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L’invito di Mattarella: Ricostruire l’Italia del dopo emergenza

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Il film è molto diverso da quello di nove anni fa. Perchè Sergio Mattarella come Giorgio Napolitano è stato chiamato a un bis dai partiti in difficoltà. Ma c’è il carattere a fare la differenza. E, in questo caso, anche le circostanze: la pandemia dalla quale il mondo non è ancora uscito, i fondi del Pnrr che l’Italia deve sapersi guadagnare rispondendo con serietà e puntualità agli impegni presi con l’Europa.

Nel discorso alla Camera che segue il giuramento, a differenza del suo predecessore, il presidente della Repubblica sceglie di stimolare più che sferzare, di esortare più che di rimproverare. Perché l’obiettivo, in fondo, è provare a mettere il primo mattone su cui ricostruire l’Italia del dopo emergenza. Superando non soltanto la crisi dovuta alla pandemia, ma anche a quel percorso “travagliato, anche per me” che ha sconquassato il quadro politico prima di portare alla sua rielezione.

Mattarella non pone limiti alla durata del suo settennato e anzi sembra disegnare un percorso di lungo termine. E’ un discorso più retorico del solito, in cui la parola centrale è dignità, che infatti viene ripetuta 18 volte: quando parla della sicurezza sul lavoro, della necessità di “opporsi al razzismo e all’antisemitismo”, di “impedire la violenza sulle donne”, quando si riferisce alle migrazioni e all’importanza di “combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani”, al “diritto allo studio”, al “contrasto alla povertà e alla precarietà”,  quando dice che non si possono costringere le donne “a scegliere tra lavoro e maternità”, ma anche che esiste il diritto a una informazione “libera e indipendente”.

Inevitabile il suo riferimento alla pandemia,  l’invito reiterato a credere nella scienza e a vaccinarsi per il bene proprio e degli altri e un ringraziamento ai medici e ai sanitari che si prende la prima di una serie di standing ovation.

Ma il cuore del messaggio sta soprattutto nell’esortazione a uscire dallo schema di contrapposizione, anche quello che si è visto nell’ultima settimana. “Dobbiamo disegnare e iniziare a costruire, in questi prossimi anni, l’Italia del dopo emergenza. E’ ancora tempo di un impegno comune per rendere più forte l’Italia, ben oltre le difficoltà del momento. Un’Italia più giusta, più moderna, intensamente legata ai popoli amici che ci attorniano. Un Paese che cresca in unità”.

Ma perchè questo sia possibile è necessario che il Parlamento torni centrale, i partiti ricmincino ad ascoltare gli elettori cercando di evitare quell’allontanamento dalla politica che è un rischio sempre più pressante. E’ “cruciale”, sostiene, il ruolo delle Camere “come luogo della partecipazione. Il luogo dove si costruisce il consenso attorno alle decisioni che si assumono. Il luogo dove la politica riconosce, valorizza e immette nelle istituzioni ciò che di vivo emerge dalla società civile”.

Tra i passaggi forse più strettamente politici del discorso, quello sulla giustizia di cui Mattarella parla anche come presidente del Csm. “L‘ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo della magistratura devono corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come richiesto a buon titolo dai cittadini”, ricorda. Per il capo dello Stato “è indispensabile che le riforme
annunciate giungano con immediatezza a compimento affinché il Consiglio superiore della magistratura possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse alte
professionalità su cui la Magistratura può contare, superando logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono rimanere estranee all’Ordine giudiziario”.

 

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