La generosità si manifesta in molte forme e come tutte le cose evolve rispecchiando i tempi in cui vive. E così nel 2024 il donation based crowdfunding, una modalità di finanziamento collettivo di recente attuazione che su Internet dà la possibilità di sostenere una causa senza scopo di lucro, ha aiutato il 23% delle persone che navigano in rete a fare beneficenza.
Un record secondo Bva Doxa che, in collaborazione con PayPal e Fondazione Rete del Dono, ha iniziato a fare rilevazioni sul comparto più di 10 anni fa, nel 2014.
La sua scelta, nel nostro Paese, pur non essendo ancora la primaria forma di donazione, sta diventando sempre più apprezzata. Nonostante, infatti, sia il crowdfunding visto come mezzo attraverso il quale startup e imprese riescono a finanziare progetti, il più conosciuto in Italia, anche questa branca rivolta al sociale sta prendendo piede rapidamente.
La donazione diretta, rende noto il report “Donare 3.0“, di contro, pur rimanendo ancora la forma prediletta con cui gli italiani fanno del bene al prossimo, scende al 58%, sottolineando un progressivo ma costante rallentamento della modalità oltre al fatto che il valore è il peggiore da 11 anni a questa parte.
Le motivazioni sono molteplici. Il donation crowdfunding ha un funzionamento semplice e a portata di tutti. Attraverso una piattaforma online persone fisiche o aziende, in qualsiasi luogo si trovino e a qualsiasi ora del giorno, possono scegliere l’iniziativa che preferiscono tra quelle proposte da privati, Ong, Onlus o Enti del terzo settore e devolvere il proprio contributo economico.
Un assist importante, secondo la società d’analisi, è arrivato dall’avvento dei pagamenti digitali e dalla loro semplicità di utilizzo che rende celere ma anche sicuro fare del bene in rete.
Ad oggi, per di più, il 66% degli intervistati effettua il pagamento della donazione direttamente dal proprio smartphone o tablet. I vantaggi sono moltissimi anche a livello sociale, svetta fra tutti l’occasione di incrementare la cultura del dono creando comunità anche tra persone che probabilmente attraverso canali tradizionali non parteciperebbero all’iniziativa o tra generazioni apparentemente distanti tra loro. La possibilità di poter raggiungere l’obiettivo benefico grazie alla mobilitazione collettiva, di conseguenza, amplifica la partecipazione. Secondo l’analisi, gli atti di beneficenza arriverebbero infatti trasversalmente con una propensione maggiore da parte delle persone appartenenti alla fascia dei Millennials e della Gen X.
Tra gli intervistati totali, il 57% sceglie di donare somme sotto i 50 euro, mentre il 31% entro i 200 euro, in linea con quanto registrato lo scorso anno.
La causa principale a cui si indirizzano le donazioni rimane quella di salute e ricerca, scelta dal 51% degli intervistati, e la tutela dell’ambiente, prediletta dal 28%. Cresce la categoria dell’istruzione e della formazione, che arriva a toccare il 15%, tre punti percentuali in più rispetto al 2023, mentre cala quella legata alle emergenze e alla protezione civile (21%), riflesso dell’epoca post Covid.
Importante nella selezione rimane, primo fra tutti, l’obiettivo della causa, seguito dalla vicinanza territoriale e la fiducia riposta nell’organizzazione. La quasi totalità delle persone ha donato ad associazioni italiane mentre il 7% dei soggetti, principalmente appartenenti alla GenZ, hanno optato per realtà estere.
“Il donation based crowdfunding – ci spiega la Professoressa Giuliana Baldassarre, docente di management del non profit all’Università Bocconi di Milano – è un mondo in crescita nel nostro Paese ma serve migliorare ancora la cultura a cui è legato. Rispetto al contesto internazionale, nonostante i pionieri siano stati gli inglesi e le attività più forti si riscontrino in Francia, non mi sento di dire che siamo posizionati male ma ci sono dei fattori che ci differenziano rispetto alle realtà internazionali. Il primo riflette la nostra cultura filantropica, da noi condizionata principalmente da quella cattolica che comporta una propensione importante della donazione, mentre il secondo fattore rispecchia l’età media della popolazione italiana, sicuramente molto matura se paragonata a quella di altri Stati, e questo rende meno immediata l’attitudine a donare su piattaforma. Il terzo elemento, infine, deriva dal fatto che abbiamo avuto un welfare molto forte in passato e molto spesso questo crea dei limiti nelle donazioni verso opere pubbliche.”