Lo dice il leader Maurizio Landini parlando alla piazza: “Questa è una manifestazione che difende la democrazia di tutti”. L’antifascismo non è di proprietà della Cgil o di qualsiasi altra formazione politica o sindacale.
L’antifascismo è uno dei principi fondamentali intorno ai quali è stata costruita la Costituzione. Non è la rivendicazione di una parte ma una condizione indispensabile per la nascita e la crescita di qualsiasi democrazia. E la violenza di matrice neofascista, come quella che ha soffiato sulla protesta no green pass arrivando al clamoroso assalto alla Cgil di una settimana fa, va condannata a prescindere dalla collocazione politica.
Anzi, proprio Fdi e Lega avrebbero dovuto cogliere l’occasione di oggi per segnare una scelta di campo definitiva. Non si può stare dalla parte della democrazia continuando a coltivare un’ambiguità che può avere solo una presunta convenienza elettorale. Chiudere la porta a nostalgici, vetero, para o post fascisti, per usare le categorie citate da Giorgia Meloni, vuol dire assumersi la responsabilità di scelte nette e inequivocabili. Servirebbe solo una visione leggermente più lunga di quella che suggerisce di tenere comunque una porta aperta a un bacino di voti potenziali.
La linea di confine è sostanziale. Da una parte chi si riconosce nella Costituzione, con idee diverse da destra a sinistra, dall’altra chi sceglie di restare fuori dall’arco costituzionale, come le forze dichiaratamente neofasciste, che vanno sciolte come prevede la legge.