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Effetto Ryder cup

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La Ryder cup è il sommo evento del pianeta golf e il terzo più seguito in assoluto dopo Olimpiadi e mondiali di calcio. Europa contro Stati Uniti, la sfida per eccellenza che esprime attesa, emozioni e partecipazione al massimo livello, in campo e fuori allo stesso modo. Un rito che si celebra ogni due anni dal 1927, a continenti alternati, un capitano e 12 giocatori per parte, tre giorni di match testa a testa dove carattere, coraggio e freddezza contano quanto e più della la tecnica. Dove non ci sono soldi per chi gioca, ma essere in squadra e portare a casa la coppa diventa l’obiettivo di una carriera (e comunque anche un nuovo appeal commerciale per il giocatore). Per l’occasione anche il compassatissimo mondo del golf si trasforma: regole e fairplay non si discutono naturalmente, ma tifo ed esultanza sono quelli da stadio ed esplodono prima e dopo ogni colpo. Ola compresa. Anche perché in campo, oltre le corde, ogni giorno circa cinquantamila spettatori assistono alla sfida. Trecentomila nella settimana. Che già nei tre giorni di prova (da martedì a giovedì) mette in scena altrettanto spettacolo e pubblico, con capitani e vice (anche loro in gioco solo per la gloria) a caccia della strategia e degli accoppiamenti perfetti.

E poiché il golf è lo sport individuale in assoluto più praticato al mondo (con oltre 65 milioni di giocatori), chi non sarà a Roma potrà contare su una copertura mediatica esorbitante. Edizione record quella di Gleneagles (Scozia 2014), con 53 emittenti televisive che hanno trasmesso l’evento in 192 Paesi e raggiunto oltre 600 milioni di case in tutto il pianeta. Circa mille i media accreditati. Se poco meno ha fatto Parigi 2018 in termini di spettatori in campo, qui l’ingaggio globale generato dai social media ha raggiunto i 22 miliardi di impressioni nella settimana. E l’attività economica generata dall’evento è stata complessivamente pari a 235,7 mln di euro. Numeri che tengono in conto la spesa di spettatori e visitatori, degli addetti all’evento, quella organizzativa, l’upgrade delle infrastrutture e includono, nel caso della Francia, lo sviluppo di 100 impianti di facile accesso; oltre a spese indirette e all’indotto. Una crescita considerevole rispetto ai 124 mln di euro dell’edizione scozzese solo quattro anni prima.

Da sottolineare che il progetto Ryder Cup, che per il Paese ospite spazia su un arco temporale di 12 anni (prima e dopo la sfida), prevede eventi, tornei, promozione dello sport e del turismo golfistico, nuovi investimenti nel settore, nuovi posti di lavoro, riqualificazione di strade e impianti (ad esempio, per l’edizione 2027 all’Adare Manor, il governo irlandese finanzierà l’ampliamento dell’aeroporto di Shannon). Insomma, una svolta e un’eredità per gli anni a venire. Stando alle precedenti edizioni, l’impatto economico positivo per il territorio e per il golf nazionale è stimato intorno ai 140-150 mln di euro. A Parigi sono arrivati appassionati da 90 Paesi (il 49% di provenienza UK, quindi nell’ordine, americani, tedeschi, scandinavi, spagnoli e svizzeri), che hanno generato 220 mila notti in albergo; l’8% di essi hanno esteso la visita oltre i giorni di gara.

Roma sotto questo aspetto è un booster straordinario, con i tour operator stranieri specializzati in vacanze golf che da tre anni propongono e vendono evento e visita. Gli ospiti americani si fermeranno per non meno di sei giorni. Questa è la Ryder Cup, con la sua magia e i suoi numeri. Roma l’ha voluta con tutte le sue forze schierandosi contro Austria, Germania e Spagna, Paesi in netta superiorità per numero giocatori. Così l’Italia ha vinto una corsa che pareva impari. Era il 14 dicembre 2015 quando dalla Sala d’Onore del Coni la notizia veniva data al mondo. Ma come, in Italia? Sono ben noti i nostri campioni che hanno contribuito a fare grande questo evento (e non solo), i fratelli Edoardo e Francesco Molinari, e Costantino Rocca prima di loro.

Ma quel giorno gli appassionati hanno scoperto che qui il golf è fatto di storia, tradizione e oltre 350 impianti, con firme famose e qualità. Che visitando l’Italia si può portare anche la sacca da golf. Un bell’assist per tutto il settore. “Un’impresa incredibile per il nostro golf, per tutto lo sport e per il Paese. Nata come un grande sogno, la sola candidatura già un anno prima del 2015 aveva prodotto risultati inimmaginabili a livello internazionale”. Così Lavinia Biagiotti, padrona di casa al Marco Simone Golf Club (completamente trasformato per assecondare le esigenze dell’evento), voluto dalla mamma Laura che riportò in vita il castello di Marco Simone alla fine degli anni ‘70 per trasferirvi casa e atelier.

Negli otto anni di preparazione fin qui trascorsi (prevista nel 2022, la sfida è stata rinviata di un anno a causa della pandemia) la mitica coppa donata da Samuel Ryder si è fatta conoscere visitando l’Italia, dal Colosseo al Monte Bianco, alla Valle dei Templi di Agrigento, ospite della Ocean Race, del Giro d’Italia, dell’università Bocconi di Milano, tra tante altre tappe. Ora che il nostro Paese è definitivamente sulla mappa del golf (il mercato globale del turismo golfistico vale 15 mld di euro l’anno, in continua crescita), occorre capitalizzare rispetto al numero dei praticanti. Mentre la pandemia ha generato un boom di nuovi giocatori in tutto il mondo, negli ultimi sette anni quelli italiani sono rimasti invariati, circa 90mila. Per raggiungere e conquistare un’audience nuova la grande opportunità è adesso.

*è titolare di Golfstudio Comunicazione e Representative per l’Italia di IAGTO (International Association Golf Tour Operators). Inoltre è Media and Comms Manager di PGA Italy.

 

 

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