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Rinascita di un porto: intervista a Pino Musolino

Lo scheletro della nave che da anni domina uno spazio da 30mila metri quadrati del porto di Civitavecchia per il momento è ancora lì. Con due fallimenti di cantieri alle spalle, l’area ‘ex Privilege’ rappresenta bene le difficoltà del passato del porto laziale, ma anche il suo tentativo di ripartire, considerando che negli scorsi mesi è arrivata la concessione alla società Tankoa che qui dovrebbe costruire due super yacht da 70 metri.

Una ripartenza che passa proprio dalla capacità di lasciarsi alle spalle tanto le difficoltà ‘interne’ quanto quelle esterne. Pino Musolino è arrivato a Civitavecchia il 16 dicembre del 2020, nel pieno della seconda ondata pandemica. L’allora nuovo presidente dell’autorità portuale del Mar Tirreno centro settentrionale (e quindi dei porti di Civitavecchia, Gaeta, Fiumicino) si è ritrovato così a capo di un ente con oltre 10 mln di euro di disavanzo e sull’orlo del default. “Nessuna autorità portuale in Italia, dal 1994 a oggi, si è mai trovata in una situazione così critica”, dice Musolino. “Siamo riusciti nel corso di due anni a risollevare i numeri”. Il dato migliore è quello delle crociere, con Civitavecchia che ha superato i 3 milioni di viaggiatori. La città laziale, in questo, vale più di Genova e Napoli messe assieme. Il Lazio, considerati i suoi tre porti, supera la Liguria.

“Le crociere nel mondo sono ripartite il 31 gennaio 2021. Non da Miami, non da Fort Lauderdale, non da Shanghai, ma da Civitavecchia, che ha fatto scuola, creando delle buone pratiche che poi sono state adottate dagli altri grandi porti”, dice Musolino. Nel 2021, l’anno in cui le difficoltà economiche erano ancora tante, i passeggeri sono stati  520.000. “Il più alto numero gestiti da un porto crocieristico nel mondo quell’anno. Siamo riusciti a fare un lavoro importante con le compagnie”.

Insomma, nel 2021 – come certificato dalla Corte dei Conti – la situazione era “pesantemente compromessa. L’abbiamo ripresa per i capelli, come si fa nelle imprese, con un assessment chiaro della situazione. Abbiamo lavorato tanto, abbiamo preso decisioni al momento giusto e le abbiamo implementate. E poi le cose hanno cominciato a funzionare”, racconta il presidente.

Le difficoltà, con la guerra in Ucraina e poi in Medio Oriente, non sono finite. “In alcuni campi, come quello della diversificazione dei traffici e dello sviluppo più marcato del commerciale, nonostante ci siano segnali positivi, siamo pesantemente vincolati dalle contingenze esterne che effettivamente non hanno aiutato. Però i numeri sono in positivo”. Il porto di Civitavecchia, racconta Musolino, è riuscito a mettere giù più di 230 mln di euro di investimenti del Pnrr, con una parte significativa su sostenibilità e diversificazione energetica.

Ora l’obiettivo continua ad essere “la costruzione di un’immagine sana e positiva per avere maggiore appetibilità, maggiore mercato internazionale. Intanto gli investimenti ci permetteranno di espandere significativamente alcune aree. Abbiamo fatto partire il nuovo porto commerciale di Fiumicino, con oltre 50 mln di euro di investimento che permetterà di dare una sistemazione degna alla flotta peschereccia, la principale di tutta la Regione Lazio. Abbiamo completato il dragaggio a Gaeta, dando anche delle concessioni importanti”. Tra queste, anticipa Musolino, anche quella a Prysmian, il gigante italiano dei cavi in fibra ottica e per l’energia, che “utilizzerà Gaeta come il centro di stoccaggio e distribuzione per questi cavi all’interno del Mediterraneo”.

Nel piccolo comune laziale verranno quindi installati i ‘rotori’ per approvvigionare le navi posa cavi che porteranno Internet nel Mediterraneo dal porto di Gaeta. “A breve avremo anche l’onore di poter vedere nel nostro porto l’ultima nave posa cavi che sta facendo Fincantieri attraverso una sua controllata, Vard”.

Intanto, va affrontata la transizione: i porti devono trasformarsi da luoghi energivori a produttori di energia. “Abbiamo realizzato la comunità energetica portuale sei mesi prima che venisse approvata la legge nazionale” sulle comunità energetiche, dice Musolino. “Investire in rinnovabili sta diventando efficiente anche sotto il profilo economico”.

Che cosa rappresenta allora la decarbonizzazione per il settore, considerando che è un’industria difficilissima da ‘ripulire’ dalle sue emissioni? “Se la guardiamo solo dal punto di vista squisitamente ambientale, il problema è presto risolto. Togliamo tutto quello che crea inquinamento, torniamo alle caverne ed evitiamo le emissioni di gas climalteranti. Non è quella la risposta, perché noi dobbiamo avere anche una sostenibilità sociale. Non possiamo creare milioni di disoccupati. E non può esserci solo una politica assistenziale, serve una chiara strategia economica”.

Il percorso secondo Musolino, che è anche presidente dell’associazione dei porti mediterranei Medports, passerà dalla diminuzione dell’impronta inquinante “per piccoli decrementi marginali”, con gli interventi sulle rinnovabili ma anche sull’efficienza energetica.

Di sicuro, spiega, non c’è una ricetta unica applicabile per tutti. È più semplice decarbonizzare “la fornitura di energia in qualche porto del Baltico, dove ci sono solo traghetti”, che a Civitavecchia, “dove in un giorno standard di luglio, quando le crociere stanno spingendo, ci sono 13 navi contemporaneamente collegate, più altri quattro traghetti. Il minimo di energia da fornire a tutte queste navi è oltre 130 megawattora. Praticamente una centrale elettrica in piena funzione”.

La sostenibilità probabilmente è la sfida più grande, considerata la crisi climatica. Ma adesso ce n’è anche un’altra geopolitica, con quanto sta succedendo nel Mar Rosso. Qual è la situazione attuale? “Con Medports abbiamo un osservatorio ottimo, perché rappresenta 29 governi in oltre 200 porti su tutto il Mediterraneo. Ora parliamo di shock esogeni di breve periodo, più o meno facilmente assorbibili. Il timore principale che anch’io condivido è di una spinta inflattiva molto forte rispetto ai noli sull’allungamento delle rotte attorno al Capo di Buona Speranza. Per ora l’incremento sul costo dei noli di questa diversione non provocherà degli shock inflattivi importanti”.

In sostanza, bisogna capire quanto sarà lunga la crisi, spiega Musolino: “Se dura al massimo 60 giorni, shock particolari non ce ne saranno. Ma alla lunga si possono creare tensioni anche sulle filiere produttive, con il rallentamento dell’arrivo di materie prime e dell’export. Uno scenario terribile: inflazione e recessione insieme, cioè la stagflazione. E in un momento di grandissima tensione internazionale la Cina sta praticamente bloccandosi, con livelli di export ai minimi storici”.

La videointervista

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