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Veleni nell’aria, i danni e le strategie per contrastarli

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Milano terza città più inquinata del pianeta: la notizia, diffusa da IQAi, azienda svizzera che ha creato un software per monitorare l’aria nei centri urbani, a fine febbraio era rimbalzata in Rete ma era stata subito (e correttamente) smentita.

Quando infatti si parla di inquinamento atmosferico, dovuto alla presenza di biossido di zolfo, ossidi di azoto e biossido di azoto, particolato (PM 10 e PM 2.5), piombo, benzene, monossido di carbonio, ozono, arsenico, cadmio e nichel, spesso non si pensa che “per risolvere le problematiche legate alla air pollution in un’ottica One Health non basta guardare al dato singolo, ma occorre comprendere l’interazione complessa tra gli esseri umani, gli animali e l’ambiente, riconoscendo che le azioni volte a proteggere la salute di una specie possono avere benefici anche per le altre”, osserva Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) e professore di prevenzione ambientale all’Università Statale di Milano.

In effetti “l’aria inquinata può danneggiare gli ecosistemi e influenzare la biodiversità e questo può avere un impatto sugli animali selvatici, che a loro volta possono servire da indicatori ambientali, poiché le variazioni nel loro stato di salute spesso riflettono cambiamenti nell’ambiente circostante”, conferma Francesco Ferrini, professore ordinario di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze. “L’inquinamento dell’aria può anche modificare la qualità del suolo e dell’acqua, creando ulteriori rischi per la salute umana e animale attraverso l’accumulo di sostanze inquinanti nei sistemi alimentari”.

L’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) pubblica ogni anno un Rapporto sulla Qualità dell’Aria, che da ultimo ha confermato un trend di costante riduzione delle concentrazioni medie annuali di polveri sottili originate da fonti come il traffico veicolare, le attività industriali e il riscaldamento domestico. I livelli di PM 2.5, però, permangono al di sopra dei limiti sanitari stabiliti dall’Oms nel 2005 e nel 2021, e il Belpaese “resta ai vertici della classifica con ben 68.600 morti premature da PM 2.5, ossidi d’azoto e ozono nel 2020”, dice Prisco Piscitelli, medico epidemiologo e vicepresidente di Sima.

“L’Italia è prima anche per numero di anni di vita persi: ben 606.000, quantificabili in circa 61 miliardi di euro di costi sociali e sanitari nel solo anno 2020. Questo significa che ogni anno nel nostro Paese l’inquinamento dell’aria genera numeri da pandemia”.

Cosa fare? “Siamo fra i Paesi europei che devono compiere i più netti progressi per l’attuazione della Zero Pollution Strategy europea, che sottende la revisione delle Linee Guida per la Qualità dell’Aria presentate dalla Commissione Europea, il cui primo passo è stato compiuto a febbraio con l’approvazione degli obiettivi di riduzione dei livelli di polveri sottili al 2030, con deroga decennale per alcune regioni come la Lombardia, al fine di un accompagnamento verso una graduale ma costante riduzione, partendo da livelli più alti della media Ue”. Per correre ai ripari, è importante proseguire con la mobilità sostenibile, l’efficientamento energetico degli edifici e dei riscaldamenti domestici, ma ciascuno può fare tanto anche a livello individuale e di comunità: per esempio, affidandosi alle capacità disinquinanti delle piante.

Il Rapporto sulla qualità dell’aria diffuso dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) segnala che le maggiori concentrazioni di PM10 si osservano nella Pianura Padana – secondo l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, gli allevamenti intensivi concentrato in prevalenza in quest’area producono il 75% delle emissioni di ammoniaca in Italia, rappresentando la seconda fonte di polveri sottili dopo il riscaldamento – una zona dove il fenomeno è legato alla densità di popolazione e di attività industriali in un contesto orografico e meteorologico che favorisce l’accumulo di sostanze inquinanti. Sempre l’EEA fornisce anche le stime degli anni di vita persi dovuti a broncopneumopatie croniche ostruttive (Bpco) da esposizione a polveri sottili, e per il diabete in relazione ai biossidi d’azoto (quantificati complessivamente in 350.000 anni persi, con l’Italia tra i Paesi di testa), oltre che una valutazione del numero di ricoveri ospedalieri per patologie polmonari negli anziani conseguenti a livelli di ozono sopra la soglia di sicurezza sanitaria (circa 12.000 casi l’anno, con l’Italia al primo posto con 3.000 ricoveri evitabili).

Di fronte a questi dati, che evocano lo scenario di una vera e propria emergenza, occorre chiedersi in quale modo uomo e natura possano siglare una nuovo patto di alleanza per cercare di invertire la rotta. Già nel piccolo, e dunque nell’ambito domestico, ognuno può modificare il proprio stile di vita, provvedendo – per esempio – a una più regolare aerazione quotidiana in tutte le stagioni (anche in inverno), con frequente apertura delle finestre, oppure utilizzando depuratori e ionizzatori capaci di eliminare fino al 98% di sostanze patogene presenti nell’aria, quali polline e micro particolato, potenziale vettore di virus e batteri. 


