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Sulle tracce del Quantum Internet

Da Napoli a Chicago per portare a termine una missione scientifica pionieristica: collegare due computer quantistici e dare vita così a una nuova super-rete, un’impresa finora irrealizzata. Silvia Zorzetti, brillante scienziata di 37 anni, ha conseguito la laurea triennale in Ingegneria elettronica alla Federico II di Napoli, una magistrale e un dottorato di ricerca all’Università di Pisa e ora lavora al Fermilab di Chicago, dov’è principal engineer e capo dipartimento del centro quantistico SQMS. In America vive con la sua famiglia, che comprende il marito (anch’egli ingegnere al Fermilab, ndr) e due gemelli di sei anni, Thomas ed Elisa. La portata rivoluzionaria della sua ricerca è stata riconosciuta dal governo degli Stati Uniti, che ha scelto di finanziarla con 2,5 mln di dollari.

Silvia vive e lavora a Chicago, negli Stati Uniti, ma non si è mai sentita un ‘cervello in fuga’. “Lavorare all’estero è il risultato di un percorso naturale. Sono orgogliosa di essere italiana e napoletana, ma allo stesso tempo mi sento cittadina del mondo”. Dopo gli studi, Silvia ha lavorato per quattro anni al CERN di Ginevra, dove ha contribuito alla ricerca sugli acceleratori di particelle del futuro. A Chicago dirige un team di una decina di ricercatori che si occupa di interfacce quantistiche.

Il suo obiettivo è di portata epocale. “Avremmo un enorme aumento della potenza di calcolo e della sicurezza dei dati. E potremmo inoltre arrivare a rilevare la materia oscura. Ma il Quantum Internet avrà applicazioni in molti campi e influenzerà settori critici come la sicurezza nazionale e la comunicazione quantistica”. E forse potrebbe addirittura avvicinarci alla soluzione del grande enigma della fisica quantistica: la gravità quantistica. “Difficile prevederlo – spiega Silvia – ma di certo aiuterebbe gli scienziati nella ricerca e nello studio delle onde gravitazionali”.

Come è maturata la scelta di lasciare l’Italia?

Non c’è stato un momento preciso in cui ho deciso di lasciare l’Italia. Diciamo che mi sono trovata incanalata in un percorso all’estero che mi ha portato dove sono ora. Amo molto l’Italia, ma per ora sto bene negli Stati Uniti e non mi sono posta il problema di un possibile ritorno.

Quando si è avvicinata per la prima volta al quantum computing?

Ero già al Fermilab e il laboratorio aveva da poco cominciato a investire su questa nuova tecnologia. A Chicago mi hanno dato l’opportunità di scegliere il progetto di ricerca a cui dedicarmi e quindi ho deciso di buttarmi sul quantum computing.

Che cos’è un computer quantistico?

Un computer quantistico è una piattaforma fisica che sfrutta le leggi della meccanica quantistica e in particolare l’entanglement e la superposition, la sovrapposizione degli stati, per effettuare operazioni complesse con i dati. In termini pratici significa avere la possibilità di performare task in maniera più efficiente.

Quali sono al momento gli ostacoli principali da superare per arrivare a disporre dei computer quantistici su larga scala?

In realtà i computer quantistici sono già disponibili, ci sono aziende che li mettono a disposizione attraverso il cloud. Significa che in teoria ognuno di noi ha la possibilità di collegarsi alle piattaforme cloud di queste compagnie e performare gli algoritmi quantistici. E però c’è il problema della scalabilità, cioè la necessità di aumentare la potenza di calcolo. Sono problemi fisici o ingegneristici che vanno risolti affinché questi computer siano meno numerosi e si possano mettere quanti più qubit possibili all’interno di un singolo chip. Il quantum computer può essere utilizzato per risolvere qualunque tipo di problema che abbia un numero molto grande di input.

Quali applicazioni concrete potrebbe avere il quantum computing?

