Intervista a Stefania Pinna, volto di punta di Sky TG24: “Mi piace raccontare le cose con semplicità. Voglio che la notizia arrivi dritta e a chiunque”.
Quando le chiediamo come si immaginava da ragazza, Stefania Pinna risponde senza pensarci troppo: “Davanti alla telecamera, a raccontare le notizie”. E così è stato. Sarda, classe 1980, una laurea in Scienze della Comunicazione e un master in Giornalismo, Pinna è ormai da tempo uno dei volti dell’informazione di Sky TG24. Ma dopo 17 anni di conduzione in diretta ammette: “Non mi considero arrivata, né penso mai di saperne abbastanza. Sono una secchiona e studio di continuo”.
Quando ha capito che il giornalismo sarebbe stato il suo mestiere?
È successo abbastanza presto, durante i primi anni del liceo, quelli in cui Berlusconi stava scendendo in campo. Non è un dettaglio casuale. A scuola se ne parlava come di un evento che avrebbe cambiato la storia della Repubblica, cosa che poi effettivamente è avvenuta. Ricordo di esserne stata molto incuriosita. A casa mia, inoltre, sono sempre entrati tantissimi quotidiani e sicuramente anche questo ha influito. Guardavo i talk show politici con mio padre, oltre a tanti telegiornali, perché volevo capire cosa stesse accadendo. Da lì in poi l’interesse è cresciuto.
Come si immaginava ?
Davanti alla telecamera, a raccontare le notizie. Mi allenavo moltissimo, in particolare con la dizione, perché sapevo che da sarda qualche doppia l’avrei dovuta eliminare (sorride, ndr). Per esercitarmi usavo il segnale orario di Radio Rai.
In realtà ha iniziato nella carta stampata, per poi passare alla televisione.
Esatto. Durante gli studi in Scienze della Comunicazione (a Perugia, ndr) mi sono presentata nella redazione umbra del Messaggero e ho iniziato a scrivere cose molto semplici, occupandomi di cronaca bianca. È così che ho imparato il mestiere, o almeno, ho iniziato: in questo lavoro per fortuna non si smette mai di imparare.
Com’è avvenuto il passaggio a Sky?
Grazie al mio primo stage. Una volta concluso, sono tornata in Sardegna e da lì ho continuato a fare proposte. Inizialmente non pensavo che avrei avuto fortuna raccontando storie della mia terra, invece poi è andata bene. Sono arrivata definitivamente a Sky nel 2008 e il mio primo direttore mi propose quasi subito di fare un provino per la conduzione del telegiornale. In fondo ci speravo ma ero abbastanza tesa. Così non lo raccontai a nessuno, nemmeno alla mia famiglia. Pensi che dopo quella prova non dissi neanche quando sarei stata in onda per la mia prima conduzione.
E poi?
Sono stati anni intensi, in cui mi sono dovuta abituare a non perdere mai la concentrazione, a dire sempre la cosa giusta e mai una parola in più. Andare a braccio è stata sicuramente tra le cose più difficili da imparare: all’inizio avevo un’ansia incredibile, non pensavo di essere all’altezza. Poi ho acquisito sicurezza, anche lasciandomi guidare da chi aveva più esperienza di me. Adesso sono praticamente 17 anni che macino dirette, ma non mi considero arrivata, né penso mai di saperne abbastanza: sono una secchiona e studio di continuo. Mi piace raccontare le cose con semplicità, senza fronzoli e usando un linguaggio diretto: voglio che la notizia arrivi dritta e a chiunque.
A proposito di notizie delicate, com’è stato finora seguire gli stravolgimenti imposti al mondo intero da Trump?
Penso sia importante non ridurre Trump a un fenomeno da baraccone: sarebbe la cosa più sbagliata da fare. Anzi, è necessario impegnarsi moltissimo per capire cosa sta accadendo e in questo il lavoro di squadra è fondamentale. Abbiamo un corrispondente dagli Stati Uniti, Federico Leoni, che è una persona preparatissima. Il suo è un racconto a cui affidarsi. Durante le 24 ore, o quasi, di diretta possiamo poi snocciolare le cose pian piano e in un momento così complesso spesso lo facciamo partendo dai numeri. Che sono sicuramente passibili di errori, ma rimangono sempre una buona base.
Qual è la storia, tra quelle raccontate nella sua carriera, che più di tutte si porta dietro?
Una delle prime che ho raccontato per Sky TG24, quella del cosiddetto ‘Welby sardo’. Era la storia di un uomo molto malato che per questo chiedeva di poter morire. Non è stato facile perché ero all’inizio, non sapevo mai a chi dover credere. Forse è stata la prima volta in cui mi sono dovuta confrontare con me stessa. Lui è morto nel 2007, in un momento in cui l’interesse sul tema in Italia era alto. Mi porto ancora dentro quel dolore.
E i social? Quali sono i rischi di informarsi solo tramite le piattaforme come fanno molti giovanissimi?
Per informarsi tramite le piattaforme almeno bisognerebbe diversificarle. Non solo i ragazzi, ma anche gli adulti, purtroppo, sempre più spesso si basano esclusivamente sui titoli. E non è detto che siano in grado di scegliere fonti autorevoli. Inoltre, così facendo si corre il rischio di non avere realmente contezza della notizia: sarebbe necessario approfondire sempre, anche se capisco che sia difficile perché il nostro è un mondo veloce. Il mio consiglio ai giovanissimi rimane comunque quello di selezionare e diversificare le fonti, in modo da vedere le cose sempre da più prospettive.
Pensa che per le donne sia più difficile esercitare la professione ?
Credo che il problema non sia tanto del giornalismo, quanto più in generale del mondo del lavoro. Alcuni passi avanti sono stati fatti, ma dobbiamo farne tanti altri. Ancora oggi una donna deve ‘urlare’ con più forza le proprie capacità, cercando anche di trovare il giusto equilibrio. Io penso di esserci riuscita strada facendo. Al momento comunque vedo molta più attenzione e sensibilità ai temi dell’inclusione, anche se alcune consuetudini sono dure a morire. Bisogna far sì che le parti si parlino: è difficile, ma ci possiamo provare. Col tempo poi, grazie anche a tante colleghe, ho capito una cosa: le più grandi alleate delle donne sono le donne stesse. Se una collega rimane indietro, magari perché superata ingiustamente da un uomo, perdiamo tutte. È insieme che si va avanti, è insieme che si vincono le battaglie.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia del maggio 2025 (numero 4, anno 8)