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Lavoro a distanza, più figli per le donne ricche e istruite

L’aspettativa che le donne debbano fare tutto è obsoleta come le spalline sui blazer. Eppure il lavoro a distanza può effettivamente consentire alle donne che lavorano di poter essere più libere e flessibili per bilanciare carriera e famiglia.

I benefici del lavoro a distanza per la famiglia provengono da una nuova analisi dell’Economic Innovation Group. I ricercatori hanno esaminato le prospettive familiari e di fertilità di 3.000 donne statunitensi di età compresa tra 18 e 44 anni attraverso due sondaggi del Demographic Intelligence Family Survey nel 2022.

E’ emerso che la probabilità di rimanere incinta o tentare una gravidanza è del 16,7% per le donne che lavorano almeno in parte da remoto e del 13,7% per le donne che non lavorano affatto da remoto. Il lavoro a distanza potrebbe quindi gettare le basi per un boom di genitori millennials: necessario per invertire la rotta del calo demografico dei Paesi sviluppati.

In realtà, secondo un documento pubblicato dal National Bureau of Economic Research (Nber), il 2021 ha già visto la prima grande inversione dei tassi di fertilità dalla Grande Recessione. Questo è stato vero soprattutto per le donne di età compresa tra 30 e 34 anni e le donne con istruzione universitaria: entrambi gruppi che avevano più probabilità di un lavoro sicuro e di poter lavorare a distanza.

E’ stata una grande inversione anche rispetto ai primi anni della pandemia, quando i tassi di natalità hanno toccato un minimo storico, intensificando una tendenza pre-pandemia. I tassi di natalità sono diminuiti durante la Grande Recessione e hanno continuato a ristagnare a causa di diversi fattori, primo tra tutti l’assistenza all’infanzia insostenibile.

“I tassi di natalità diminuiscono anche perché le donne hanno figli in età avanzata o semplicemente ne hanno meno rispetto a epoche precedenti”, sottolinea Matt Bruenig, Ceo del think tank progressista People’s Policy Project.

Gli autori del rapporto Eig, Lyman Stone e Adam Ozimek, credono che sebbene il declino di lunga data dei tassi di fertilità nel mondo sviluppato renda difficile essere nel complesso ottimisti sulla traiettoria futura delle nascite, “il lavoro da remoto è un fattore che sembra contribuire a spingere nella direzione opposta, almeno in alcuni sottogruppi della popolazione”.

I sottogruppi hanno ovviamente a che fare con fattori economici. Le donne che lavorano da remoto la cui situazione finanziaria è migliorata in modo significativo nell’ultimo anno hanno una percentuale di probabilità più alta di 10 punti rispetto alle loro colleghe che lavorano in presenza di restare (o provare a essere) incinte. Nessuna differenza invece tra lavoratrici remote e non remote con situazioni finanziarie stabili o in peggioramento.

“È importante capire che il nostro parametro di ricchezza sono le donne le cui finanze familiari sono migliorate ‘molto’ nell’ultimo anno, che possono includere donne in tutto lo spettro di reddito”, spiegano a Fortune gli autori del documento Eig. “Tuttavia, anche se non l’abbiamo esaminato direttamente, il lavoro a distanza è più a portata di mano per le donne con un livello di istruzione e un reddito maggiori. Di conseguenza, ci aspetteremmo che vada a vantaggio delle famiglie a reddito più elevato in generale”.

Il lavoro a distanza ha un forte effetto anche sulla pianificazione familiare per le donne che hanno già figli e per quelle di età superiore ai 35 anni (e ancora di più per quelle con più di 39 anni). “In altre parole, il lavoro a distanza non spinge necessariamente le donne a iniziare una gravidanza, ma può aiutare le donne meno giovani a bilanciare le esigenze concorrenti di lavoro e famiglia e quindi a raggiungere i propri obiettivi familiari”, scrivono gli autori nel rapporto.

Non si tratta solo di figli, ma di matrimonio. Di vita familiare nel suo complesso. I lavoratori a distanza non sposati (22%) hanno maggiori probabilità di sposarsi nel prossimo anno rispetto ai loro coetanei che lavorano in ufficio (15,7%). I ricercatori attribuiscono ciò ai tassi di migrazione più elevati tra i lavoratori remoti e ipotizzano che il lavoro a distanza elimini i problemi di mobilità geografica o il fatto che un partner debba sacrificare la propria carriera a vantaggio dell’altro a causa della residenza.

Tutto ciò potrebbe determinare minori difficoltà in una relazione. Potrebbe succedere che, senza il disagio degli spostamenti, i lavoratori a distanza abbiano 72 minuti in più al giorno da trascorrere con i propri partner a vantaggio della loro relazione, o più tempo da dedicare alla propria famiglia. Sicuramente ci sarebbe più tempo da dedicare alla cura dei figli, come mostrano i dati. Il che potrebbe spiegare perché si sia poi più inclini ad avere un figlio.

In definitiva, anche la flessibilità della posizione è legata alla flessibilità degli orari. È stato dimostrato che la mancanza di tale autonomia per i lavoratori non a distanza, unita alle attuali criticità dell’assistenza all’infanzia, spinge la maggior parte delle donne ai margini della forza lavoro.

Alle donne è stato anche chiesto se i loro sogni sulla loro futura famiglia fossero in linea con la loro attaule realtà, compreso se avessero il numero di figli che si avrebbero desiderato. Le donne che possono lavorare da remoto hanno risposto di essere abbastanza soddisfatte.

Si potrebbe pensare a un remake di ‘Working Girl’, film del 1988 con Melanie Griffith, con ambientazione da remoto. Lavorare a distanza potrebbe essere un modo per le donne per farsi strada nel mondo del lavoro.

L’articolo originale è disponibile su Fortune.com 

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