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Quanto vale il brand Italia?

Quanto vale il marchio “Italia”? Nella classifica dei brand nazionali l’Italia è 9°. Una posizione importante (ci sono oltre 193 nazioni nel mondo). Il valore dell’Italia in termini di “marchio” non è una cosa da poco. Il valore di questa posizione si traduce in numerose industrie filiere che grazie a questa credibilità sono ben percepite sia in terra nazionale che all’estero. Pensiamo alla moda, design, turismo e ultimo ma non meno importante il cibo. 

Numeri e sogni: Il Made in Italy a tavola

Oltre un terzo della spesa turistica nell’estate 2023 è stato destinato alla tavola per un valore che supera i 15 miliardi di euro per consumare pasti in ristoranti pizzerie trattorie o agriturismi ma anche per cibo di strada o souvenir enogastronomici in mercati feste e sagre di Paese. Ai numeri legati al cibo consumato in Italia si aggiungono quelli dell’export dell’italian way of life che sono ancora più rilevanti.

“Il cibo made in Italy è un tema che traina i numeri sia dell’export che del turismo agroalimentare” spiega Andrea Pietrini di YOURgroup. “Nel 2023 l’export agroalimentare ha chiuso con circa 64 miliardi con una crescita del 6% rispetto all’anno prima. Per quello che osserviamo nelle nostre practice l’occidente europeo e americano sono i nostri mercati di maggior interesse.”

Numeri e visione confermata anche da Coldiretti: “Tra i principali paesi la crescita più netta per il made in Italy a tavola si segnala in Francia con un aumento del 135% delle esportazioni alimentari davanti alla Germania (+11,3%) che resta comunque il principale mercato di sbocco mentre cresce la Gran Bretagna (+11,2%) e preoccupa il calo del -25% negli Stati Uniti che sono il principale mercato di sbocco fuori dai confini comunitari secondo Coldiretti. Tra i prodotti il re dell’export anche se in leggera frenata si conferma il vino davanti – continua Coldiretti – a frutta e verdura fresca ma nel paniere del made in Italy all’estero recitano un ruolo importante anche pasta formaggi olio d’oliva e salumi”. Secondo Coldiretti. “Tra i prodotti il re dell’export anche se in leggera frenata si conferma il vino davanti a frutta e verdura fresca ma nel paniere del made in Italy all’estero recitano un ruolo importante anche pasta formaggi olio d’oliva e salumi”.

Il Soft Power del Made in Italy: percezione e impatto culturale

I numeri tuttavia dipingono solo un aspetto del made in Italy. Il brand di una nazione non si limita ai numeri ma richiede anche una visione più aulica. Quanto conta il soft power diciamo la percezione dell’Italia lo spiega Flavio Briatore fondatore di brand di ospitalità food & beverage come Crazy Pizza Billionaire e Twiga. “L’Italia è ricca di storia e cultura da quella artistica a quella enogastronomica ma a queste si aggiunge anche lo stile di vita italiano che è apprezzato in tutto il mondo e che ha fatto del nostro Paese un vero e proprio ‘Brand’.

All’estero c’è alto l’interesse da parte degli investitori che desiderano importare l’Italian dream nel loro paese. Questi elementi giocano un ruolo fondamentale nella volontà di investire soprattutto in settori come ospitalità e food & beverage dove il made in Italy spicca in quanto sinonimo di qualità di prodotto eccellenza nel servizio e autenticità dell’esperienza. Con Crazy Pizza ma anche con Billionaire e Twiga esportiamo l’italianità in un settore in continua crescita quello del luxury-dining che abbina ad un’esperienza gastronomica premium anche intrattenimento e divertimento.”

Visione simile arriva anche da Alvise Biffi, vice presidente di Assolombarda. “L’Italia da sempre ha una grande tradizione imprenditoriale ha dato vita a quello che da tutti viene ormai riconosciuto come un vero e proprio brand: mi riferisco al made in Italy. Un marchio che indica bellezza e qualità il brand “made in Italy” evoca l’Italian dream” un concetto che a mio avviso allude a due accezioni: da un lato il “sogno imprenditoriale” che diventa realtà grazie al coraggio di chi investe per perseguirlo dall’altro il desiderio di prendervi parte dell’utente finale affascinato da ciò che è bello e ben fatto.” Conferma Biffi.

