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AI e lavoro, come i leader dovrebbero affrontare la questione

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L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando non solo il modo in cui le persone lavorano, ma anche come si rapportano alle proprie mansioni, alla loro identità professionale. L’AI influisce sui lavoratori impiegati in mansioni d’ufficio come nessuna tecnologia ha fatto in precedenza.

In passato le tecnologie si concentravano sull’automatizzazione di parti delle attività fisiche svolte dagli esseri umani: la crescita della robotica ha sostituito i lavoratori poco qualificati nel processo di produzione di articoli come le automobili. Lo sviluppo del software, d’altro canto, ha influenzato i lavoratori di medio livello, automatizzando compiti più complessi. L’AI sta ora prendendo di mira le competenze dei lavoratori d’ufficio – capacità decisionali e intellettuali – che fino a poco tempo fa credevamo fossero uniche degli esseri umani.

La nuova frontiera dell’intelligenza artificiale generativa sta avanzando ancora di più rispetto ai sistemi AI precedenti. Questo perché, come ha sottolineato nel suo recente discorso aziendale il Ceo di Microsoft, Satya Nadella, ci sono due livelli che guidano le capacità dell’AI generativa: il primo è un avanzato motore di ragionamento che può essere sia pre-istruito con informazioni generali sia poi ri-istruito su dati specifici dell’azienda per fornire analisi personalizzate; il secondo è un’interfaccia di linguaggio naturale che rende l’inglese “il nuovo linguaggio di programmazione più popolare”. Il risultato è che l’AI generativa può fornire analisi sofisticate, ma anche farlo in modo accessibile. Questa capacità assomiglia al lavoro di un dipendente di alto livello e mette in discussione l’identità professionale dei ‘lavoratori intellettuali’.

Affrontare in modo proattivo queste preoccupazioni sull’identità professionale è fondamentale per le organizzazioni, perché i dipendenti che sentono minacciata la loro identità professionale sono più restii ad adottarla e meno propensi a utilizzarla e quindi a trarne valore. Questo alla fine danneggia l’azienda nel suo complesso. Le ricerche mostrano che le organizzazioni i cui dipendenti traggono personalmente vantaggio dall’AI sono quasi sei volte più propense a ottenere significativi benefici finanziari rispetto a quelle in cui i dipendenti non vedono il valore della tecnologia. Esistono diverse scuole di pensiero sugli elementi che compongono l’identità professionale unica di un individuo e su come essa si sviluppi nel tempo. Secondo la teoria dell’autodeterminazione, ci sono tre componenti chiave dell’identità professionale: un senso di competenza (importanza del ruolo e fiducia nelle proprie competenze), autonomia (livello di discrezionalità nella presa di decisioni) e appartenenza (connessione a un gruppo più ampio che genera significato). Per affrontare l’impatto dell’intelligenza artificiale sull’identità professionale dei dipendenti, i dirigenti dovranno affrontare ciascuno di questi tre elementi.

Ridisegnare le mansioni per consentire agli esseri umani di superare l’AI

Quando l’AI assume un compito precedentemente svolto dagli esseri umani, può potenzialmente danneggiare il senso di competenza dei lavoratori. Per fare un esempio concreto, oggi l’intelligenza artificiale può superare i radiologi nella precisione delle diagnosi. Di conseguenza, molti studenti di medicina stanno rinunciando a una potenziale carriera in radiologia perché le prestazioni superiori delle macchine in questo campo diminuiscono il loro senso di competenza. L’avanzamento rapido dell’AI generativa sul luogo di lavoro sta avendo un effetto simile sul senso di competenza degli impiegati in un numero crescente di settori.

Cosa rende un lavoro significativo per gli esseri umani in questa nuova realtà? Per creare un nuovo senso di scopo, le organizzazioni dovranno identificare quali compiti gli esseri umani sono particolarmente adatti a svolgere, distinguendoli dai compiti in cui eccelle l’AI. Impiegando quest’ultima per svolgere compiti definti, i lavoratori umani possono invece assumere ruoli in cui hanno la capacità di superarla. Questo consente loro di aggiungere valore in presenza dell’intelligenza artificiale, consentendo loro di percepire un rinnovato senso di competenza nel lavoro svolto.

Quando H&M ha utilizzato l’AI per prendere le decisioni annuali sugli acquisti di quantità e tipi di abbigliamento per i mercati in tutto il mondo, il team di acquisto della società prima ha criticato la decisione, e poi si è opposto. Sebbene il compito fosse noioso, comportando centinaia di migliaia di ore di lavoro manuale che poteva essere svolto dall’AI, la sensazione di essere sostituiti ha influenzato la percezione di se stessi e del loro lavoro, influenzando fondamentalmente la loro identità professionale. Questa ‘resistenza’ ha ostacolato l’adozione dell’AI, mettendo potenzialmente a rischio i vantaggi finanziari della tecnologia per l’azienda. Per favorire il superamento dell’opposizione al cambiamento, H&M ha aiutato i dipendenti a trovare un nuovo “scopo”. L’azienda ha ridefinito i ruoli dei lavoratori per mettere in evidenza ciò che facevano meglio. Questi impiegati così non hanno più calcolato manualmente sconti su prodotti in declino, ma hanno iniziato ad occuparsi del lavoro di merchandising sofisticato per i nuovi prodotti, analizzando il comportamento dei clienti. Per consolidare ulteriormente questi cambiamenti, l’azienda ha cambiato il nome dei team per riflettere i nuovi ruoli, aprendo la strada a nuovi ‘racconti professionali’. Sostenuti da questi cambiamenti, i dipendenti di H&M si sono sentiti più sicuri, hanno riacquistato un senso di competenza e si sono impegnati nell’uso dell’AI.

