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Caro affitti, il Governo corre ai ripari con 660 mln di euro

Da Milano a Roma. Da Roma a Napoli. La protesta contro il caro affitti non si ferma. Neanche con la pioggia. Anzi: dilaga in tutta Italia con gli studenti che si accampano piazzando le loro tende davanti alle Università.

La mobilitazione contro la crisi abitativa è arrivata a Pavia, Padova, Venezia, Bologna, Perugia, Firenze e Bari. “Abbiamo chiesto un censimento degli immobili inutilizzati affinché vengano messi a disposizione per gli studenti”, ha dichiarato ieri il ministro dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini. E nel frattempo, oggi, la corsa ai ripari da parte del Governo è arrivata.

Palazzo Chigi ha spiegato in una nota che sono stati sbloccati 660 mln per gli alloggi universitari. “Nel corso dell’odierna seduta – si legge – il Consiglio dei ministri ha autorizzato, su proposta del ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, la presentazione di due emendamenti governativi al disegno di legge conversione del decreto legge n. 44 del 2023, attualmente all’esame della Camera dei deputati”.

Il primo emendamento riguarda proprio le misure di incentivazione al cosiddetto ‘housing universitario’: misure nate nell’era post Covid con l’obiettivo ambizioso di triplicare a livello nazionale i posti letto per gli aventi diritto entro il 2026.

“Un obiettivo lodevole”, commenta Daniele Grassucci, co-founder di Skuola.net a Fortune Italia. Tuttavia, le perplessità che sorgono in merito alla sostenibilità del progetto sul lungo periodo e all’efficacia della sua applicazione sono diverse. 

Alcuni studenti dentro una tenda da campeggio hanno montato dei cartelli di protesta contro il caro affitti davanti al Mur a Firenze. Fonte: Ansa

“Seicentosessanta milioni sono tanti”, dice Grassucci. “Se prendiamo la stima più generosa sul numero di fuori sede, cioè 700mila, e il numero di posti letto disponibili negli studentati pubblici, cioè circa 40mila, ci rendiamo subito conto della sproporzione. Il problema, però, è che stiamo parlando un problema strutturale. E allora sì: 660 mln sono tanti. Ma basteranno? Dipende in quanto tempo ci si aspetta di utilizzarli”.

Come sottolinea il co-founder di skuola.net, che gli studenti (e i problemi degli studenti) in questi anni ha imparato a conoscerli bene, anche quando ci sono dei grossi fondi non è facile metter giù progetti. Perlomeno, non nel breve periodo. “Pure il Pnrr destina 960 mln di euro per la creazione di 60mila nuovi posti letto entro il 2026. Nel primo anno di applicazione tuttavia, ne sono stati realizzati meno di 10mila“.

Ecco perché, continua a ribadire Grassucci, è giusto ragionare su soluzioni di lungo periodo come i 660 mln annunciati oggi, ma è opportuno anche immaginare ‘soluzioni tampone’ che possano far fronte a un’emergenza che rischia di acuirsi. Rispetto al recente passato, i giovani che hanno accesso allo studio, sono certamente di più. E lo studio non può essere un privilegio.

“Si potrebbero calmierare gli affitti degli studenti universitari tramite formule di canone concordate con tassazione agevolata, ad esempio. Una ‘No tax zone’ per non far pagare al proprietario che affitta a un universitario la tassa sull’immobile. Sarebbero utili politiche di gestione delle offerte sul mercato da parte delle singole università. Se non ci si può dotare di strutture pubbliche, intanto va gestito il mercato privato“.

Se i 660 mln serviranno effettivamente a costruire nuovi posti letto, insomma, si vedrà non adesso e non domani, ma nel corso degli anni. Il problema persisterà. Bernini ha ipotizzato di sfruttare gli edifici inutilizzati. “Ma se sono inutilizzati”, dice un po’ sarcastico Grassucci, “un motivo ci sarà”.

Qualcuno ha persino suggerito di servirsi delle caserme. “È come quando nella prima fase di pandemia si diceva di andare a far lezione nei musei. Ci sono temi di sicurezza e logistica che allo stesso modo della riqualificazione di una struttura abbandonata hanno un costo. E tutto ciò che costa”, conclude Grassucci “richiede tempo”.

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