Investire nel made in italy: opportunità e sfide

Investire in Italy o sull’Italia e il suo made in italy può essere sfidante. La complessità di numeri e investibilità italiana è tema caro a Biffi che mi spiega “sotto una certa soglia di investimento è molto difficile trovare investitori stranieri interessati. Le piccole e medie imprese tanto apprezzate e studiate a livello globale per la loro attenzione al prodotto hanno endemicamente risorse limitate da dedicare a ricerca e sviluppo a innovazione e formazione. Elementi che in un contesto globalizzato sono considerati cruciali da potenziali investitori e partner stranieri desiderosi di contribuire allo sviluppo di una idea geniale. Per questa ragione ritengo che le nostre PMI debbano concentrarsi sul consolidamento della propria attività: per continuare a farsi stimare a livello internazionale occorre sostanziare questo sogno esprimendo una strategia di business sostenibile capace di crescere oltre la soglia minima per attrarre interesse e capitali per generare maggiore produttività e redditività.” Conclude Biffi.  

Sul tema fusione e consolidamento anche Pietrini ha le idee chiare. “L’Italia è una nazione con tante piccole Pmi che hanno saputo nel tempo divenire campioni di intere filiere dalla produzione alla processazione delle materie prime”, conferma Pietrini. “Parlando di cibo a fronte di una produzione di materie prime alimentari modesta data la superficie valorizzabile siamo divenuti campioni nella elaborazione delle materie prime. Dal famoso pesto ligure da dove provengo al caffè napoletano o triestino. E che dire del cioccolato prodotto che non abbiamo ad oggi mai coltivato ma di cui siamo campioni. Penso ad una delle ultime operazioni che abbiamo seguito: Pernigotti – Walcor: due brand che ognuno a suo modo doveva comprendere come affrontare il mondo fuori. Abbiamo lavorato con loro per valorizzare le loro peculiarità e i numeri a progetto finito hanno attratto l’interesse di JPM Morgan che ha partecipato all’operazione per rendere queste due realtà una sola solida e pronta ad affrontare i mercati internazionali. Se una grande banca come JP Morgan si è mossa per sostenere due realtà famose in Italia ma sconosciute all’estero è indicativo di quanto il nostro mercato di produzione made in italy di qualità sia un fattore di attrazione di investitori esteri” conclude Pietrini.

Il Ruolo dell’Italia nel Mercato Globale: Qualità versus Quantità

Se il consolidamento o la verticalizzazione come nel caso Pernigotti-Walcor sono una via per far crescere il Made in Italy anche un percorso da indipendenti che investa sul brand raccogliendo consensi all’estero è un’opportunità. “Operando da sempre nel settore dell’hospitality di lusso in Italia e all’estero conosco bene il valore del made in italy e la percezione che all’estero hanno dell’italia” conferma Briatore. “il potenziale del “marchio Italia” è enorme, soprattutto nella moda, nel design, nel turismo e naturalmente nel food. Tuttavia essendo l’Italia un vero e proprio brand deve essere continuamente gestito, con investimenti mirati e avendo anche bene in mente cosa fanno i concorrenti. Non si può pensare di far arrivare turisti in Italia senza investire, senza proporre qualcosa di nuovo, di accogliente e con servizi moderni. Soprattutto se si vuole attrarre un turismo di lusso, con alta capacità di spesa.

La ricerca di format innovativi ci ha portato a creare Crazy Pizza, ovvero qualcosa di unico basato su ingredienti di qualità e gusto genuinamente italiano, un servizio di lusso sì ma al tempo stesso cordiale e rilassato. Ancora una volta però occorre sottolineare che per essere attrattivi a livello internazionale non è sufficiente fregiarsi di italianità: certamente ci cercano perché il nostro brand è italiano e riceviamo di continuo richieste di licensing, tuttavia i nostri partners prendono la decisione di investire nel nostro modello solo dopo aver visto la solidità e la qualità della nostra formula e dopo averne verificato la reale profittabilità.” Conclude Briatore

Il made in Italy non solo può essere un motore economico ma anche un veicolo di soft power globale. La sfida per le PMI italiane sta nel bilanciare la necessità di consolidamento interno con l’aspirazione a competere su scala globale valorizzando la propria unicità e l’eccellenza del made in Italy. In questo contesto emerge anche il potenziale dei fractional managers come risorsa strategica per guidare le aziende in questo percorso di crescita e internazionalizzazione.

@enricoverga 

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