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Le nuove frontiere della Creator Economy

“Il cambiamento dagli atomi ai bit è irrevocabile e inarrestabile”, lo afferma Nicholas Negroponte nel suo libro “Being Digital”. Sono passati 29 anni, ed ora il cambiamento del digitale non soltanto è inarrestabile ma è anche esponenziale. Non possiamo fermare l’evoluzione della tecnologia ed il suo integrarsi nell’industria, negli spazi di vita e di lavoro degli individui. Assistiamo alla moltiplicazione delle piattaforme digitali e dei social network che generano straordinarie connessioni, contribuendo all’affermazione di nuovi paradigmi del valore basati sulla rete, sullo scambio peer to peer e sul potere di influenza.

È un fenomeno globale, che in Italia coinvolge oltre il 70% della popolazione, ovvero 43 milioni di individui attivi sulle piattaforme di social network, secondo gli ultimi dati del report di We are Social. Le reti sociali digitali generano luoghi virtuali aperti alla creazione autonoma di contenuti che possono essere condivisi, modificati e commentati dagli utenti, alimentando la creator economy, ovvero un nuovo mercato costruito attorno agli oltre 200 milioni di content creator a livello mondiale, e che hanno generato un indotto stimato in 127,5 mld di dollari nel 2023, all’incirca il 4% del Pil della Gran Bretagna.

Si tratta di un valore che è destinato a crescere di pari passo con l’incremento del numero dei follower e dei creator: un social media user su cinque si considera un content creator o un influencer, e quasi un giovane appartenente alla Gen Z su tre a livello globale crea contenuti sulle piattaforme digitali.

La creator economy, attraverso la capacità dei content creator di amplificare la rilevanza e l’audience dei contenuti condivisi, crea straordinarie opportunità di business per le imprese, perché accresce l’efficacia delle attività promozionali e il valore percepito dei brand. La centralità strategica delle attività svolte in collaborazione con gli influencer è dimostrata anche dal valore del mercato globale dell’influencer marketing, che è più che triplicato dal 2019, superando i 21 miliardi di dollari nel 2023. Tuttavia, l’integrazione degli influencer nelle strategie di business può esporre le imprese a rischi reputazionali che sono legati alle associazioni che gli user creano tra la figura dell’influencer e l’attività delle imprese, e che hanno generato di recente fenomeni di “stigma” da parte della rete, spingendo numerosi brand a riconsiderare le proprie partnership con noti influencer.

L’emergere delle tecnologie digitali del web 3.0, e in particolare dell’intelligenza artificiale, apre nuovi scenari nella creator economy che sono legati alle nuove modalità di creazione dei contenuti generati attraverso modelli di AI generativa – come immagini, video e testi – ma anche alla nascita dei virtual influencer, ovvero avatar virtuali generati attraverso l’AI, come Lil Miquela, Imma e Rozy, capaci di attrarre l’attenzione di milioni di follower sui social network a livello  globale. Nel solo mercato degli Stati Uniti, recenti statistiche evidenziano che un consumatore su due segue i virtual influencer, e uno su quattro ha acquistato almeno un prodotto promosso da un virtual influencer. Inoltre, attraverso il metaverso si affermano nuovi luoghi di interazione sociale virtuale ove possono già essere sperimentate modalità nuove di creazione e fruizione dei contenuti.

La crescita del fenomeno degli AI-generated content, dei virtual influencer e lo sviluppo degli ambienti del metaverso fa emergere nuove sfide regolatorie che sono legate alla tutela dei consumatori, al controllo della veridicità dei contenuti e alla responsabilità del virtual influencer e degli avatars in presenza di violazioni delle norme sulla tutela della proprietà intellettuale o di comunicazioni fraudolente.

I Paesi europei si stanno muovendo per creare framework normativi che disciplinino l’attività degli influencer, accrescendo la tutela dei consumatori.  Ad esempio, il legislatore francese, con la legge sugli influencer approvata nel giugno 2023, ha regolato l’attività degli influencer in modo da vietare la pubblicizzazione di prodotti sensibili legati alla sfera della salute o della finanza. In Italia, l’Agcom ha di recente approvato linee guida volte a garantire il rispetto, da parte degli influencer, delle disposizioni del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, indicando che gli influencer che hanno attivi contratti commerciali con le imprese sono eguagliati ai fornitori di servizi di media audiovisivi. Da qui la responsabilità degli influencer di garantire il rispetto delle norme in materia di comunicazioni commerciali e di tutela del diritto di autore.

Tuttavia, mancano ancora regole specifiche che considerino le recenti evoluzioni tecnologiche in atto nella creator economy.  Infatti, l’evolvere del web verso nuove formule di relazione sociale in chiave 3.0, se da un lato permetterà di accrescere la creatività e la capacità di espressione e condivisione, dall’altro genererà ulteriori nodi forti nelle reti sociali digitali capaci di influenzare le scelte degli user e di essere amplificatori e distruttori di valore di mercato.

La sfida più grande sarà quella di creare un framework regolatorio che consenta un equilibrio di forze, per consentire da un lato alla creator economy di liberare il proprio potenziale di crescita, anche attraverso le tecnologie emergenti, e dall’altra di tutelare consumatori e imprese contro false rappresentazioni amplificate dal potere dei dati e degli algoritmi.

Occorrerà inoltre affiancare all’attività regolatoria anche politiche formative che siano volte a colmare il gap nelle competenze digitali che caratterizza il nostro Paese rispetto agli altri Stati europei, con l’obiettivo di creare una cultura nuova del dato e dei contenuti e favorire un uso più consapevole delle piattaforme digitali.

È dal rafforzamento della conoscenza del funzionamento della rete, dei suoi attori e dei suoi contenuti, che possiamo lavorare per potenziare il valore generato limitandone i rischi, a beneficio dell’economia e della società.

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