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Fattore S: la sostenibilità sociale di Q8

Il cliente prende il cellulare e prenota la sua pompa di benzina. Paga, sempre da cellulare, e fa rifornimento. Il sensore del serbatoio della stazione di servizio, arrivato al minimo, manda un segnale alla rete Q8 e viene ordinato altro carburante. Arriva l’autobotte, e il trasportatore mette in stand by il punto vendita, scarica il carburante e riattiva l’impianto da solo. Da tempo Q8 ha iniziato ad automatizzare le sue stazioni di servizio, una rete che in totale conta quasi 3.000 impianti e che con le altre attività (servizi per aeroporti e porti, lubrificanti, raffinazione) vale circa 16 mld di euro di fatturato in Italia. Ma mentre automatizza i suoi punti vendita, l’azienda continua a investire sulle persone. Il settore dei carburanti, alle prese con la transizione energetica oltre che con quella digitale, è molto competitivo, spiega Fortunato Costantino, direttore Human resources, legal & corporate affairs della filiale italiana della multinazionale Kuwaita. “Abbiamo livelli molto alti di retention: siamo una delle aziende del settore con il turnover più contenuto. Insomma, riusciamo ad attrarre e a trattenere le persone”.

Il manager ne parla nel suo ufficio al sesto piano della sede romana di Q8, all’Eur, con vista sulla basilica dei Santi Pietro e Paolo. Qui ci sono colonnine di ricarica per veicoli elettrici nel parcheggio, schermi su cui vengono proiettati i podcast prodotti dall’azienda, una prayer room per i collaboratori di fede musulmana a concretizzare il concetto di inclusione. Ai dipendenti la sede piace, che siano matricole o veterani. Ma i motivi per cui sembrano essere contenti sono altri.

Jason Raimondi, in azienda da un anno dopo una carriera decennale nel mondo della moda, è stato chiamato per aiutare a costruire la rete di negozi Svolta che il Gruppo sta creando nelle sue stazioni di rifornimento (uno shop si trova nel palazzo di viale Oceano Indiano, regolarmente usato dai dipendenti anche per i regali dell’ultimo minuto); un lancio commerciale non semplice, affidato agli operatori delle pompe di benzina, agevolato dal fatto che Q8 ha la gestione diretta della maggior parte delle sue stazioni.

Il passaggio dalla moda all’energia non è facile, ma il salto per Raimondi è coinciso con la sua prima impressione positiva dell’azienda. “La chiave vera sono state le persone che mi hanno portato a passare ore sugli impianti per capire come funzionano”. Raimondi è rimasto anche stupito dagli ex dipendenti, andati in pensione, che continuano a rimanere legati all’azienda e a partecipare alle attività collettive. L’idea dietro il Club Q8 per i dipendenti, o le iniziative di volontariato da effettuare in orario lavorativo, è quella di poter creare qualcosa anche al di fuori della classica giornata lavorativa. Vincenzo Olia, in azienda da 9 anni, per Q8 si occupa del pricing (fondamentale, per chi vende carburanti). Rientrato da pochi anni dopo un periodo lontano dalla sede romana, dice di aver trovato un’azienda che “cerca di mettersi in gioco, di voler cambiare approccio anche con i dipendenti, puntando di più sull’empatia”.

Quell’approccio la filiale italiana di Q8 lo trascrive sui suoi bilanci di sostenibilità (l’ultimo dei quali, spiegano, è ora in lavorazione) presentati in assenza di obbligo di legge e certificati da un ente indipendente. La filiale italiana punta alle emissioni nette zero Scope 1 e 2 entro il 2035. Su quelle Scope 3 (le emissioni indirette legate alla catena del valore del prodotto, da chi lo fornisce al suo utilizzo) la multinazionale ha aderito alla piattaforma Open-es per misurare le performance di sostenibilità dei fornitori.

Sulla sostenibilità l’idea è chiara (e ricorrente, nell’industria dell’energia): oltre a biocarburanti e rinnovabili, bisogna puntare anche alla sostenibilità sociale. “Se privilegiassimo solo l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili ci sarebbe una limitazione della libertà di circolazione” di chi un mezzo elettrico non può permetterselo, o non ha un’infrastruttura di ricarica a disposizione, dice Costantino. “Si deve investire tanto sulla ricerca, ma rispettando un principio per noi fondamentale: la neutralità tecnologica. Prevediamo uno scenario futuro energetico caratterizzato da una diversificazione di fonti a basso impatto carbonico, in cui ogni tecnologia avrà pari opportunità per apportare il proprio contributo, comprese le fonti fossili di cui sarà garantita anche la sostenibilità ambientale”.

Anche Elena Scuncio ha un profilo inusuale per il settore: è arrivata in azienda 5 anni fa da ingegnere biomedico. Il filo conduttore è stata l’analisi dei dati: prima quelli relativi alle cellule, oggi quelli del venduto. “La cosa più bella è il senso di comunità. I rapporti che si creano vanno al di là delle otto ore lavorative”. Il suo percorso Scuncio lo ha raccontato anche durante gli eventi interni dell’azienda, dove intervengono anche diversi speaker esterni. In sede c’è anche una mini-arena (con un mega-schermo) per le riunioni e i corsi di formazione e gli eventi più importanti. L’argomento, in quel caso, era quello del percorso delle donne nel campo scientifico e tecnologico. I numeri, a livello nazionale, raccontano un gap di genere perenne, “ma io non ho mai avuto la sensazione di essere lasciata indietro, non mi sono mai sentita limitata, e anche in quell’occasione ho potuto raccontare la mia storia”, dice Scuncio.

Le donne in Q8 (che in Italia ha 712 dipendenti) sono il 12% in più rispetto alla media del settore. E, racconta Costantino, in azienda non esiste un gender pay gap. “Presto implementeremo delle certificazioni sulla parità retributiva”. Dopo un anno alla guida dell’Hr, Costantino dice di aver imparato “che ogni persona rappresenta una dimensione unica alla quale bisogna approcciarsi con rispetto, umiltà e serietà di intenti”. Per questo serve una “leadership autentica centrata sull’empatia e sulla capacità di ascolto”, che Q8 mette in pratica con colloqui diretti e survey, da cui nascono anche iniziative nuove: “Grazie ai sondaggi aziendali abbiamo rafforzato le iniziative di welfare sui caregiver. Abbiamo scoperto che sono moltissimi i colleghi che avevano necessità di questo tipo”. In generale, “i lavoratori sono sempre più attratti da lavori che considerano stimolanti”. Un approccio “empatico” allora è una questione di business. “Contribuisce a rafforzare le leve di attrazione e ritenzione dei talenti”. Capire l’importanza del ‘fattore S’, della sostenibilità sociale parte degli obiettivi Esg, è anche una questione di competitività.

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