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Intelligenza artificiale, la nuova era dei chatbot: intervista al Ceo di indigo.ai

gianluca maruzzella indigo.ai

Agli italiani i chatbot non piacciono molto. Per ora. Quando si rivolgono all’assistenza clienti di un e-commerce, in Italia si preferisce di gran lunga parlare con un altro umano. E prima di pensare a utilizzare un chatbot, le persone si rivolgono a e-mail e call center. Ma con l’AI generativa, che a differenza dei vecchi chatbot agli italiani piace molto, le cose probabilmente cambieranno, dice Gianluca Maruzzella, Ceo e Co-founder di indigo.ai, che in un sondaggio ha analizzato le opinioni degli italiani su chatbot e intelligenza artificiale.

Ad agosto scorso la società che si occupa di assistenti virtuali è entrata nel Gruppo Vedrai, andando a formare “il primo polo italiano dell’intelligenza artificiale”, ricorda Maruzzella. Oggi, a quasi un anno di distanza, il mondo dell’AI risulta completamente stravolto dall’avvento dell’AI generativa, di ChatGpt e degli strumenti dei concorrenti di OpenAI.

Quale sarà l’impatto dell’AI sull’assistenza clienti? Sarà completamente disintermediata dai bot, un giorno?

L’AI sta avendo già oggi un forte impatto sulla nostra società. Pensiamo ai cambiamenti a cui stiamo assistendo dalla nascita di GPT-3: è facile immaginare che nei prossimi anni la relazione tra aziende e consumatori ruoterà sempre più attorno all’Intelligenza Artificiale ed è altrettanto naturale che a questa rivoluzione si accompagnino timori e diffidenza da parte degli utenti. Dalla survey che abbiamo condotto in collaborazione con Dynata, per analizzare la percezione che i consumatori hanno dei chatbot che hanno avuto modo di conoscere, emerge che questa tecnologia in Italia fatichi ad affermarsi: l’86% degli italiani preferisce il dialogo con un operatore umano ad un chatbot di vecchia generazione e, a dissuadere, oltre alla preferenza per il dialogo umano (46%), c’è il timore di non essere capiti (44%) e le risposte non accurate (34%). I chatbot si posizionano attualmente solo al terzo posto tra gli strumenti utilizzati per comunicare con le aziende, dopo email e call center. Eppure, allo stesso tempo, il 50% degli italiani dichiara che sarebbe invogliato a utilizzarli maggiormente se fossero più precisi. In questo contesto, si inserisce il boom dell’intelligenza artificiale della quale il 74% degli italiani ha una percezione positiva o molto positiva. Ed è proprio l’AI che sta aiutando la tecnologia dei chatbot ad evolvere: stiamo passando da strumenti obsoleti, che nonostante siano in grado di fornire risposte agli utenti, rimangono carenti nel processo di assistenza pre e post vendita, a chatbot intelligenti che offrono precisione, empatia e rapidità nella risposta, in poche parole un rapporto di qualità con l’azienda. Questo è quello che cercano oggi anche le aziende più attente, consapevoli che la creazione di una relazione di fiducia, solida e duratura con i propri clienti, possa rappresentare un vantaggio competitivo decisivo non solo nel breve periodo, con l’aumento delle conversioni, ma anche nel medio-lungo termine con la creazione di una base clienti fedele ed affezionata. Questo vale indistintamente per prodotti e servizi, ma anche per piccole, medie e grandi imprese, come dimostrano le nostre collaborazioni con aziende di diversi settori e dimensioni, come Lavazza, Just Eat, Santander Consumer Bank e Bayer.

Da Gpt 4 in poi, le intelligenze artificiali non stanno diventando ‘troppo’ forti?

Molti di questi timori nascono dal fatto che sono strumenti nuovi e ancora poco comprensibili, ma rimangono strumenti e, come tali, vanno guidati. Sono sicuro che ci aiuteranno ad aumentare molti aspetti del mondo del business come l’efficienza e la produttività e questo potrebbe, ad esempio, diminuire la domanda di determinate figure professionali. Ma bisogna anche ricordarsi che, secondo uno studio molto interessante (il report ‘Future of work’ dell’Institute for the future e di Dell technologies, ndr), l’85% delle professioni che esisteranno nel 2030 non è stato ancora inventato. Questo per dire che nel futuro immagino ancora tante opportunità che, magari, oggi nemmeno riusciamo a scorgere.

È recente la lettera sulla possibile “estinzione dell’umanità” provocata dall’AI, firmata da Sam Altman e tanti altri. Voi cosa pensate? Qual è il ruolo di attori come voi, che devono ‘fungere da collegamento’ tra le persone e una tecnologia che evolve ogni minuto?