Le applicazioni possono essere molte e ci sono già tante startup che ci stanno lavorando. Nella finanza, ad esempio, c’è la possibilità di calcolare il prezzo degli stock in tempo reale o comunque in modo molto veloce, con una potenza di calcolo particolarmente elevata. In ambito medico, con la potenza di calcolo di un computer quantistico, si potrebbe performare la scansione di una risonanza magnetica, individuando un’anomalia in maniera più efficiente e con una risoluzione più elevata.

Può farci un altro esempio?

I qubit potrebbero essere impiegati come dei sensori. Visto che sono molto sensibili all’interazione con l’ambiente, si potrebbero utilizzare ad esempio per rilevare le piccole vibrazioni nel suolo, ed essere così in grado di fare analisi più sensibili a certi input come terremoti o mareggiate.

Di recente si è aggiudicata l’Early Career Award, di che cosa si tratta?

L’Early Career Award è erogato dal Department of Energy degli Stati Uniti ed è dedicato a tutti i ricercatori che lavorano nelle università e nei laboratori nazionali. Il ricercatore avanza una proposta coerente con i topic e le aree tematiche proposte. Non so quanti ricercatori si siano candidati, so però che in tutti gli Stati Uniti sono stati finanziati soltanto 93 progetti di ricerca. È un riconoscimento molto prestigioso che ripaga il grande lavoro che ho fatto per presentare la proposta.

Può dirci qualcosa in più sulla sua ricerca?

Il mio progetto di ricerca sarà incentrato sul tentativo di sviluppare la tecnologia per creare il Quantum Internet. Delle reti quantistiche e dei quantum computer esistono già, ovviamente. Quello che manca è la tecnologia per collegare diversi quantum computer o per far viaggiare queste informazioni a lunghe distanze, in maniera distribuita.

Uno dei principali vantaggi del Quantum Internet è la sicurezza della comunicazione, è così?

Esatto. Se si crea un canale tra A(lice) e B(ob), un canale sicuro di cui solo loro due conoscono la chiave d’accesso, nel momento in cui entra un intruso su questo canale, l’informazione viene automaticamente distrutta. Per questo è uno dei canali più sicuri per scambiare informazioni. Le applicazioni in ambiti come quello della sicurezza nazionale sono infinite.

Che cosa ne pensa del primo quantum computer italiano realizzato a Napoli?

Credo sia stata una cosa molto importante. Il professor Tafuri è un pioniere dei computer quantistici in Italia. C’è anche il progetto di mettere in piedi un centro di nanotecnologie. Oltre a Tafuri, anche i professori Cacciapuoti e Caleffi lavorano sul Quantum Internet con grandi potenzialità.

Quand’è che ha capito di volersi dedicare alle materie STEM?

Non c’è stato un momento preciso, ho sempre avuto questa naturale inclinazione. Ho fatto lo scientifico, poi ho proseguito con gli studi in ingegneria. La matematica e i numeri sono sempre stati la mia passione, sin da quando ero piccola e riempivo pagine e pagine di addizioni.

Lei lavora all’estero, ma si è formata in Italia. Qual è il suo giudizio sulla formazione fornita dai nostri atenei?

Credo sia molto buona, non solo dal punto di vista della formazione teorica ma anche dal punto di vista pratico. Io, ad esempio, quando studiavo ingegneria a Napoli ho fatto tante classi pratiche di programmazione e laboratori di elettronica. Durante il master, in particolare, ho speso in laboratorio la maggior parte del tempo.

Come si trova negli Stati Uniti?

Mi trovo molto bene, ho anche preso la cittadinanza; qui mi sento a casa. Non sento però la polarizzazione fra gli Stati Uniti e l’Italia: sono altrettanto legata al mio Paese d’origine.

Qual è, a suo avviso, lo stato dell’arte della ricerca in Italia?

Io mi sono sempre trovata a fare esperienze all’estero, per cui non conosco molto bene come funzionano le cose in Italia. Anche nel nostro Paese però possiamo contare su molti ricercatori che fanno ricerca ad alti livelli su quantum computing e Quantum Internet, ad esempio alla Federico II di Napoli e all’Università di Pisa.

 

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