Cerca
Close this search box.

Ridurre la carbon footprint dell’adversting: la proposta di fifty-five

L’ecosistema digitale delle campagne pubblicitarie inquina quasi più del trasporto aereo civile globale. Parliamo del 3,5% delle emissioni di gas serra globali, con una crescita stimata del 6% annuo. Lo rivela lo studio promosso da fifty-five, la società di consulenza internazionale specializzata in dati e martech – software di analisi e gestione dei dati – che ha voluto calcolare il ‘carbon footprint’  del progresso digitale, per individuare soluzioni che consentano di essere efficienti e meno inquinanti.

Dati e trasformazione ecologica

Per ridurre l’impatto ambientale bisogna misurarlo. E dalla ricerca condotta da fifty-five risulta che una singola campagna digitale può generare anche fino a 70 tonnellate di CO2 equivalenti, che corrisponde circa all’impronta di carbonio annuale prodotta da 7 francesi.
Ogni singolo settore produttivo deve ripensare strategie e approcci per ridurre l’impatto ambientale, alla luce del riscaldamento globale e del conseguente fenomeno del ‘climate change’. L’approccio deve essere pragmatico: il problema va analizzato per poter essere arginato e i dati e l’analisi possono, nella visione di fifty-five, generare e sostenere questo cambiamento, necessario ora più che mai. Per essere al fianco delle organizzazioni di marketing in questa sfida, fifty-five ha realizzato il primo studio pubblico, relativo all’impatto ambientale dei principali canali pubblicitari, proprio partendo dal digitale.

La metodologia

Lo studio è stato orientato alla trasparenza, come confermato dalla scelta della filosofia ‘open source’ che consente a tutti gli attori del settore martech e adtech di condividere e riutilizzare lo studio, partecipare e assumerne la proprietà.
Lo studio promosso da fifty-five è disponibile in un ebook, la cui versione italiana è frutto della collaborazione con  Jebo – Junior enterprise dell’Università di Bologna –  associazione universitaria che offre servizi di consulenza strategica direzionale di marketing e finanza. Nata  nel 2016, col motto di ‘Imparare facendo’, Jebo rappresenta un link strategico  tra il mondo universitario e quello del lavoro. L’associazione è inoltre  parte di un network nazionale, JEItaly, che conta oltre 1000 associati in tutta Italia.

L’approccio globale

“Questa è la prima iterazione di un approccio pragmatico destinato a essere migliorato e ci auguriamo che le prossime vengano realizzate insieme a tutti gli attori del nostro settore”, spiega Ludovic Moulard, Head of Delivery Management in fifty-five, che aggiunge: “Questo studio interpreta la nostra convinzione che i dati saranno domani il fattore di successo per la trasformazione energetica delle aziende, così come rappresentano oggi il fattore chiave per il successo della trasformazione digitale”

L’obiettivo, per fifty-five, è  quindi quello di un approccio globale e collaborativo, che veda i brand lavorare insieme alla trasformazione digitale ed energetica.
L’idea è quella che, partendo dall’impatto ambientale relativo al settore digital, lo studio possa poi essere esteso anche ad altri tipi di campagne pubblicitarie, come tv, radio, carta, out-of-home. Gli operatori del settore pubblicitario devono rendersi consapevoli dell’impatto ambientale delle campagne pubblicitarie, e progettare possibili alternative, oltre a rendere disponibili i dati, ma vanno supportati nel processo, aiutati ad attivare le leve concrete che consentano di ridurre l’impronta di carbonio delle loro campagne.

I parametri di valutazione

“Il concetto di ‘zero carbon’ non esiste: la fornitura di qualsiasi bene o servizio genera di fatto emissioni di Ghg” spiega Pierre Harand, partner di fifty-five. Al di là della ‘carbon neutrality’  che, nella visione di Harand,  in realtà è solo una compensazione per un’azione negativa con un’azione positiva “il nostro obiettivo è sensibilizzare in modo efficace sul nostro impatto e interrogare il settore sul concetto di sobrietà digitale”.

Che in altri termini racconta come la difficoltà della stima del ‘carbon footprint’ delle campagne di comunicazione sia un dato di fatto, che consiste nel dover identificare un fattore oggettivo: passare da un indicatore meramente aziendale ad uno più ampio, utile alla misurazione della CO2 emessa. Questo per stabilire ordini di grandezza su cui fare affidamento per dedurre modi utili a ridurre le emissioni, e declinarli in base al contesto di ciascun inserzionista. fifty-five si è avvalsa su una metodologia di calcolo delle missioni di gas a effetto serra (Ghg) basata su in indicatore comune a tutte le fonti di emissione, cioè la massa di C02 equivalente (C02eq)

 Il metodo BilanCarbone®

Lo studio di fifty-five ha elaborato un metodo all’avanguardia per la misurazione dell’impatto ambientale, che individua un indicatore comune a tutte le fonti. In pratica, il metodo punta a convertire la massa di ciascun gas, in base al suo potenziale di riscaldamento globale (Gwp), e lo compara a quello della C02, da qui l’unità di misura della C02 equivalente. Per trovare questo indicatore vengono utilizzati i fattori di emissione, cioè una relazione definita fra alcuni dati di attività e una massa di C02eq.

Stima dei gas serra (Ghg) emessi

Pubblicità a impatto controllato

Ai fini dello studio è stata simulata una campagna digitale, Perfume 2022, con un impatto ambientale stimato pari a 70 tonnellate di CO2eq, che possono essere ridotti fino al 50% con delle azioni mirate. La campagna prevede l’utilizzo di una troupe cinematografica, e conteggia il targeting e la distribuzione su canali digitali.
La stima basata sull’analisi dei dati delle emissioni totali per questa campagna pubblicitaria digitale è di circa 323 t di CO2eq, che corrispondono all’impatto ambientale annuale di 16 cittadini americani.

E vediamo come il processo creativo ed il broadcasting rappresentino circa lo stesso volume di emissioni.
Ma già solo con una programmazione ragionata delle riprese si potrebbe ottenere un abbattimento di circa il 70% delle emissioni della campagna: limitando ad esempio il trasporto della troupe e ipotizzando l’utilizzo di attrezzature per la ripresa già presenti in loco. Rispetto al targeting, una strategia che consenta di selezionare il target per concentrare l’azione solo sugli utenti più rilevanti, consentirebbe di ridurre le impression non utili. Ai fini della distribuzione della campagna, lo studio ha stabilito che la diffusione tramite Wi-Fi in alternativa alla rete mobile, consentirebbe un ulteriore abbattimento del carbon footprint. Privilegiare video brevi con un peso ottimizzato rappresenterebbe un ulteriore fattore ecologico da considerare.

fifty-five invita quindi le industrie di marketing ad una mobilitazione rapida e massiva per il raggiungimento del comune obiettivo di importanza strategica: ridurre le emissioni di gas serra anche nel settore della comunicazione e dell’advertising.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.