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Starbucks, dove sono i benefit promessi?

La denuncia di una barista di Starbucks a Fortune: tutti i fantastici benefici di cui si parla per me non ci sono. Vogliamo quel “diverso genere di azienda” che Howard Schultz aveva promesso ma non ha mai realizzato

Ho iniziato a lavorare a Starbucks a dicembre del 2021, una settimana dopo che nel mio negozio erano stati eletti i rappresentanti sindacali. Non avevo idea di dove fossi andata a finire. Avevo letto i titoli sulle elezioni dei rappresentanti sindacali nei negozi di Genesee Street and Elmwood Ave, i primi negozi Starbucks nel paese a eleggere dei rappresentanti sindacali, ma non avevo mai sentito parlare di un sindacato prima ed ero curiosa di sapere di più di questa storica conquista.

Ero entusiasta di lavorare in un posto che avevo frequentato come cliente, ma il mio inizio a Starbuck non è stato facile. Ho ricevuto un training di pochi giorni e mi sentivo completamente impreparata a cominciare il lavoro da barista. Questo è stato il primo campanello d’allarme.

La mia formazione è stata scarsa, i miei colleghi non lo erano. Durante un turno, mi sono rivolta alla mia supervisor, Lexi, e le ho chiesto, “che succede con tutta questa faccenda del sindacato?”. Lei mi ha dato immediatamente tutti gli strumenti di cui avevo bisogno per immergermi in pieno nella campagna. Mi ha dato un distintivo e del materiale da leggere sul sindacato. Ho indossato subito la spilla.

All’inizio le cose andavano alla grande e il mio negozio era incredibilmente affollato. Ma a gennaio sono iniziati i tagli: sono passata da 25 a 17-18 ore di lavoro a settimana, alcuni colleghi addirittura lavoravano soltanto 10 ore. A Starbuck, per avere diritto ai benefit, i baristi devono lavorare almeno 20 ore a settimana.

Quando ho domandato al mio manager perché le mie ore fossero state tagliate così drasticamente, mi è stato risposto che gennaio è un mese di cui c’è poco lavoro e che le ore sarebbero aumentate di nuovo entro poche settimane. Se avevo bisogno di ore in più, potevo prendere dei turni in altri negozi. Avevo pochissima esperienza. Avevo avuto a stento il training per lavorare come barista e si riteneva che addirittura potessi lavorare in altri store per arrotondare? Mi sentivo completamente disperata. Il mio bilancio familiare e il futuro dei miei benefit erano nelle mani della società. Avevo dato la mia totale disponibilità a lavorare ma venivo impiegato soltanto per una piccola parte del tempo.

Mio marito svolge un’attività estremamente faticosa e logorante. La nostra assicurazione sanitaria presso la sua azienda costa oltre 1,900 dollari al mese, contro i 580 dollari di Starbucks. Così non solo devo combattere per ottenere più ore di lavoro, ma il costo dell’assicurazione sanitaria è pari a più della metà del mio salario. Con un costo assicurativo così alto, pur considerando il contributo dell’azienda, era come se stessi lavorando per nulla.

Come può un’azienda dichiararsi progressista e promuovere questi fantastici benefit senza controllare se puoi mantenerli mentre sei al lavoro? Starbucks afferma che i loro pacchetti di benefit sono ciò che li rende “un diverso genere di azienda” che valorizza i lavoratori. Sulla carta i benefit sono ottimi, ma spesso di fatto non esistono a causa del numero insufficiente di ore lavoarate.

E’ stato incredibilmente duro vedere i miei colleghi, che conosco, che adoro, con i quali lavoro tutti i giorni, prendere in considerazione di dare le dimissioni o cercare un secondo lavoro perche quello che guadagnano non basta loro per pagare le spese. Avere un secondo lavoro vuol dire anche cambiare la propria disponibilità, il che comporta anche il rischio di non essere più chiamati. È un circolo vizioso: Starbucks chiede totale disponibilità ma alla fine non ci fa lavorare abbastanza.

Questa relazione di controllo è completamente unilaterale. Con il sindacato, rivendichiamo di avere voce in capitolo in questa dinamica. Rivendichiamo di essere in grado di sfamare le nostre famiglie. Rivendichiamo la nostra dignità nel lavoro massacrante che facciamo per Starbucks ogni giorno per far entrare nelle casse dell’azienda miliardi di dollari.

Mi sono unita al sindacato per far parte della storia. Adoro lavorare da Starbucks. Conosco i volti dei miei clienti, i loro ordini e un po’ della loro vita. Mi piace essere il primo incontro che fanno prima di andare al lavoro. Questi incredibili contatti che ho ogni mattina sono la parte che preferisco del mio lavoro.

Il sindacato ci dà speranza. Non credo che l’ex Ceo di Starbucks Howard Schultz sappia cosa vuol dire decidere di cosa si possa fare a meno fino al prossimo stipendio, o da quale familiare o amico può prendere in prestito denaro per sfamare la famiglia. Se sapesse come ci si sente, non ci metterebbe mai in condizione di essere perennemente distrutti, mentalmente e fisicamente.

Il nuovo Ceo Laxman Narasimhan ha l’opportunità di tracciare un percorso diverso per rendere davvero Starbucks il “diverso tipo di azienda” che Schultz non è riuscito a creare. Il cambiamento ai vertici dell’azienda è un’opportunità per Starbucks di fermare la sua campagna senza precedenti di rottura del sindacato e invece collaborare con i lavoratori, i suoi cosiddetti “partner” e con il sindacato per costruire un’azienda che sia all’altezza dei valori progressisti che dichiara.

*Jasmine Leli è una barista di Starback a Buffalo ed è iscritta al sindacato “Starbucks Workers United”.

L’articolo originale è su Fortune.com 

Le opinioni espresse su Fortune.com e Fortune Italia esprimono soltanto il punto di vista degli autori e non necessariamente riflettono le opinioni e i valori di Fortune.

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