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AI, serve un Decennio Internazionale dei Dati

Il Global Digital Compact, che sarà firmato al Summit of the Future delle Nazioni Unite a settembre, rappresenta l’occasione per annunciare un Decennio Internazionale dei Dati.

La rapida ascesa delle tecnologie basate sui dati sta plasmando il modo in cui molti di noi vivono, dai dati biometrici raccolti dai nostri smartwatch, agli strumenti e ai modelli di intelligenza artificiale che cambiano il modo in cui lavoriamo, agli algoritmi dei social media che sembrano conoscere meglio di noi le nostre preferenze sui contenuti. Una imponente quantità di dati sta influenzando tutti gli aspetti della nostra vita e, in definitiva, la società in generale.

Questa esplosione dei dati rischia di creare nuove disuguaglianze, di creare un nuovo gruppo di “abbienti” che beneficiano del potere dei dati, escludendo, o addirittura danneggiando, un gruppo di “non abbienti” e di dividere la comunità internazionale in ‘poveri di dati’ e ‘ricchi di dati’.

Sappiamo che i dati, se sfruttati correttamente, possono essere un potente strumento per lo sviluppo sostenibile. L’uso intelligente e innovativo dei dati può sostenere i sistemi sanitari pubblici, migliorare la nostra comprensione dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità, anticipare le crisi e affrontare ingiustizie strutturali profondamente radicate come il razzismo e la disuguaglianza economica.

Tuttavia, la grande quantità di dati sta alimentando un Far West non regolamentato. Invece di limitarsi a emettere più avvertimenti, i governi devono lavorare per una buona governance dei dati su scala globale. A causa del rapido ritmo dell’innovazione tecnologica, le politiche volte a proteggere la società rimarranno inevitabilmente indietro. Dobbiamo essere più ambiziosi.

Per cominciare, i governi devono garantire che i benefici derivanti dai dati siano equamente distribuiti stabilendo regole di base globali per la raccolta, la condivisione, la tassazione e il riutilizzo dei dati. Ciò include la gestione dei dati sintetici e dei flussi di dati transfrontalieri.

Sebbene l’economia digitale sia esplosa negli ultimi anni, il digital divide e il data devide si sono ampliati. Anche se la larghezza globale della banda internet è aumentata di circa il 35% nel 2020 (segno di una maggiore connettività e diffusione tecnologica in tutto il mondo), solo il 20% delle persone nei paesi meno sviluppati del mondo utilizza Internet e in genere lo fa a velocità significativamente inferiori e costi più elevati rispetto ai paesi ad alto reddito. Una connettività scarsa e costosa ostacolerà gli sforzi di questi paesi di partecipare al dinamico mercato digitale globale, che attualmente si stima valga il 15% del PIL globale e che potrebbe aumentare fino al 30% entro il 2030.

La regolamentazione globale è fondamentale. Gli approcci attuali sono frammentati tra regioni e settori e rischiano di aggravare i divari economici prevalenti, con i pochi più ricchi che beneficiano maggiormente dell’uso dei dati, mentre le economie a basso reddito sono lasciate indietro, incapaci di sfruttare i dati per migliorare la crescita economica e i mezzi di sussistenza delle loro popolazioni.

Questo deficit di governance globale dei dati aggrava anche il potenziale di danno nel mondo reale. Gli sforzi per tracciare terroristici ed estremisti violenti con l’intelligenza artificiale generativa hanno già rivelato oltre 5.000 casi di propaganda dell’AI a sostegno di ideologie violente ed estremiste.

In secondo luogo, i governi devono garantire che vengano raccolti dati più mirati per sostenere lo sviluppo di gruppi tradizionalmente sottorappresentati. Anche se può sembrare che ci siano troppi dati, sono necessari più dati e dati meglio gestiti per rendere la tecnologia sensibile e rappresentativa delle comunità sottorappresentate.

Ad esempio, è stato dimostrato che la ricerca sui potenziali ‘pregiudizi’ degli strumenti di AI nel settore sanitari – una questione di enorme importanza dato lo sviluppo sempre più accelerato dell’AI, risente significativamente della mancanza di diversità tra i suoi ricercatori. Questa mancanza di diversità in chi sta raccogliendo i dati, e in chi commissiona la raccolta, rischia di trasferire i pregiudizi esistenti in nuovi modelli di IA a lungo termine, con risultati disastrosi per la società in generale.

Per catalizzare l’azione, abbiamo bisogno di una leadership governativa e dello spazio per un impegno costruttivo condiviso con il settore privato, le istituzioni multilaterali e la società civile. I governi possono prendere l’iniziativa sostenendo un appello per il lancio di un Decennio internazionale per i dati (IDD) delle Nazioni Unite a partire dal 2025.

I decenni internazionali dichiarati dalle Nazioni Unite si sono dimostrati relativamente efficaci nel coordinare l’azione tra gli Stati, il settore privato, le comunità tecniche e scientifiche, il mondo accademico e le organizzazioni della società civile per affrontare questioni di interesse globale.

Ad esempio, il Decennio Internazionale per le Donne (1976-1985) ha contribuito a stimolare l’azione verso una maggiore uguaglianza di genere, lanciando il Fondo di Sviluppo delle Nazioni Unite per le Donne, e ha portato alla creazione di una Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), ora firmata da 189 paesi.

Un Decennio internazionale per i dati stabilirebbe una chiara priorità per la comunità internazionale. Rappresenta più di un impegno politico per una buona governance dei dati: un decennio internazionale può sbloccare finanziamenti per potenziare le competenze sui dati e spingere gli stakeholder rilevanti a collaborare, sperimentare e regolamentare per un futuro più equo.

Il Global Digital Compact, che sarà approvato al Summit of the Future delle Nazioni Unite nel settembre 2024, rappresenta un’opportunità per i governi di portare avanti questa priorità globale, ampliando i benefici dei dati per tutti e proteggendoli al contempo dai potenziali rischi.

L’intelligenza artificiale è solo l’ultima innovazione nelle tecnologie basate sui dati, ma non sarà l’ultima. I prossimi 10 anni si riveleranno senza dubbio il decennio dei dati, con innumerevoli innovazioni che forgeranno in modo essenziale le nostre vite. Abbiamo bisogno di un impegno politico all’altezza di questa opportunità.

Ora non è il momento di ulteriori avvertimenti. I governi e le Nazioni Unite devono stare al passo con l’innovazione. Un decennio internazionale per i dati può contribuire a stimolare l’azione internazionale necessaria per creare uno schema di governance dei dati, affinchè possano essere un bene globale e non un altro rischio futuro.

*Tshilidzi Marwala è il rettore dell’Università delle Nazioni Unite (UNU). David Passarelli è il direttore del Centro universitario delle Nazioni Unite per la ricerca politica (UNU-CPR).

 

La versione originale di questo articolo è su Fortune.com

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