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UP Arena: Aiutare chi ci protegge

Up Arena è una piattaforma che i giovani potranno usare per esprimere le proprie opinioni, confrontarsi e contribuire al progresso della società. Il format prevede interviste doppie e discussioni approfondite. Abbiamo deciso di confrontarci su un tema molto dibattuto tra i giovani: il codice identificativo per le Forze dell’ordine.

 

Studenti che protestano e agenti di polizia: non è mai semplice discernere l’uso moderato o esagerato della forza nella gestione dell’ordine pubblico. Si discute di codici per identificare poliziotti in servizio. Ecco la domanda che abbiamo posto ai due giovani che leggete: sei favorevole o contrario al codice identificativo? 

 

Diritto alla sicurezza personale, diritto all’anonimato, diritto al lavoro e diritto alla privacy. Implementando il numero identificativo per le forze dell’ordine che ci tutelano, tali diritti verrebbero violati. Tengo a ricordare che gli stessi agenti che preservano la nostra sicurezza rischiano la vita per soli 1.300 euro al mese. Questo è quanto guadagna mediamente un membro delle forze dell’ordine in Italia. Molto spesso, sfortunatamente, ad alcuni schieramenti politici italiani fa piacere sfruttare certe situazioni per generare odio e divisione. È la vecchia regola del ‘Divide et impera’.

Riflettendo, sembra scontato come il numero identificativo per le Forze dell’ordine generi del disagio. Molto spesso si è talmente preoccupati del proprio benestare che ci si dimentica di quello altrui. Uno dei principali motivi per cui il numero identificativo non dovrebbe essere un’opzione è proprio per ‘aiutare chi ci aiuta’. Sorprende molto che non siamo tutti allineati sul pensiero di dover proteggere le Forze dell’ordine difendendole da eventuali persecuzioni.

È fondamentale riconoscere che, in un’epoca come la nostra, dove tutti hanno costantemente in mano un cellulare pronto a filmare quando fa più comodo, il numero identificativo potrebbe risultare un pericolo per gli agenti. È molto facile poter decontestualizzare un’azione compiuta da un poliziotto. È più semplice renderlo un demone, una figura ‘cattiva’ davanti a milioni di persone sui social media che non conoscono cosa sia effettivamente accaduto. Il numero identificativo rappresenterebbe un rischio per quelle minacce e quell’odio infondato rivolto ad agenti finiti in un video online, mentre svolgono e fanno semplicemente il proprio mestiere.

Viviamo in un mondo sempre più distorto, dove viene elogiato chi mette le piazze e le strade sottosopra e viene insultato chi prova a mantenerle in ordine. Pensiamo soltanto alla recente vicenda di ‘Fleximan’, responsabile di aver distrutto diversi autovelox in giro per l’Italia. Eppure ovunque sono spuntate celebrazioni sui social e sui muri.

Per questo, ora più che mai, è importante tutelare i diritti di chi per pochi soldi al mese decide di farci stare tranquilli. Colgo l’occasione per citare Giorgio Faletti, che in ‘Signor Tenente’ descriveva la situazione in maniera impeccabile: “E siamo qui con queste divise, che tante volte ci vanno strette, specie da quando sono derise […]. E siamo stanchi di sopportare quel che succede in questo Paese, dove ci tocca farci ammazzare per poco più d’un milione di lire al mese”.

*Valerio Pasetto, 20 anni, nato a Roma, è uno studente al secondo anno di Economia e Management alla LUISS Guido Carli. È appassionato di politica e temi riguardanti l’attualità che lo hanno portato a scrivere online e condurre ricerche con Osservatorio Roma.

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