Uno degli elementi fondamentali del nostro modo di fare business e della piattaforma che abbiamo creato è l’ascolto. Perché crediamo sia essenziale per qualsiasi tipo di relazione. È importante, quindi, ascoltare le opinioni di tutti per capire quali possano essere i pro e i contro di una tecnologia innovativa come l’AI in modo da svilupparne e potenziarne gli effetti positivi e minimizzarne, o addirittura annullarne, quelli negativi. Una realtà come la nostra, che è nata puntando sull’AI conversazionale e lavora quotidianamente per aiutare le aziende a migliorare la propria customer experience sfruttando questa tecnologia, ha proprio il compito di renderla uno strumento utile ed efficace, eliminando tutti i potenziali rischi ad essa associati. Se pensiamo, ad esempio, alla nostra piattaforma, l’abbiamo progettata per poter essere utilizzata anche da professionisti che non hanno competenze nell’ambito della programmazione ma, allo stesso tempo, abbiamo inserito tutti quei criteri di sicurezza che ne garantiscono la conformità alle attuali regolamentazioni relative alla privacy e al trattamento dei dati. In poche parole, abbiamo fatto in modo di poterne sfruttare l’enorme potenziale ma in maniera controllata e sicura.

Colleghiamoci alla domanda precedente e parliamo di comunicazione: come nasce indigo.ai e da cosa siete partiti per capire che c’era un gap tra aziende e consumatori finali a livello comunicativo?

L’azienda è nata nel 2016, dall’entusiasmo di cinque studenti del Politecnico di Milano: Enrico Bertino, Marco Falcone, Andrea Tangredi, Denis Peroni ed io. L’idea di indigo.ai è nata proprio in università, dove noi cinque founder ci siamo conosciuti, dopo aver avuto una brutta esperienza con la segreteria universitaria: quando non siamo riusciti a metterci in contatto con chi poteva aiutarci a risolvere velocemente un problema burocratico, abbiamo pensato che doveva esserci un modo più semplice e intuitivo per la comunicazione. Da qui è partita l’idea di una soluzione in grado di supportare una segreteria a svolgere più efficientemente i suoi compiti, ma in seguito abbiamo pensato che poteva essere utile per tutte le aziende. Insieme abbiamo capito che tutte le grandi storie iniziano con delle belle conversazioni: le migliori relazioni, siano esse personali o professionali, sono proprio quelle in cui si riesce a comunicare, ascoltarsi, comprendersi. Se pensiamo alla relazione tra consumatori e aziende, il concetto non è poi così differente ed il primo passo è creare un rapporto di fiducia. Eppure spesso appare ancora un miraggio instaurare una comunicazione efficiente tra brand e utenti. È proprio da questa intuizione che abbiamo deciso di avviare il progetto: l’idea era trovare un’alternativa sia al call center sia ai chatbot “stupidi” che inquinano il web. E trattandosi di qualcosa di nuovo per il mercato abbiamo sempre pensato che fosse necessario raccontarne il più possibile nascita, progresso, sviluppi e applicazioni. Lo facciamo periodicamente con i nostri webinar, che si possono tutti rivedere sul nostro sito, ma abbiamo fatto di più. Negli scorsi mesi abbiamo lanciato il nostro podcast ‘Talk Magic’, nel quale, insieme a Mario Moroni, abbiamo raccontato le molteplici sfaccettature dell’AI, fino a parlare di come si possa arrivare ad alterarne la coscienza. Le puntate del podcast sono disponibili su Spotify e YouTube.

Lo scorso anno indigo.ai è stata acquisita dal Gruppo Vedrai. Il team è rimasto lo stesso? Come sono state integrate le competenze delle due società e a cosa puntate ora?

Confermo! Per tutto il team, quanto accaduto lo scorso agosto, rappresenta il raggiungimento di un grande obiettivo: siamo entrati a far parte del Gruppo Vedrai dando così vita al primo polo italiano dell’intelligenza artificiale. Questo traguardo – che rafforza la nostra missione di aiutare qualsiasi azienda a comunicare più efficacemente e più autenticamente con i propri clienti – è frutto del lavoro svolto e della fiducia che i nostri clienti hanno scelto di riporre in noi. In Vedrai, inoltre, abbiamo trovato un partner strategico per il nostro business poiché le nostre tecnologie sono assolutamente integrabili e le competenze dei due team complementari: l’obiettivo comune, infatti, è democratizzare l’intelligenza artificiale per portarla alle aziende. Insieme abbiamo diversi progetti all’orizzonte, tra cui il più ambizioso è quello di far “parlare” il prodotto di Vedrai grazie alle soluzioni di indigo.ai, sia attraverso chat sia attraverso assistenti vocali. In futuro, quindi, le soluzioni sviluppate da Vedrai dialogheranno con quelle di indigo.ai per accelerare il comune percorso di espansione e posizionamento non solo in Italia ma anche all’estero. Inoltre, insieme, abbiamo presentato uno studio al Summit internazionale sull’AI di Florida Artificial Intelligence Society, che introduce un nuovo approccio a livello mondiale per rilevare il sentiment dall’analisi del linguaggio naturale. Insomma, per noi e per tutto il mondo dell’AI, questo è un momento di grande fermento, che siamo felici di vivere da protagonisti.

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