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AI, il vantaggio innegabile della Generazione Z

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Nell’ultimo anno sono stati investiti miliardi nell’intelligenza artificiale e molti si stanno chiedendo se le macchine superintelligenti spodesteranno gli esseri umani dai loro posti di lavoro in tutto il mondo. Mentre infuria il dibattito su come l’intelligenza artificiale plasmerà il futuro dell’umanità, alcuni esperti di tecnologia insistono sul fatto che la tecnologia coesisterà con i lavoratori piuttosto che sostituirli, e addirittura alimenterà un forte mercato del lavoro creando nuova occupazione. 

Tuttavia, una nuova ricerca suggerisce che, sebbene il clamore suscitato dall’AI stia stimolando la crescita dei posti di lavoro in tutto il mondo, esiste un significativo skill gap che, secondo gli esperti, i datori di lavoro devono aiutare a colmare. In un rapporto pubblicato martedì, il colosso del recruiting Randstad ha rilevato che, anche se i lavoratori sono generalmente più entusiasti che preoccupati per l’AI, solo a uno su dieci sono state offerte opportunità di formazione per prepararsi alla tecnologia.

Randstad ha condotto un’indagine su 7mila lavoratori in tutto il mondo, provenienti da cinque Paesi tra cui Stati Uniti, India e Gran Bretagna. I dati raccolti mostrano che dall’inizio di quest’anno è aumentato di 20 volte il numero di annunci di lavoro che richiedono competenze in materia di AI generativa – algoritmi come ChatGPT di OpenAI che possono essere utilizzati per creare nuovi contenuti come audio, testo o codice.

A livello globale, il 53% degli intervistati ha dichiarato di aspettarsi che l’AI avrà un impatto sul proprio settore e sul proprio lavoro, e uno su tre ha affermato di utilizzare già la tecnologia nel proprio ruolo quotidiano. Tuttavia, tra coloro che hanno partecipato al sondaggio, solo il 13% ha dichiarato di aver ricevuto una qualche formazione sull’intelligenza artificiale nell’ultimo anno, anche se più della metà ha affermato di ritenere che il possesso di competenze di AI avrebbe reso la propria carriera “a prova di futuro”, aumentando le probabilità di ottenere una promozione.

Negli Stati Uniti, il 42% dei lavoratori ha dichiarato di essere entusiasta dell’AI, mentre il 37% si è detto preoccupato dell’impatto che la tecnologia avrebbe sul proprio lavoro. Ma meno di un lavoratore americano su tre ha dichiarato di utilizzare già l’AI, classificando il Paese al di sotto dell’India e dell’Australia per quanto riguarda l’adozione dell’intelligenza artificiale. Randstad non ha specificato programmi o tecnologie particolari quando ha chiesto ai lavoratori del loro uso dell’intelligenza artificiale.

La Gen Z richiede formazione

I risultati dell’indagine suggeriscono che i datori di lavoro potrebbero perdere i migliori talenti della Gen Z se non dovessero riuscire a offrire una formazione sull’AI ai propri dipendenti. Un lavoratore su cinque ha dichiarato a Randstad di voler ricevere una formazione sull’AI entro i prossimi 12 mesi, un dato che sale a un terzo per i dipendenti della Gen Z.

Secondo i risultati del sondaggio, circa un lavoratore della Gen Z su cinque ha classificato le opportunità di apprendimento e sviluppo come il più grande incentivo non finanziario sul lavoro, e quasi la metà dei lavoratori Gen Z che hanno partecipato al sondaggio ha dichiarato che lascerebbe il proprio lavoro se non gli venisse offerta alcuna opportunità di apprendimento entro un anno.

La responsabilità delle aziende nel “contribuire a creare i talenti del futuro”

Il Ceo di Randstad, Sander van ‘t Noordende, ha dichiarato a Fortune che l’indagine condotta dall’azienda ha dimostrato che le persone con le competenze giuste per il boom dei posti di lavoro nell’ambito dell’AI già scarseggiano e che il divario è destinato ad aumentare. “Le aziende devono riconoscere il loro ruolo nel contribuire a creare i talenti del futuro, invece di aspettare semplicemente di trovare le persone giuste sul mercato”, ha dichiarato. 

“La formazione e lo sviluppo non solo aiutano a rendere la forza lavoro a prova di futuro, ma sono anche un incentivo a rimanere in azienda. La velocità con cui il divario si ridurrà dipenderà in larga misura dalla volontà dei datori di lavoro di impegnarsi a qualificare i propri talenti”, ha aggiunto.

Karoli Hindriks, Ceo e co-founder della società di relocation Jobbatical, ha dichiarato a Fortune che i datori di lavoro di tutti i settori trarrebbero beneficio dall’investire nella formazione sull’AI per i dipendenti a tutti i livelli della loro azienda. “Si è parlato molto dei rischi dell’AI e della minaccia per i posti di lavoro: l’upskilling è il modo migliore per garantire che l’AI possa essere un’opportunità e non una minaccia”, ha spiegato.

Martin Mulyadi, professore di contabilità presso la Shenandoah University School of Business, concorda sul fatto che esiste un divario significativo di competenze per quanto riguarda l’AI, che continuerà a crescere grazie a strumenti come ChatGPT e Bard di Google. Ha però osservato che diventare competenti in materia di AI non significa semplicemente imparare a far funzionare un chatbot.

“È importante che l’alfabetizzazione all’AI implichi la comprensione delle sue capacità e dei suoi limiti, oltre che del suo funzionamento”, ha affermato. “Non si tratta solo di utilizzare l’intelligenza artificiale, ma di farlo in modo efficace ed etico. A mio parere, non è uno strumento che uccide il lavoro, ma piuttosto uno strumento che può migliorare le nostre capacità. Di conseguenza, coloro che sono in grado di dimostrare questo livello di alfabetizzazione globale saranno molto richiesti, il che potrebbe contribuire ad aumentare gli stipendi e a migliorare le prospettive di lavoro”.

Alcuni posti di lavoro nell’ambito dell’AI hanno già stipendi a sei cifre, in quanto i datori di lavoro competono per accaparrarsi i migliori talenti in questo settore emergente.

Il vantaggio innegabile della Gen Z

Mulyadi ha anche affermato che, grazie al persistente divario di talenti, i lavoratori della Gen Z avranno un vantaggio nella ricerca del lavoro. “È innegabile che la Gen Z sembra avere un vantaggio significativo“, ha affermato. “Crescere nell’era digitale li rende più ricettivi alle innovazioni tecnologiche come l’intelligenza artificiale”. Tuttavia, ha osservato che i giovani che iniziano la loro carriera devono assumersi la responsabilità di garantire che siano in grado di colmare il divario di competenze in materia di AI.

“La competenza tecnologica non è sinonimo di alfabetizzazione all’AI”, ha sottolineato. “La formazione che si concentra non solo sull’upskilling, ma anche sulla comprensione dei limiti etici e pratici dell’AI sarà di grande utilità per la generazione Z. La loro intrinseca familiarità con la tecnologia, unita a una formazione specializzata, li renderà probabilmente una risorsa preziosa in qualsiasi futuro posto di lavoro che cerchi di sfruttare efficacemente le capacità dell’AI”.

L’articolo originale è disponibile su Fortune.com 

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