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Nicola Dell’Arciprete (Unicef): “in Italia il tasso di povertà infantile è sopra la media europea”

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Intervista a Nicola Dell’Arciprete, coordinatore in Italia dell’Ufficio UNICEF per l’Europa e l’Asia Centrale

Più che una crisi per un fondo delle Nazioni Unite, i tagli rappresentano una crisi per l’infanzia”. Nicola Dell’Arciprete, coordinatore in Italia dell’Ufficio UNICEF per l’Europa e l’Asia Centrale, commenta così le recenti decisioni del presidente Usa Donald Trump sui fondi UsAid destinati agli aiuti umanitari. E sul nostro Paese aggiunge: “L’Italia registra un tasso di povertà infantile che è ancora sopra la media Ue”.

Qual è la missione UNICEF nel nostro Paese?

UNICEF è presente in Italia da molto tempo. Dal 1974 principalmente con il Comitato italiano per l’UNICEF con due finalità: da un lato raccogliere fondi per sostenere i programmi in tutto il mondo e dall’altro sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sul tema dei diritti dell’infanzia. A partire da novembre 2016 però, a seguito della crisi legata agli arrivi di minorenni migranti e rifugiati in Italia  – soprattutto lungo la rotta del Mediterraneo centrale è tornato nel nostro Paese anche con un programma operativo per la prima volta dal secondo dopoguerra.

Di cosa si tratta?

Il programma supporta le autorità soprattutto sul tema della protezione, ma anche dell’inclusione sociale, dei minorenni rifugiati e migranti in Italia.

Sono stato da poco a Lampedusa, dove nel corso dell’ultimo anno gli arrivi sono calati, e quello che ho visto è stato innanzitutto un hotspot gestito in maniera molto ordinata e ben coordinata dalla Croce Rossa italiana. Sono stati fatti degli sforzi importanti per garantire condizioni il più dignitose possibili mentre nel corso della mia prima visita, due anni fa, la situazione era molto più sfidante.

Restano però delle questioni aperte rispetto al tema dell’accoglienza delle persone di minore età. Si dovrebbe investire di più per aumentare la capacità del sistema e garantire un accesso innanzitutto all’istruzione, per l’apprendimento dell’italiano, ma anche alle cure mediche e a tutto quello di cui qualsiasi bambino o adolescente ha bisogno. Speriamo che si possano fare passi avanti anche grazie all’attuazione in Italia del Nuovo Patto europeo sulla migrazione e l’asilo.

E nel contesto italiano? Quali sono le principali vulnerabilità di bambini e adolescenti?

Nonostante l’Italia vanti uno dei Pil più alti d’Europa, il nostro Paese registra un tasso di povertà infantile che è tra i più elevati rispetto alla media europea. Le sfide sociali sono molteplici: dall’abbandono scolastico all’alta percentuale di giovani Neet; dalla disparità nell’accesso ai servizi essenziali alla difficoltà di inclusione e protezione per le famiglie più fragili. E poi ci sono i fenomeni di discriminazione e la violenza di genere.

E cosa fa l’UNICEF per rispondere a questi bisogni?

Innanzitutto, forniamo supporto tecnico ed expertise al Governo italiano per l’attuazione del Piano di Azione Nazionale della Garanzia Infanzia.

E poi ci sono i programmi per il contrasto a povertà e discriminazioni, per lo sviluppo di competenze trasversali e per la partecipazione attiva. UNICEF sostiene le autorità locali nella lotta all’esclusione sociale, un rischio che è più elevato nelle regioni del Sud Italia e nelle periferie di alcune città del Nord. È importante che tutti questi impegni si traducano comunque in accesso effettivo ai servizi e in risposte concrete per le categorie più vulnerabili.

Ad esempio?

Pensiamo al tema della salute mentale, spesso fortemente correlato a quello dell’esclusione sociale e della povertà.

Da un punto di vista clinico-medico in Italia ci sono delle eccellenze, ma l’integrazione tra servizi è purtroppo a volte carente. Spesso ci sono situazioni problematiche che vengono alla luce troppo tardi e con gli adolescenti il rischio è quello di creare danni irreparabili. Coinvolgendo scuole e servizi sociali, UNICEF crea una rete tra i vari operatori in modo da prevenire i momenti di disagio e affrontarli in modo appropriato.

Invece in tema di parità di genere quali sono le azioni messe in campo?

Abbiamo un programma specifico dedicato a ragazze e donne rifugiate e migranti, perché sappiamo che molte di coloro che arrivano in Italia sono sopravvissute a violenza di genere. O comunque rimangono a rischio. Stiamo quindi supportando delle iniziative a livello locale in alcune città italiane, dove abbiamo collaborato alla creazione di spazi sicuri che permettano a queste donne di avere un luogo in cui confrontarsi. Inoltre, in questo modo, si garantisce loro anche un primissimo accesso al supporto psicosociale, necessario a superare i traumi legati alle esperienze vissute.

