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Novel food, Confagricoltura dice no. Intervista al presidente Massimiliano Giansanti

Massimiliano Giansanti Confagricoltura
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Velasco25 Articolo

Larve gialle della farina, locuste migratorie, grilli e – dallo scorso 26 gennaio – anche le larve del verme della farina minore. I novel food, i nuovi alimenti autorizzati dall’Unione europea, continuano a far discutere e spaccano in due l’opinione pubblica, fra chi li ritiene una valida alternativa alle proteine animali, una risposta sostenibile alle esigenze alimentari di una popolazione mondiale in crescita vertiginosa, e chi li reputa invece un affronto insensato e pericoloso alla nostra tradizione gastronomica. Sa benissimo da che parte stare Massimiliano Giansanti (nella foto in evidenza), presidente di Confagricoltura, che difende a spada tratta il valore della dieta mediterranea e ci promette: “L’agricoltura del futuro sarà all’insegna della sostenibilità”.

I fautori dei novel food ne sostengono il valore nutrizionale e il ruolo che potrebbero giocare nella lotta contro la fame. Che cosa ne pensa?

Ci troviamo davanti a una sfida epocale: nel 2050 sulla Terra saremo in 10 miliardi. Serve fin da subito un aumento della produzione globale di cibo di almeno il 30%. L’alimentare è l’unico comparto ad avere un futuro di crescita garantito. La questione è legata allora a chi riuscirà ad accaparrarsi per primo questa quota di mercato. La partita si gioca sul terreno della reputazione. Chi oggi vuole favorire la produzione di cibo sintetico, presenta il modello agricolo come non sostenibile e intensivo nello sfruttamento delle risorse naturali. Io credo anzitutto che l’agricoltura garantisca democrazia: laddove esistono modelli agricoli sviluppati esistono anche democrazie mature. È la geopolitica del cibo. Se pensiamo a molti Paesi africani, l’agricoltura può far emergere capacità produttive inespresse, promuovendo al contempo sistemi democratici e più evoluti di quelli attuali.

E poi c’è il tema della sostenibilità.

La tutela delle risorse naturali è una priorità in primis per gli agricoltori. Capiamo bene, ad esempio, quanto l’acqua sia un bene prezioso. Il ricorso a sensori e immagini satellitari ci permette di fare un uso mirato della risorsa idrica; analogamente accade con la fertilizzazione di precisione, che ci consente di essere più sostenibili sotto tutti i punti di vista. La genetica dà vita a piante sempre più resistenti a siccità e malattie. L’agricoltura sarà sostenibile grazie alla ricerca scientifica e si dovrà favorire l’applicazione delle nuove tecnologie in ambito agricolo. E poi c’è il benessere animale. I produttori di cibo sintetico dipingono invece un’agricoltura ferma alla vanga e alla zappa, che apre il rubinetto dell’acqua e non lo chiude più, e così via.

Gli insetti edibili sono da molti considerati il ‘cibo del futuro’: strumenti importanti per affrontare in modo sostenibile le sfide alimentari della contemporaneità.

È un tema divisivo. C’è chi guarda all’argomento con interesse e chi con preoccupazione. Io ritengo sia giusto dare informazioni equilibrate e attendibili al consumatore, che deve poi essere lasciato libero di scegliere. Agli insetti io preferirò sempre una bella bistecca. Ma è una scelta libera e capisco chi guarda agli insetti come un’alternativa alimentare. Mi preoccupa però la scarsa consapevolezza soprattutto dei più giovani delle nostre tradizioni e del nostro stile di vita. Se oggi parliamo con un ragazzo, è probabile che sappia qualcosa di insetti ma poco o nulla di dieta mediterranea, che ricordo essere patrimonio immateriale dell’umanità. La dieta mediterranea ha garantito finora a chi l’ha seguita una qualità di vita nettamente superiore rispetto ad altre diete.

Crede che la dieta mediterranea potrebbe alla lunga risultare indebolita dall’introduzione di nuovi alimenti nell’Unione europea?

