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Direttiva Ue contro la violenza sulle donne, Roccella a Fortune Italia: “Governo in prima linea”

‘Di cosa parliamo quando parliamo di consenso’ è un libro scritto dalla filosofa francese Manon Garcia per parafrasare il titolo di un altro autore – Raymond Carver – e cercare di tirare le fila di tutti i discorsi relativi a un concetto quanto mai attuale nel dibattito femminista: appunto, il consenso. Da frasi come: “L’aborto non è un diritto, anche in caso di stupro” (fil rouge di un convegno organizzato meno di un mese fa a Montecitorio dal deputato leghista Simone Billi) alle uscite infelici del presidente del Senato Ignazio La Russa che nel difendere il figlio accusato di stupro da una sua ex compagna di scuola ha affermato: “Lascia molti interrogativi una denuncia presentata quaranta giorni dopo”, in Italia, va detto, sulla cultura del consenso c’è un bel po’ di lavoro da fare.

Complici un substrato patriarcale, come molti sostengono, ma anche una difficoltà comunicativa e di ascolto da parte sia di maschi che di femmine. Eppure qualcosa nel nostro Paese (e non solo) si sta muovendo. E a incidere è la mano di Bruxelles. I rappresentanti del Consiglio e del Parlamento europeo sono infatti giunti a un accordo sulla direttiva concernente la violenza sulle donne e la violenza domestica. Nel documento, elaborato dopo complesse trattative tra gli Stati, è stato introdotto il principio secondo cui un atto sessuale privo di consenso costituisce uno stupro.

L’articolo 609-b del codice penale italiano affronta il reato di stupro, stabilendo che chiunque costringa un individuo a compiere o a subìre atti sessuali mediante violenza, minaccia o abuso di autorità è soggetto a una pena di reclusione compresa tra i 6 e i 12 anni. Tuttavia, a mancare in questa definizione è proprio la parola ‘consenso’. Ciò ha finora sollevato interrogativi sulla definizione di stupro e sui limiti imposti dalla formulazione della legge. Quand’è che un rapporto può dirsi consensuale?

“No significa no”, ha affermato la ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Maria Roccella (nella foto in evidenza). Ma i ‘no’ non sempre vengono espressi chiaramente. E a riassumere bene la percezione che le persone hanno del consenso sessuale, è un’indagine condotta dal Corriere della Sera secondo cui il 41% delle persone ritiene che “non sia chiaro cosa significhi consenso”, mentre “il 39,9% è convinto che una donna sia perfettamente in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole” e “per il 7,2% di fronte a una proposta sessuale le donne spesso dicono no ma in realtà intendono sì”. Affermazione forte, quest’ultima, se si tiene conto che in recenti casi di cronaca sia stato chiesto in aula alla vittima di stupro: “Se non voleva, come mai non si è divincolata? Come ha fatto a farsi sfilare i pantaloni?”.

Una violenza, lo suggerisce il termine stesso, è prepotente. Non domanda. E porre interrogativi del genere a una persona che sta già affrontando una situazione di grave disagio, prima di tutto psicologico, è un ulteriore abuso. Spesso la vittima si ritrova in uno stato di shock e non è capace di reagire. Oppure sceglie di eludere un attacco maggiore che potrebbe costarle la vita.

Frances Fitzgerald, membro del Parlamento europeo e relatrice della direttiva sulla violenza di genere, ha sottolineato che, per la prima volta, “lo stupro è stato identificato in termini di mancanza di consenso”. Con un richiamo all’importanza della prevenzione e a nuove campagne di sensibilizzazione obbligatorie.

Si tratta soltanto di un inizio, di un “catalizzatore di cambiamenti positivi”, come spiegato dall’altra eurodeputata Evin Incir. Anche perché non tutti gli Stati membri si sono dimostrati favorevoli e anzi, c’è stata una certa inaspettata opposizione da parte di Paesi come Francia e Germania.

Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo per il Partito democratico, ha addirittura descritto la giornata della direttiva come “triste per le politiche di genere e i diritti”. Perché la verità è che la direttiva è uscita molto indebolita rispetto al testo iniziale (dell’8 marzo 2022).

“Parigi e Berlino si sono dette contrarie a una definizione europea così specifica di stupro, lamentando l’assenza di una base giuridica per queste nuove regole. Il governo italiano, d’altra parte, si è sempre battuto perché la direttiva europea contro la violenza sulle donne prevedesse anche il reato di stupro”, ha commentato a Fortune Italia Roccella. “Abbiamo sempre sostenuto questa posizione e abbiamo presentato anche una dichiarazione ufficiale insieme a Belgio, Grecia e Lussemburgo. Purtroppo una maggioranza di Paesi, fra cui Francia, Germania e Paesi Bassi, ha fatto prevalere obiezioni tecniche e anche la più recente fase della trattativa, che ha visto in campo non più i governi ma il Parlamento europeo, ha avuto un esito infruttuoso. Un vero peccato. Va detto, però, che in tutti i Paesi europei lo stupro è punito come reato”.

L’accordo informale raggiunto dai negoziatori, oltre a misure preventive contro lo stupro – gli Stati membri dovranno sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che il sesso non consensuale è reato – comprende norme più severe sulla violenza informatica e un miglior supporto alle vittime. La nuova normativa prevede inoltre un elenco più dettagliato di circostanze aggravanti per i reati: tra cui i crimini contro figure pubbliche, giornalisti o difensori dei diritti umani e norme contro mutilazioni genitali femminili, matrimoni forzati e reati online come il rilascio in rete di materiale ‘intimo’ o il cyberflashing (ossia l’invio di immagini oscene a sconosciuti).

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