Che effetti avranno per voi i tagli di Trump ai fondi UsAid?

Il Governo degli Stati Uniti è il principale partner umanitario di UNICEF. Più che una crisi per un fondo delle Nazioni Unite, questi tagli rappresentano quindi una crisi per l’infanzia: ci sarà un impatto diretto su moltissime bambine e bambini di tutto il mondo.

I nostri programmi permettono a chi vive in situazioni difficili – come il recente terremoto in Myanmar o i conflitti in corso ancora oggi in Ucraina, a Gaza e nel Sudan – di ricevere acqua e cibo, di non essere reclutati da bande armate come accade ad Haiti o di non diventare bambini soldato.

Per noi avere meno risorse significa poter fare meno vaccinazioni, inviare meno alimenti salvavita e avere meno mezzi per garantire l’accesso all’acqua potabile. Al momento stiamo valutando le conseguenze degli ordini di sospensione, ma sappiamo già che saranno pesanti. Sull’Italia non abbiamo ancora stime precise e contiamo molto sul supporto dei donatori privati.

Qual è l’episodio che l’ha segnata di più nel corso della sua carriera?

Non dimenticherò mai quello che ho visto nel Corno d’Africa durante un periodo di siccità. Avevo avuto l’opportunità di incontrare delle comunità che ormai da diversi mesi fronteggiavano una carenza d’acqua pesantissima. Ricordo che UNICEF era presente lì con un programma di supporto alla nutrizione dei bambini più piccoli. C’erano due villaggi che si trovavano a pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro.

Nel primo, grazie agli aiuti, la comunità si era organizzata per garantire che nella scuola locale ci fosse l’accesso ad un pozzo d’acqua: questo consentiva anche la presenza di un orto comunitario e quindi una certa stabilità sociale.

Nel secondo, invece, per via della carenza di fondi non si era potuto fare lo stesso, con conseguenze gravi sulla malnutrizione di bambine e bambini. Insomma, la siccità era la stessa ma la risposta no. Lì ho capito l’impatto reale di quello che si fa sul terreno.

Gli interventi di UNICEF in Italia

Solo nel 2024 UNICEF  ha raggiunto nel nostro Paese 120mila persone grazie a iniziative – frontali e online – di coinvolgimento per il cambiamento sociale e comportamentale. E 920 studenti in situazioni di svantaggio. Ecco alcuni dei suoi interventi:

UPSHIFT

È un programma nato per facilitare l’orientamento, la cittadinanza attiva e l’inclusione sociale di studenti svantaggiati, inclusi quelli con background migratorio.

È attivo in scuole secondarie di primo e secondo grado e vi collaborano il ministero dell’Istruzione e del Merito e gli uffici scolastici regionali.

Lo scopo è quello di coinvolgere ragazzi e ragazze in percorsi laboratoriali in cui si analizzano sfide sociali concrete e si elaborano soluzioni innovative sotto forma di prodotti o servizi. Il tutto grazie alla formazione dei docenti e al coinvolgimento di giovani mentori provenienti dal mondo aziendale.

Campagna OPS!

È un progetto per il contrasto di pregiudizi e discriminazioni legate a razzismo, sessismo, orientamento sessuale o abilismo.

Negli anni si è arricchito con l’attuazione di percorsi educativi rivolti ai giovani attivisti, con la OPS! Academy che ha formato circa 200 persone. Esiste poi anche un’app che porta il nome del progetto e che è stata utilizzata in un anno da quasi 40mila persone, di cui la stragrande maggioranza adolescenti e giovani fino a 24 anni.

Così lontani, così vicini

Si tratta di un’indagine condotta dall’UNICEF lo scorso anno per analizzare la percezione che adolescenti e giovani italiani hanno dei loro coetanei con background migratorio.

Ha coinvolto 1.000 ragazzi tra i 15 e i 24 anni. Tra i risultati è emerso che quasi 1 giovane su 2 ha subito direttamente un atto discriminatorio e, al contrario, solamente il 7% del campione riporta di non aver mai subito né assistito a nessuno di questi atti.

Youth Advisory Board (YAB)

Tra le forme del sostegno dell’UNICEF alla partecipazione attiva c’è lo YAB. Si tratta di un un organo consultivo composto da ragazze e ragazzi tra i 14 e 21 anni che partecipano all’implementazione e al monitoraggio del Piano di Azione Nazionale della Garanzia Infanzia.

Fanno parte del gruppo giovani provenienti dalle categorie a più alto rischio di povertà minorile ed esclusione sociale, che nel 2024 hanno preso parte a incontri istituzionali, non solo a livello nazionale ma anche internazionale.

Le raccomandazioni dello YAB sui temi fondamentali per il benessere psicosociale dei minori hanno raggiunto oltre 30mila ragazzi in tutta Italia.

L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia del maggio 2025 (numero 4, anno 8)

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