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Export, la ricetta per le pmi tra innovazione e competenze. L’evento al Mimit

Favorire l’innovazione e l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, consolidando così la competitività globale del Made in Italy. Sono le motivazioni dietro la seconda edizione della premiazione ‘Leader del Made in Italy’, organizzata da M.Ro – Italian Delegation Made in Italy, in collaborazione con Fortune Italia e con il patrocinio dei ministeri delle Imprese e del Made in Italy e degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Ad anticipare il premio – la cerimonia ha avuto luogo a Palazzo Piacentini, la sede del Mimit – il dibattito ‘Il Made in Italy che vorrei’. E tutti i partecipanti concordano: il Made in Italy nell’era digitale deve essere fondato su innovazione e competenze.

Made in Italy, i numeri dell’export

Quando si parla di Made in Italy, l’associazione con cibo, motori e moda è spontanea e immediata. Ma oltre ai comparti tradizionali, l’eccellenza italiana va sempre più consolidandosi anche in altri settori, come la “space economy, la farmaceutica o la cantieristica navale. L’export italiano è in grande crescita: se dieci anni esportavamo beni per circa 450 miliardi di euro, l’anno scorso abbiamo raggiunto i 635 miliardi”, sottolinea Federico Eichberg, capo di Gabinetto del ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Valorizzare oggi le produzioni italiane sul mercato internazionale vuol dire inevitabilmente “favorire la digitalizzazione delle imprese. Oggi l’internazionalizzazione del Made in Italy è strettamente legata alla transizione digitale, grazie alla quale le aziende possono raggiungere mercati globali in modo più efficace, tramite e-commerce, piattaforme social e di marketing per promuovere i loro prodotti”, spiega Romina Nicoletti, Fitce country chair ambassador e presidente di M.Ro – Italian Delegation Made in Italy.

Un marketplace europeo

È infatti ormai fuor di dubbio che, senza una forte presenza digitale, le imprese italiane rischiano di perdere opportunità di crescita sul mercato globale. “È arrivato il momento – prosegue Nicoletti – che l’Italia e l’Europa affrontino la questione dello sviluppo di un marketplace digitale condiviso come alternativa ad Amazon. Un marketplace tutto europeo garantirebbe maggiore tutela dei dati, governance trasparente e diversità di prodotti”. 

A incontrare maggiori difficoltà nel processo di internazionalizzazione sono le piccole e medie imprese, a cui spesso “mancano le competenze tecnologiche di base. Ci sono molti sistemi per contribuire a internazionalizzare le imprese, come i pagamenti elettronici, ad esempio. Non è un caso che molti attacchi informatici riguardino proprio le pmi. Senza conoscenze di base, crescono i costi e i rischi nell’approcciare il mercato”, analizza Maurizio Pimpinella, presidente della Fondazione Italian Digital Hub, durante il panel organizzato al Mimit.

 

Le figure mitologiche delle aziende

Alle aziende italiane spesso mancano le conoscenze necessarie per ottenere buoni risultati finanziari”, precisa invece Giordano Guerrieri, Ceo di Finera e autore del libro ‘L’era Pnrr. Far prosperare le imprese nell’epoca delle opportunità finanziarie’, in cui chiarisce in modo pratico come accedere ai fondi e impiegarli al meglio, valorizzando le enormi opportunità offerte dal Pnrr. “Molti imprenditori italiani si affidano ciecamente a due figure mitologiche, il commercialista e il direttore di banca, che non sempre riescono a supportare le aziende in tutte le loro necessità. Il Pnrr è una dotazione straordinaria, a cui accederanno però soltanto 145mila aziende: un numero molto basso che si spiega con la difficoltà nell’accedere alle informazioni”. 

Rappresenta un caso virtuoso di gestione dei fondi del Pnrr quello di Simest, che si occupa dell’internazionalizzazione delle imprese italiane. “Siamo stati i primi gestori dei fondi del Pnrr – ricorda Francesca Alicata, responsabile relazioni esterne di Simest – Il nostro è stato un successo: disponevamo di 1,5 miliardi di euro e siamo riusciti ad allocare 2,1 mld, più della dotazione iniziale. Le aziende sono andate in difficoltà quando hanno dovuto produrre le certificazioni richieste dall’Ue. A quel punto ci siamo messi a disposizione per trovare delle soluzioni che le facilitassero”.

