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Fare il vino nelle botti di terracotta: storia di una cantina israeliana

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«Ho lasciato la vita che avevo, il lavoro, per dedicarmi alla produzione di vino: questo premio è la prova che quello che faccio ha un valore». A dirlo è Lina Slutskin, proprietaria dell’azienda vinicola ‘Kadma’, nel Moshav Kfar Uriah, a metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv. Il premio a cui si riferisce è una medaglia d’oro assegnata in Campidoglio ai vini israeliani delle valli bibliche dal ‘Concorso Enologico Internazionale Città del Vino’, quest’anno alla sua XXII edizione. 

«Ho avviato questo progetto nel 2010 – racconta Slutskin – recuperando alcune proprietà della mia famiglia, che erano praticamente abbandonate: lavoravo in una grossa azienda, ero lì da vent’anni, e ritornare alle cose semplici della vita per me è stato emozionante». La cantina è stata fondata dopo un’attenta ricerca su numerosi siti di produzione nel mondo, in collaborazione con il professor Amos Hadas, autore di “Vite e vino nell’archeologia dell’antico Israele” e dietro consulenza del dottor Arkadi Papikian, tra i migliori produttori di vino del Paese. Il vigneto cresce su roccia calcarea, sulla sponda meridionale del fiume Nahal Harel.

Lina Slutskin, proprietaria della cantina ‘Kadma’

«Dietro il nostro vino – sottolinea la proprietaria – ci sono anni di studio: le tecniche di produzione che usiamo sono molto antiche, specialmente quella di fermentazione». Ed è proprio in questa fase che le origini georgiane di Lina – che vive in Israele ormai dal 1972 – diventano una fonte d’ispirazione per l’attività che svolge, conferendo originalità al suo vino. «La nostra azienda si distingue, in particolare, per la fermentazione in grandi botti di terracotta provenienti dalla Georgia». Si tratta di botti prodotte da artigiani custodi di una tradizione plurimillenaria, che regalano sapori e aromi unici ai prodotti della cantina.

Il vino premiato, ottenuto al 100% da uve Petit Verdot dei monti della Giudea, è invece caratterizzato da una fermentazione lenta e fredda per 4 mesi e da un invecchiamento in botti di rovere francese per 14 mesi. Dal 2020 i vini giudaici hanno ottenuto la denominazione d’origine, ma la regione è celebrata per la coltivazione dell’uva sin dall’antichità. Stando alle testimonianze storiche e archeologiche, le prime attività vitivinicole risalgono al tardo Neolitico e ci sono riferimenti frequenti alla viticoltura dell’area anche nella Bibbia. Da poco è infatti in cantiere il progetto ‘Wines of the Bible’, un percorso enograstronomico promosso da ‘Iter Vitis’, l’itinerario del Consiglio d’Europa . Il progetto di Lina Slutskin, dunque, cerca di mantenere viva, nel presente, una tradizione antichissima. «Non so cosa vorranno fare i miei figli con l’azienda, sono liberi, ma spero che vadano avanti». 

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