Non temo la sfida. Molto spesso si tratta di mode passeggere. La dieta mediterranea ha un valore inestimabile e per questo andrà avanti per secoli senza problemi. Molto dipenderà però dalla nostra capacità di informare il consumatore sulla provenienza del prodotto, sulle modalità di lavorazione, sugli standard qualitativi. Il consumatore dimostra un interesse crescente per i processi produttivi. E su questo la tecnologia può fare cose incredibili. Con un codice QR, è possibile risalire alla provenienza del prodotto, capire com’è stato ottenuto, quali sono le facce degli agricoltori che hanno contribuito a produrlo. Oggi l’aspetto informativo diventa per noi agricoltori un’arma in più che dobbiamo saper sfruttare al meglio.

La convincono le precauzioni adottate dal Regolamento dell’Unione europea in materia di novel food per garantire elevati standard qualitativi e di sicurezza?

L’Unione europea richiede standard di sicurezza molto elevati ed è giusto che sia così. Mi spaventa però che Bruxelles dedichi molta attenzione al dibattito su insetti e cibo sintetico e non presti ascolto alle richieste avanzate da tempo dagli agricoltori. Siamo ancora in attesa che l’Ue autorizzi le New breeding techniques, tecniche di ingegneria genetica che consentono di dar vita a piante molto resistenti, meno bisognose di acqua e di fitosanitari. La partita vogliamo giocarla alla pari. Si dia anche agli agricoltori la possibilità di accedere alle nuove tecnologie per competere ad armi pari con i novel food.

Da un lato c’è il tema improrogabile della sostenibilità ambientale, dall’altro quello della sicurezza alimentare, con una popolazione mondiale sempre più numerosa da sfamare. Come si conciliano queste due istanze?

Adottando delle politiche agricole che abbiano il coraggio di guardare al futuro e non più al passato. La politica agricola comune entrata in vigore quest’anno è stata immaginata nel 2017, e non tiene conto di ciò che è avvenuto in questi anni con Covid e con la guerra russo-ucraina. Noi siamo per una nuova politica agricola capace di premiare le aziende che producono per il mercato, innovando e promuovendo modelli di agricoltura virtuosa, attenta anche al benessere animale. Su quest’ultimo punto l’Italia rappresenta un’avanguardia in Europa. Prima si adeguino quei Paesi che sono rimasti indietro e poi definiamo collegialmente standard più elevati da raggiungere. Se si dice oggi di elevare gli standard del 50%, per noi che siamo già molto avanti, è complesso; per quelli che sono fortemente arretrati, sarà molto più semplice.

Ritiene che, in un Paese con una fortissima identità gastronomica come il nostro, prodotti a base di insetti potranno fare breccia nei cuori dei consumatori?

Trent’anni fa qualcuno preconizzava che oggi in Italia ci saremmo alimentati solo con prodotti vegetali come il tofu e simili. Sono passati trent’anni, di mode ce ne sono state tante, ma continuiamo a seguire felicemente la nostra dieta mediterranea. Non penso che in Italia questi cibi sfonderanno, semmai sono destinati a rimanere un prodotto di nicchia. Potrebbero avere invece un futuro ancora più garantito come alimento per i nostri animali, andando a sopperire a quella carenza di proteine vegetali, il cui costo è peraltro in costante aumento.

Confagricoltura in pillole

I numeri e le priorità della Confederazione che riunisce le imprese agricole italiane

La Confederazione generale dell’Agricoltura Italiana è la più antica organizzazione di rappresentanza e tutela delle imprese agricole del nostro Paese. La sede principale è a Roma, nello storico Palazzo Della Valle. Presente sul territorio nazionale in modo capillare con oltre 2.200 uffici, favorisce l’accesso delle imprese all’innovazione e alla competizione sui mercati interni e internazionali. Conta su 167.658 imprese agricole assuntrici di manodopera, 240.985 imprese agricole coltivatrici dirette e di lavoratori autonomi, 295.000 contoterzisti. Sono 525.028 i lavoratori assunti. Riunisce due terzi del totale delle imprese del comparto e genera più del 45% della produzione lorda vendibile. Il valore aggiunto è pari a 34 mld di euro. Confagricoltura impiega un terzo della Superficie agricola utilizzata. Fra le sue battaglie, la salvaguardia del reddito degli agricoltori, l’evoluzione della normativa di settore, il libero accesso ai mercati, la tutela del Made in Italy.

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