Cosa manca al Made in Italy: le competenze

Un tasto dolente quando si parla di lavoro e imprese nel nostro Paese è quello del cosiddetto skill mismatch, la crescente difficoltà da parte delle aziende nel trovare profili che siano in possesso delle competenze specialistiche e tecniche richieste. “In Italia, su due inserzioni di lavoro, una rimane scoperta. Dobbiamo lavorare molto sulla formazione e sulle politiche attive del lavoro. Sulla formazione tecnica stiamo facendo cose importanti con gli ITS, scuole di alta specializzazione tecnologica, che portano i tecnici a entrare con facilità sul mercato del lavoro: l’85% trova un’occupazione nel settore in cui si è formato”, evidenzia Giuseppe Biazzo, vicepresidente Unindustria con delega al capitale umano. 

Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Vincenzo Di Nicola, co-founder di Conio, startup che si occupa della gestione di cryptovalute e asset digitali. “Dobbiamo ridurre il gap informatico formando persone altamente qualificate. Gli ITS sono fondamentali per vincere questa sfida. L’informatica è democratica perché è accessibile a tutti, dobbiamo puntarci sempre di più”. 

Le occasioni a disposizione delle imprese: il Fitce

Durante l’evento c’è stato spazio anche per la proiezione del video che ha riassunto i momenti salienti del Fitce 2023, il Florida international trade and cultural expo. Sono tante le storie di successo legate alla fiera. Il Ceo di Tornado Yacht Daniele Parisi, ad esempio, ha presentato in anteprima mondiale il nuovo modello Tornado 43 walk around durante l’ultima edizione dell’evento di Fort Lauderdale. 

Al Fitce 2024 – che anche quest’anno prevedrà l’allestimento dell’Italian Delegation Made in Italy Pavillon – parteciperanno la Regione Lazio (ne ha parlato durante l’evento Flavio Cera, consigliere regionale) e Mattia Pompei, amministratore unico di Curator System, startup innovativa di software che utilizzano l’AI per gestire in modo efficiente la risorsa idrica, individuando eventuali perdite e riducendo gli sprechi, ha spiegato Pompei.

Perché la Florida? Il caso di Miramar

La seconda parte dell’incontro ospitato dal Mimit è stata inaugurata da un talk fra il sindaco di Miramar Wayne Messam e il giornalista di Fortune Italia Alessandro Pulcini. Centro abitato situato al Nord di Miami, Miramar appartiene alla Contea di Broward, la più ricca contea per metro quadro della Florida. Il sindaco ha esposto le condizioni favorevoli per le imprese che dovessero essere interessate a fare business a Miramar: età media bassa, in un’area ad alto reddito che costituisce un centro nevralgico dal punto di vista geografico e infrastrutturale. 

I Leader del Made in Italy

In chiusura dell’evento la cerimonia di premiazione di ‘Leader del Made in Italy’. Tre i premi consegnati dalla vice capo di Gabinetto Elena Lorenzini. A Paola Artioli, Cavaliere del Lavoro e presidente del Gruppo Asonext, è andato il premio per ‘Sostenibilità e Made in Italy’, per la dedizione nel perseguire sostenibilità ed eccellenza nel settore siderurgico. 

Raffaele Abbenante, presidente della catena Lynora’s, radicata in Florida da mezzo secolo, è stato invece insignito del premio per il ‘Miglior Made in Italy all’estero’. Originari dell’isola di Ponza, Raffaele e la sua famiglia hanno saputo portare la tradizione culinaria italiana nelle sei sedi della catena nella Contea di Palm Beach.

Infine a Paola Isaac Baraya, specialista dello sviluppo economico e delle piccole imprese della Contea di Broward, in Florida, è stato assegnato il premio ‘Leader nel Made in Italy’, per l’impegno profuso nel promuovere l’export italiano in qualità di direttrice del Fitce.

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