È l’estate dell’Italia. Sicuramente, lo è per lo sport, in attesa che si possa festeggiare anche l’uscita definitiva dall’emergenza Covid e la ripresa economica. Dopo Euro 2020, arrivano gli ori olimpici di Jacobs e Tamberi, vittorie storiche nei 100 metri e nel salto in alto. Vere e proprie imprese che uniscono Londra a Tokyo, portando a Roma l’ebbrezza della vittoria.
Accostare i risultati sportivi a una ritrovata capacità nazionale è un’operazione approssimativa e spesso strumentale. L’effetto Draghi non può avere altro nesso con i successi straordinari di questa estate che non quello di una fortuita e fortunata coincidenza. Ma lo sport ha regole e processi che si possono accostare anche alla competizione più importante, quella che deve riportare il Paese a crescere e a migliorarsi.
L’Italia dello sport, intanto, ha imparato a vincere. I risultati eccezionali di questa domenica sono la conseguenza di un lavoro che viene da lontano. Non si costruiscono vittorie del genere senza una lunga e adeguata preparazione, senza la fatica che serve a rendere il talento, fattore fondamentale, vincente.
E allora un campo di calcio, o la pista di atletica, possono diventare un laboratorio utile anche alla politica e all’economia. Per ottenere risultati, in questa circostanza di portata storica, vanno coltivate le idee e i talenti, e si deve lavorare con l’obiettivo dichiarato e la consapevolezza di potercela fare. Anche quando, come nel caso di Jacobs, nessuno c’era mai riuscito prima. Bisogna correre e saltare puntando a fare la storia. Così come si può e si deve lavorare per costruire un Paese diverso, mai visto prima.
Imparare a vincere fa bene a tutti. E aiuta quella componente fondamentale dell’economia, la fiducia, che serve anche a spingere la crescita del pil. L’onda lunga dell’estate d’oro dello sport italiano può andare anche oltre lo sport.