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La cassetta degli attrezzi: breve guida alla comunità LGBT

Lgbt: cosa sta a significare questo termine, questo acronimo in continuo mutamento che troppo spesso per molti è un mistero? “Lesbian, gay, bisexual, transgender” sono le parti di una comunità che, nel corso della storia, ha contribuito, e continua a farlo anche oggi, allo sviluppo della nostra società attraverso il proprio lavoro e la propria cultura. Una comunità che ancora lotta per l’affermazione dei propri diritti e per non essere discriminata.

La fiammella che ha acceso la consapevolezza politica della comunità Lgbt – allora detta omosessuale – è rappresentata dai cosiddetti “Moti di Stonewall “del 1969, a New York. Questi furono dei violenti scontri tra gruppi di omosessuali, lesbiche e trans, frequentatori del bar Stonewall Inn nel Greenwich Village, e la polizia: stanchi dei soprusi continui e delle violente retate operate dalle forze dell’ordine, gli avventori si ribellarono durante quella fatidica notte a cavallo tra il 27 e il 28 giugno.

Da quel gesto di protesta – si dice che la prima a far partire la rivolta fu Sylvia Rivera con il lancio di un tacco –  e di affermazione dell’orgoglio per la propria identità e il proprio orientamento sessuale ebbe inizio il movimento di liberazione omosessuale, che ha poi portato attraverso innumerevoli battaglie alla visibilità e al riconoscimento dei diritti di una comunità troppo spesso marginalizzata e oppressa (tuttavia dobbiamo ricordare come purtroppo in molti Paesi l’omosessualità sia ancora un reato).

Dietro quindi alla sigla Lgbt, e alle lettere che ogni anno ne allungano l’acronimo, vi sono persone, storie tragiche, esperienze incredibili e quotidiane, impegno incrollabile, ma soprattutto esistenze che meritano la stessa considerazione e il medesimo trattamento riconosciuto a tutte le altre, un riconoscimento politico e sociale a tutto tondo: è per questo, per esempio, che è fondamentale usare i pronomi corretti quando si parla  e ci si rivolge alle persone transgender, adottare un linguaggio giornalistico rispettoso non solo verso la comunità Lgbt ma verso tutte le comunità marginalizzate, e ancora approfondire e cercare di comprendere le diversità senza pregiudizi di sorta.

Quest’estate qualcuno – a cui negli Usa avrebbero già strappato le stellette dalla divisa – ha definito la comunità Lgbt come “intoccabile”, gli omosessuali “contro natura”, le femministe “streghe” e ha fatto riferimento alla dittatura del politically correct che imperverserebbe nel nostro paese. La verità è che in Italia, dove la nostra Stonewall è stata la manifestazione di Sanremo del 1972 a opera del gruppo F.U.O.R.I.!, non soltanto non esiste il politicamente corretto ma nemmeno sappiamo bene cosa sia; tuttavia si ricorre a questo spauracchio infantile quando, per motivi ideologici e irrazionali, si desidera attaccare alcune categorie.

Chi offende e discrimina dovrebbe capire che il senso delle sue parole è umano prima che politico e che oggi certi comportamenti non sono più tollerati o promossi, come avveniva durante i bei vecchi tempi cui qualcuno guarda con nostalgia. Sul fronte dei diritti Lgbt l’Italia rimane indietro, e nelle classifiche Ilga Europe che si occupano del tema nel vecchio continente è in fondo alla classifica dietro a paesi come l’Ungheria e a Polonia, due Stati che decisamente stanno scivolando verso l’attacco allo stato di diritto. La maggiore conquista ottenuta, dopo trenta anni di lotte, sono state le unioni civili nel 2016. Da allora prima l’indifferenza e il nulla e poi gli attacchi: in questo periodo infatti le famiglie arcobaleno e la comunità transgender, soprattutto, sono un bersaglio della politica e i casi di omofobia aumentano a dismisura, come documentiamo attraverso il Centro antidiscriminazione attivo presso il Circolo Mario Mieli di cui sono orgogliosamente presidente.

Uno dei temi fondamentali che le comunità marginalizzate vedono come prioritario è l’accesso al mondo del lavoro, troppo spesso ostacolato o complicato in passato da una serie di fattori. Fortunatamente da anni le multinazionali prima, e poi anche le aziende italiane alcune pubbliche amministrazioni, hanno iniziato a incorporare la diversity e l’inclusione tra i principali valori aziendali. La diversity Lgbt+ aziendale è la valorizzazione delle diversità di orientamento sessuale e identità di genere sul luogo di lavoro: creare un ambiente inclusivo non soltanto significa operare correttamente dal punto di vista politico e sociale, ma favorisce anche la produttività dei dipendenti, migliora il clima lavorativo e attrae talenti.

La diversity si declina in tanti modi: verso le donne, le persone con disabilità, le minoranze etniche e religiose e la comunità Lgbt. Sono quindi nati negli anni network, progetti, iniziative, un’intera area di lavoro chiamata diversity management e tutto questo ha poi portato a una presa di posizione di grandi, medi e piccoli brand sul tema dei diritti civili e a sostenere la nostra comunità e i Pride in Italia (in ritardo rispetto ad altri grandi paesi occidentali).

In questo spazio mensile andremo a scoprire le mappe utili a orientarci nella comunità arcobaleno e non solo. Racconteremo le storie di grandi aziende che promuovono con i loro progetti il mondo dei diritti, intervisteremo manager di primo piano impegnati sul campo. Capiremo cosa è un Pride, il suo valore politico, culturale ed economico, parleremo con i sindacati e le associazioni di categoria del loro impegno per l’inclusione e dei progetti che hanno; parleremo di sport, di media, di lotta alle discriminazioni, di sanità e tanto altro ancora.

L’obiettivo è quello di creare una sorta di cassetta degli attrezzi per il lettore, affinché possa capire più da vicino chi siamo, cosa facciamo e qual è il nostro contributo al sistema paese. Sarà sempre più chiaro che non esistono barriere e pregiudizi indistruttibili e che insieme, attraverso un percorso di comprensione reciproca, è possibile creare un mondo più giusto e inclusivo.

*Impegnato da molti anni nel mondo dell’associazionismo Lgbt+, è attualmente presidente del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli e portavoce del Roma Pride. Laureato in giurisprudenza, svolge attività di consulenza nel campo della diversity.

 

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