Se lo sguardo si allarga, ancora una volta è l’ambiente naturale che ci ospita e ci circonda a fornirci le migliori soluzioni: “Le aree verdi svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento della salubrità dell’aria, specialmente nelle zone urbane, perché le piante contribuiscono alla depurazione dell’aria attraverso diversi meccanismi tra cui deposizione, dispersione e modificazione”, spiega Francesco Ferrini, ordinario di Arboricoltura generale coltivazioni arboree.

“Prima di tutto, le piante possono ridurre l’inquinamento dell’aria tramite la deposizione delle particelle in sospensione, processo che avviene quando gli inquinanti atmosferici si depositano sulla superficie delle foglie e dei rami e poi vengono lavate dalla pioggia o rimosse durante la pulizia della pianta stessa. In questo modo, i vegetali agiscono come un filtro naturale, catturando e rimuovendo gli inquinanti dall’aria circostante”.

E non è tutto: “Le piante favoriscono la dispersione degli inquinanti atmosferici perché, durante la fotosintesi, assorbono anidride carbonica dall’aria e rilasciano ossigeno, che può favorire la dispersione degli inquinanti, diluendoli e riducendo la loro concentrazione. Inoltre, alcune piante possono modificare i veleni atmosferici attraverso processi biochimici come la fitodepurazione: in pratica, ci sono specie vegetali che riescono ad assorbire metalli pesanti o composti organici nocivi attraverso le radici, li immagazzinano nei loro tessuti o li convertono in sostanze meno dannose”.

La mancanza di spazi verdi nelle città di certo aggrava il problema dell’inquinamento atmosferico, in particolare da polveri sottili, che possono avere gravi conseguenze sulla salute umana e favorire l’esordio o il peggioramento di malattie respiratorie, cardiovascolari e persino neurologiche. “Purtroppo la carenza di aree verdi caratterizza, con poche eccezioni, tutte le nostre città, e non a caso proprio in questi giorni la Commissione europea ha avviato una nuova procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto degli obblighi sulla qualità dell’aria, evidenziando l’inosservanza della sentenza della Corte di giustizia Ue emessa nel 2020”, fa notare Ferrini.

“Troppo spesso le iniziative di piantagione di alberi o la creazione di aree verdi sono trattate come interventi estemporanei, talvolta privi di senso e, soprattutto, denotanti la mancanza di una visione a lungo termine. Affrontare efficacemente il problema della air pollution richiede un approccio olistico che includa una pianificazione urbana strategica e sostenibile: questo potrebbe comprendere la creazione di parchi e giardini permanenti, la promozione di politiche di riduzione del traffico veicolare e delle emissioni industriali, e l’adozione di misure di efficientamento energetico per ridurre l’uso di combustibili fossili. È inoltre fondamentale coinvolgere attivamente la comunità locale nella pianificazione e nella gestione degli spazi verdi urbani, incoraggiando la partecipazione pubblica e sensibilizzando singoli e comunità sull’importanza di una buona qualità dell’aria per la salute e il benessere di tutti”.

Anche negli ambienti indoor l’inquinamento dell’aria può derivare da varie fonti, tra cui fumo di sigaretta, gas di combustione, prodotti chimici presenti in detergenti e materiali da costruzione, persino dagli arredi che rilasciano sostanze volatili. Per fortuna, anche negli spazi chiusi le piante risultano di grande aiuto: “I vegetali possono catturare e assorbire varie sostanze inquinanti presenti nell’aria domestica, come composti organici volatili (COV), formaldeide, benzene e xilene”, prosegue l’esperto, “perché le assorbono attraverso le foglie e le radici, contribuendo a ridurre la loro concentrazione negli ambienti chiusi”. Alcune piante, inoltre, rilasciano vapor d’acqua durante il processo di traspirazione, aumentando così l’umidità relativa dell’aria e migliorando il comfort respiratorio, mentre altre specie, soprattutto quelle dotate di foglie tomentose, e cioè con superficie pelosa, catturano le particelle di polvere impedendo loro di rimanere in sospensione nell’aria”.

Chlorophytum comosum (falangio, nastrino o clorofito), Epipremnum pinnatum (Pothos), Spathyphylum (giglio di pace), Sansevieria trifasciata var. Laurentii (lingua di suocera), Hedera helix (Edera), Dypsis lutescens (Areca), Aloe barbadensis mill (Aloe Vera) Rhapis excels (Rhapis), Ficus benjamina e le sue varietà sono fra le piante indicate come adatte per purificare l’atmosfera indoor. Tuttavia, “è bene ricordare che la capacità delle piante di depurare l’aria può variare in base alla specie vegetale, alle dimensioni alle condizioni ambientali; quindi, per massimizzare i benefici per la qualità dell’aria, è consigliabile scegliere diverse varietà di piante e posizionarle strategicamente in diverse stanze”, conclude Francesco Ferrini. In una casa-foresta anche i polmoni ringraziano.

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