A differenza dei precedenti avanzamenti nell’automazione, l’AI ha la capacità unica di prendere decisioni o almeno di fornire indicazioni su quali decisioni dovrebbero essere prese. Ciò fa sentire ai dipendenti di dover far affidamento su una macchina per prendere decisioni, minando fortemente la loro autonomia. L’espansione continua delle capacità decisionali dell’AI generativa ha solo aumentato questa minaccia, soprattutto con la crescita degli agenti autonomi, come AutoGPT e BabyAGI, che non solo prendono decisioni ma pianificano, risolvono problemi e svolgono intere attività per raggiungere un obiettivo particolare.

Questa apparente perdita di autonomia da parte dei dipendenti ha diverse conseguenze negative. Ad esempio, secondo uno studio recente della società di ricerca IT Gartner, un aumento dell’autonomia migliora le prestazioni e la fidelizzazione degli impiegati, riducendo allo stesso tempo la fatica. Come, quindi, i leader possono restituire il senso di autonomia ai propri dipendenti?

Innanzitutto, è fondamentale che i leader si assicurino una sorta di ‘privilegio di esclusione’ nei confronti dell’AI. In questo modo, si ripristina un senso di autonomia e si crea un circolo virtuoso di feedback, rendendo i dipendenti più propensi ad adottare l’intelligenza artificiale. Ad esempio, un pregiudizio ben noto tra gli esseri umani è l’‘avversione algoritmica’, in cui le persone diffidano e si rifiutano di usare l’AI quando non funziona alla perfezione. La ricerca accademica ha dimostrato che la possibilità di modificare i risultati dell’AI supera questa avversione, indipendentemente dall’ampiezza o dalla frequenza con cui i partecipanti modificano i risultati. I ‘privilegi di esclusione’ svolgono anche una funzione critica, consentendo a persone esperte e ben addestrate di correggere gli errori dell’AI quando la tecnologia va fuori strada.

In secondo luogo, i leader devono evidenziare ai propri dipendenti come l’uso dell’AI possa consentire meno sorveglianza da parte dei manager, migliorando così il loro senso di autonomia. Ad esempio, da Walgreens, inizialmente i manager controllavano come i farmacisti compilavano le prescrizioni attraverso rigide linee guida progettate per garantire la soddisfazione del paziente. Con l’adozione dell’AI, è stato introdotto un nuovo sistema che avrebbe previsto quando gli ordini sarebbero stati pronti, per ridurre i tempi di attesa dei clienti. Ciò significava che erano necessarie meno interferenze da parte della direzione. In effetti, in un caso, un manager ha chiamato per congratularsi con i farmacisti per aver ridotto le lamentele dei clienti e alla fine ha dato ai singoli farmacisti più autonomia per gestire le proprie operazioni come ritenevano opportuno. Questo ha notevolmente aumentato la loro percezione di autonomia.

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Ricostruire il senso di appartenenza, favorendo nuovi tipi di connessioni

L’AI può influire negativamente sul senso di appartenenza di un individuo riducendo le interazioni umane attorno a compiti ora automatizzati. Ciò è già accaduto nelle fabbriche in cui i pochi lavoratori rimasti lavorano principalmente in tandem con le macchine, ma in isolamento l’uno dall’altro, per garantire il controllo di qualità. Una minaccia ancora più diffusa a causa della capacità dell’AI generativa di condurre conversazioni realistiche: all’interno delle aziende, in effetti, alcune interazioni tra esseri umani sono state già sostituite da quelle con i chatbot, riducendo il senso di appartenenza dei dipendenti, mettendo a rischio il loro benessere e, di conseguenza, danneggiando le prestazioni aziendali. Un sondaggio del 2019 di BetterUp ha scoperto che un forte senso di appartenenza sul luogo di lavoro ha portato ad un aumento del 56% delle prestazioni lavorative, a una diminuzione del 50% del turnover dei dipendenti e a una riduzione del 75% dei giorni di malattia presi dai dipendenti.

Una soluzione all’isolamento dei dipendenti è ridisegnare i flussi di lavoro di un’azienda. Un call center di una banca statunitense, ad esempio, ha creato ‘squadre’ o team di operatori che supportano clienti simili e ha utilizzato un software basato sull’intelligenza artificiale per generare più opportunità di interazione – canali virtuali, sincronizzazione delle pause e monitoraggio degli obiettivi comuni a livello di squadra. Un anno dopo che la banca ha implementato questo software, i suoi centri di chiamata hanno riportato un aumento del 23% della produttività e un aumento del 28% del tasso di ritenzione dei dipendenti. Queste squadre vanno ben oltre i semplici guadagni di efficienza. A Oomph, un’azienda di servizi digitali, i risultati sono stati drammatici: la felicità, la produttività e il successo del team sono aumentati dopo la creazione delle squadre. Una soluzione che ha migliorato la cultura dell’azienda e che poi si è riflessa in numerosi benefici sia sui dipendenti sia a livello organizzativo.

Non c’è dubbio che l’AI, specialmente con l’avvento di quella generativa, rappresenti una rivoluzione tecnologica. Mentre le organizzazioni cercano di coglierne tutti i vantaggi, devono ora prestare attenzione all’impatto umano. Man mano che l’AI si radica sul luogo di lavoro, pone sfide uniche ai dipendenti e alla loro identità professionale. La chiave è riconoscere l’importanza di questa minaccia all’identità professionale e creare un ambiente in cui gli esseri umani possano prosperare accanto ad essa. Ciò richiederà azioni non solo da parte dei dirigenti più alti, ma anche dei manager di tutti i livelli di un’organizzazione.

L’articolo originale è disponibile su Fortune.com.

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