nascondersi. C’è un problema di narrazione sulla burocrazia, perché di per sé non è una cosa negativa ma viene raccontata così. La rivoluzione digitale può rendere finalmente compatibili i due linguaggi, pubblico e privato. Mettendo a sistema tutte le informazioni del settore pubblico, e usufruendo del digitale, ci saranno vantaggi per tutti. Il settore pubblico potrà diventare più simile a quello privato, il quale utilizza le stesse tecnologie per conquistare nuovi mercati e realizzare nuovi prodotti. L’opportunità maggiore, in questo caso, quindi è per la P.A. che ha grandi risorse che spesso i privati non hanno e che, grazie alla digitalizzazione, potrà mettere a sistema.

Diventa centrale anche il tema della formazione per la pubblica amministrazione, se vogliamo vincere queste sfide.

Assolutamente sì, dopodiché occorre distinguere tra amministrazione e amministrazione: esiste l’Università pubblica in cui la competenza c’è, così come esiste – magari – un comune dove non è diffusa, o viceversa. Ed esiste anche un problema di come il pubblico aiuta il pubblico. Che manchino le competenze nella P.A. però non è assolutamente vero. La mia esperienza mi porta a dire che nel settore pubblico troviamo veramente grandi competenze e ottimi professionisti.

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