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Google vuole salvare barriere coralline con l’AI 

barriere coralline

Immergersi virtualmente nelle barriere coralline e individuare i suoni di pesci, gamberi e altre creature marine per allenare l’intelligenza artificiale a monitorare gli ecosistemi e ad individuare quelli più fragili. E’ il progetto ‘Calling In Our Corals’ che Google lancia in collaborazione con i biologi marini con cui chiama a raccolta gli utenti.

La piattaforma arriva in coincidenza della Giornata della Terra del 22 aprile ed è un nuovo progetto sui cambiamenti climatici del colosso di Mountain View dopo ‘Tree Canopy’, sempre basato sull’intelligenza artificiale, che monitora i colpi di calore nelle città.

Per ‘Calling In Our Corals’ i ricercatori hanno posizionato microfoni subacquei in 10 barriere coralline in Australia, Indonesia, Filippine, Stati Uniti, Panama e Svezia e hanno registrato suoni per 24 ore al giorno. Agli utenti viene chiesto di collegarsi ad una piattaforma ad hoc, ascoltare le registrazioni di una barriera corallina in perfetta salute – un suono rilassante e meditativo – e poi allenarsi a identificare i suoni prodotti da balene, pesci più piccoli, gamberi e altre creature marine, ma anche i rumori provenienti dalle imbarcazioni.

Applicando il riconoscimento di quei suoni alle diverse barriere coralline monitorate gli utenti possono aiutare i ricercatori, con i loro click, ad allenare l’intelligenza artificiale che poi farà il lavoro automaticamente e salvaguardare la salute di questi ecosistemi.

“I set di dati audio che ascolterai non sono stati ancora revisionati dagli scienziati – si legge sul sito del progetto ospitato sulla piattaforma Google Arts and Culture – mentre ascolti, i tuoi preziosi click sull’audio verranno tracciati e inviati ai ricercatori in modo che possano capire se ci sono segni di vita nelle loro registrazioni. Tutto questo sarà utilizzato per monitorare la salute dell’ecosistema, tracciare la pesca illegale e misurare il successo del ripristino nei siti”. Il progetto ‘Calling In Our Corals’ è guidato da Steve Simpson, biologo marino dell’Università di Bristol. 

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