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AI, Paolo Del Brocco (Rai Cinema): l’Italia si doti di una norma a tutela del copyright

Hollywood si sente minacciata dall’AI, prova ne sono gli scioperi che contrappongono da tempo attori, autori e case di produzione, ma anche dichiarazioni come quella dell’attrice Keira Knightley, che vuole proteggere il suo volto con il copyright, per evitare che venga ricreato con l’intelligenza artificiale. Il ruolo che l’AI ha nel campo delle produzioni audiovisive è sempre più vario, come varie sono le prospettive e gli scenari di applicazione possibili.

Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, ne ha parlato nel corso dell’evento ‘Intelligenza artificiale: creatività etica diritto e mercato’, focalizzando l’attenzione su AI e Cinema, copyright, consenso e compenso, e ha voluto approfondire l’argomento nell’intervista che ci ha concesso a margine dell’evento.

Lo sciopero degli autori Usa può avere un’eco anche nel nostro Paese?

Al momento mi sembra di no, anche perché in Italia si sta prendendo sul serio questa vicenda dell’AI.
Le rivendicazioni degli autori in America sono diverse, l’Ai ha ruolo marginale e solo un punto dei 25 del sindacato e uno su 80 attori riguarda l’intelligenza artificiale. La protesta è rivolta verso l’uso del prodotto, non contro l’AI in sé, lo sciopero contesta le così dette Ott – ‘over the top’ – (le imprese che forniscono servizi e contenuti direttamente  attraverso il web, ndr) e i nuovi modelli di business connessi. Si tratta di questioni economiche. Quello che possiamo apprendere dall’Italia, analizzando la situazione di Hollywood, è che bisogna dotarsi di una regolamentazione italiana, che sia a salvaguardia della creatività e a tutela del copyright e delle opere d’autore.

L’Intelligenza artificiale intesa come strumento, che vantaggi può portare alle produzioni cinematografiche?

Come Rai Cinema abbiamo il dovere di sperimentare e capire meglio le nuove tecnologie, anche questa. Dobbiamo capire come può essere utilizzata in modo sano e corretto anche per la produzione di contenuti, e in quest’ottica abbiamo avviato una collaborazione con la Scuola Holden di Torino per la produzione di cortometraggi, utilizzando l’intelligenza artificiale. Abbiamo visto che questo consente anche di abbattere i costi di produzione, e che l’AI può essere utilizzata in affiancamento alla creatività e non in sostituzione. Questo è l’aspetto che va studiato, analizzato e compreso, quella che è la tecnologia che si può applicare dal punto di vista tecnico, per abbattere costi migliorando la qualità della produzione, con effetti speciali, montaggio, coloring, sono molte le possibilità applicative dell’AI che possono consentire di migliorare il prodotto. Un altro discorso è quello dell’aspetto creativo e autoriale.

Cos’è che genera timore e sospetto, parlando di intelligenza artificiale?

L’AI può essere utilizzata anche per ‘scegliere’ i contenuti da produrre. Lo ha fatto Netflix, già dieci anni fa, con la serie House of Cards, che era già stata rifiutata da diversi produttori. Netflix volle utilizzare un algoritmo per capire se la serie sarebbe piaciuta, e sulla base dell’analisi decise di produrre quello che si è rivelato un successo mondiale. Sono passati dieci anni e il ruolo degli algoritmi è molto cresciuto nel processo di valutazione delle serie da produrre e questo determina ovviamente una standardizzazione dei contenuti, che se devono piacere potenzialmente a centinaia di paesi e di persone di culture diverse, ovviamente rischiano di essere sempre più omologati.  Un concetto che è contrario alla specificità europea, che è invece identitaria.

Parliamo quindi di AI come di un problema o di una opportunità?

Non dobbiamo sicuramente averne paura, non ha senso, e non dobbiamo essere catastrofisti ma cauti, dal punto di vista produttivo è grande opportunità ma non deve sfuggire l’approccio umanistico, per quello che penso io, l’uomo deve sempre rimanere al centro.
Il vero tema è quello dell’AI generativa: per la prima volta le tecnologie minacciano di invadere campi come fantasia e creatività. Ma vediamo che all’ultimo festival del Cinema di Venezia ha vinto un’opera autoriale (Io Capitano di Matteo Garrone, film che rappresenterà l’Italia agli Oscar 2023, ndr).
La nostra ricchezza sono le storie identitarie, in cui emergono soggettività, emozioni, empatia, difficilmente replicabili dalla ‘cultura digitale’. Dobbiamo quindi lavorare per un approccio umanistico alla tecnologie, che non dovrà sostituire l’uomo. Dobbiamo essere pronti, comunque, perché l’AI è solo in fase iniziale, gli usi distorsivi li scopriremo già nei prossimi mesi.

 

 

 

 

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