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Pizza, hamburger e sushi: il food delivery vale oltre 3 mld

Il mercato del food delivery in Italia è giovane e in crescita. Rispetto agli Usa, nel nostro Paese le startup specializzate nella consegna di cibo a domicilio attraverso piattaforme digitali sono attive da un tempo relativamente limitato: dopo lo sbarco in Italia di JustEat nel 2011, negli anni successivi sono arrivate molte altre startup che oggi riconosciamo attraverso i fattorini – detti riders – che attraversano le nostre città con le loro borse termiche. Comodità, velocità e geolocalizzazione sono le caratteristiche del food delivery: le startup che si sono diffuse a macchia d’olio nel nostro Paese, infatti, coprono ognuna una determinata zona. A nord ci sono Foorban, Eatsready, Foodracers (che si concentra sulle città di provincia), Sgnam, MyMenù, BacchetteForchette, Cosa Ordino. Al sud ci sono Prestofood, Feat Food, Moovenda.

All’estero il food delivery si è evoluto così tanto da alimentare un fenomeno che in Italia ancora non è troppo sviluppato: quello delle virtual e dark kitchen. Le prime sono cucine ‘in condivisione’ senza clienti né posti a sedere, ma solo chef che sono inviati da vari ristoranti con il compito esclusivo di preparare pasti destinati alla consegna a domicilio. Le seconde sono cucine-succursali di un ristorante che tra sala e online non riesce ad evadere tutti gli ordini e pertanto fa ricorso a un’altra cucina dislocata. Questi elementi restituiscono la cifra della portata del mercato all’estero, ma anche in Italia sta crescendo.

Secondo l’Osservatorio Just Eat, il valore del mercato del food delivery in Italia vale – tra ordini online e offline – circa 3,2 miliardi di euro. Gli ordini offline continuano a mantenere una netta prevalenza rispetto ai clienti che usano direttamente il digitale, che sono il 7% del totale, ma i servizi di consegna a domicilio e i ristoranti che si affiliano alle piattaforme sono sempre di più: nell’ultimo anno sono aumentati del 40%, arrivando a 9.300 ristoranti in circa 900 comuni. Tra le città più in crescita per ristoranti attivi, rispetto al 2017, ci sono Modena (+118%), Napoli (+44%) e Cagliari (+43%).

Ma cosa ordinano gli italiani? Just Eat ha sondato le abitudini dei consumatori analizzando gli ordini di 15 mila utenti dai 18 ai 55 anni, in 20 città italiane. Oltre alla tradizionale pizza, che è salda al primo posto della classifica dei piatti più ordinati, gli italiani a domicilio scelgono hamburger e cucina giapponese. Seguono ordini da ristoranti cinesi, e poi panini e piadine, ma anche cucine esotiche come l’indiano, il messicano e il libanese che cresce nelle scelte del 112% rispetto al 2017. Gli ordini variano a seconda delle città che vengono prese in analisi: a Milano si ordinano cibi ‘healthy’ e cucina gourmet, a Brescia si scelgono i panini, a Firenze cresce il mediorientale, a Roma il gelato mentre a Bari si ordina per lo più pollo fritto e uramaki.

JustEat ha analizzato le categorie di clienti che apprezzano di più il food delivery: al primo posto ci sono gli impiegati. Chi si trova in ufficio e non può uscire per impegni stringenti, oppure che non vuole rinunciare a un piatto caldo piegandosi al classico panino, ordina piatti a domicilio: i clienti di questo tipo coprono il 39% del totale. Subito dopo ci sono gli studenti (33%). La fascia di età dei clienti più affezionati al food delivery è quella dei Millennials (sono più della metà, il 60%), mentre la percentuale delle famiglie che ordinano cibo a domicilio è cresciuta del 14% rispetto al 2017. E se pensate che a servirsi del food delivery siano solo single o studenti con poca voglia di cucinare vi sbagliate: basta guardare alcuni ordini da guinness fatti nel 2018. A Roma, ad esempio, qualcuno – si presume una comitiva – ha ordinato ben 205 arrosticini, mentre a Genova sono stati richiesti 500 pezzi di sushi in un solo ordine.

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