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Tutti pazzi per i gin italiani

Gin italiano

Dal Veneto alla Sicilia, passando per la Toscana, la produzione nostrana del distillato di ginepro è sempre più ricca, sostenibile e territoriale. Ecco le migliori etichette con cui preparare un Gin Tonic (e non solo) 

Se persino il Molise – con tutto il rispetto – vanta finalmente un proprio gin (I Peccati del Duca di Officine Naturali), allora è senz’altro vero che la produzione italiana non è mai stata così originale, sfaccettata e apprezzata, anche all’estero. Per dire: nella bottigliera del monumentale Atlas Bar di Singapore (uno dei gin bar più forniti al mondo, con oltre 1.300 referenze) trovano spazio ben 47 etichette tricolore, comprese le ottime VII Hills e Sabatini, da sperimentare nel più classico dei Gin Tonic. Quella italiana è un’expertise che potrà sorprendere ma che in realtà trova credito anche in precise fonti storiche: Alessio Piemontese, nel suo De’ secreti parlava di un proto-gin già nel 1555, diversi anni prima dell’intuizione del medico e naturalista olandese Franciscus de le Boë Sylvius, a cui per consuetudine si fa risalire l’origine del distillato di ginepro nel 1614 (poi diffuso e diventato popolarissimo in Inghilterra, come sappiamo).

Contesa sulla paternità a parte, in un Paese con una straordinaria biodiversità come il nostro, oggi viene facile parlare di gin “territoriali”, capaci di raccontare le peculiarità di un luogo attraverso una precisa combinazione aromatica di botaniche locali, ovvero la selezione di erbe, frutta, spezie, radici che viene utilizzata in infusione per aromatizzare lo spirito neutro: un naso allenato, ad esempio, potrà riconoscere il peperone crusco, la liquirizia e le foglie d’ulivo dentro GinUino, primo e orgoglioso gin lucano.

Non poteva che nascere a Firenze – nella regione che forse più delle altre è stata pioniera del fenomeno italiano – un gin ispirato al mondo dell’arte: oltre alle bacche di ginepro, rigorosamente raccolte in Toscana, tra le botaniche sono state selezionate la nepitella, il cartamo, la reseda odorata, il guado di Montefeltro e la robbia, erbe e piante che venivano usati per la creazione di pigmenti colorati dai più importanti artisti del Rinascimento. La creatività si esprime anche nell’etichetta, firmata da diversi artisti e designers: dopo quelle realizzate dal pittore olandese Lou Thiessen, reinterpretazione delle opere dell’artista manierista del XVI secolo Pontormo, e le due dedicate a Frida Kahlo, la nuova edizione omaggia la street art attraverso l’opera di Manuela Merlo, in arte Uman.

È invece la natura a ispirare Naturæ Gin, ma non solo a parole: la giovane azienda dei varesotti Sgarbossa e De Filippo è la prima italiana carbon negative del settore beverage con la sua referenza Fructetum (ottima, se amate un profilo fruttato ed esuberante, perché infusa con ginepro, bergamotto, scorza d’arancia, rosa canina, semi di coriandolo, mela e pepe cubebe). Un traguardo produttivo raggiunto attraverso l’impiego di una base alcolica certificata Bio, bottiglie in vetro PCR 100% riciclato, etichette in polipropilene riciclabile, packaging plastic free e il sostegno alla riforestazione del pianeta devolvendo una parte del ricavato a Treedom.

Inconfondibile, con le sue bretelle rosse sulla camicia bianca, il vestito di Barmaster Gin, altro italiano di grande personalità, con un finale pungente e agrumato, prodotto da Bonaventura Maschio nella distilleria di Gaiarine, in provincia di Treviso e ideale per miscelare long drink nostalgici come il Singapore Sling o il Gin Fizz. Se preferite i gin particolarmente freschi e agrumati, potete provare Malfy, prodotto da Torino Distillati pensando agli aromi e al sole della Costiera e del Sud Italia, nelle versioni con arance rosse siciliane, limoni di Amalfi oppure pompelmi rosa (ma c’è anche il classico stile “dry”). In questo giro d’Italia non mancano le isole, anche le più piccole: dall’Helba Gin dell’Elba, che utilizza solo botaniche caratteristiche del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano come il mirto, la menta selvatica e la castagna, al Caprisius, che invece celebra la bellezza e i profumi di Capri attraverso ginepro, limone, timo e sale marino raccolti sull’isola campana.

 

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