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Auto, il rischio è scendere sotto 2 mln di immatricolazioni

Non sarà un anno bellissimo quello dell’auto. La guerra dei dazi, le tasse sulle emissioni nocive, la transizione complicata all’elettrico e il calo delle vendite sempre più marcato sono tutti elementi che rischiano di far ricordare il 2019 come l’anno nero per le quattroruote. In più una misura come l’ecotassa, molto contestata sia dai produttori che dai consumatori, rischia di far soffrire ancora di più un comparto che vanta 6mila aziende con più di 100 miliardi di ricavi, che contribuisce per il 6 per cento alla crescita del prodotto interno lordo e garantisce ogni anno un gettito fiscale medio di 74 miliardi di euro. “Abbiamo cercato di sensibilizzare il Governo sulla crisi che ha colpito il settore” dice a Fortune Italia Paolo Scudieri, presidente dell’Anfia, l’associazione che con 290 aziende associate rappresenta la filiera industriale e automobilista nel nostro Paese. “Il calo della produzione industriale per l’automotive è del 3,4% a fine 2018 con una contrazione delle autovetture prodotte del 10%. Ma la nostra richiesta d’aiuto non è stata ascoltata e il rischio è di scendere clamorosamente sotto i 2 milioni di immatricolazioni di autovetture che porterà le lancette della storia a oltre dieci anni indietro”.

Lo scoramento è palpabile, tutto il comparto dell’auto, compresa Fca, non ha accolto positivamente le misure del bonus/malus volute dall’esecutivo, su cui a qualche ora dall’attivazione, c’è ancora molta confusione. “L’introduzione del malus viene visto da chi deve comprare un’auto come un ulteriore balzello”, spiega Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto che rappresenta oltre 100mila concessionari sparsi sul nostro territorio. “E’ un’ulteriore tassazione sull’immatricolazione che provocherà un’ulteriore contrazione del mercato e lo Stato, in stretta conseguenza con il calo degli acquisti, realizzerà meno introiti sia in termini di iva che per l’imposta provinciale di tassazione”.

“Quello che non si vuol comprendere – rimarca il numero uno di Anfia – è che all’auto sono legati fattori economici, di sviluppo, di impiego e di manodopera. Bisogna trovare una quadra per risollevare il settore e anche questa imposizione dell’elettrico, per cui le imprese ancora non sono preparate, è davvero poco democratica considerando che la grande produzione la si fa fuori dall’Europa”. Il problema riguarda però ancora una volta il rinnovo del parco auto. In Italia circolano 33 milioni di vetture di queste il 17% ha oltre 10 anni e la soluzione, sia per chi produce sia per chi vende, non può essere l’elettrico per il quale mancano le infrastrutture basilari. “Se si vendono appena 200mila macchine elettriche l’anno – ammonisce il presidente di Federauto – ci vorranno 18 anni, con questo ritmo, prima di rinnovare il parco auto. Nel frattempo però il bonus malus ha come conseguenza che si venderanno quest’anno 100mila macchine in meno che nel nostro settore si traduce in un esubero di almeno 10mila concessionari”. Sia Anfia che Federauto concordano sulle misure che invece si dovrebbero adottare per cercare di superare questo impasse: un credito d’imposta per gli investimenti, un’agevolazione per il costo della formazione e un cuneo fiscale più leggero per far aumentare la busta paga dei dipendenti e rilanciare anche in questo modo i consumi interni. “Dopo l’acquisto della casa – conclude il numero uno di Federauto – c’è quello dell’automobile. Se prendiamo in considerazione la misura del Governo sull’ecotassa si è commesso un grave errore perché viene presentato come un provvedimento ecologico mentre non è altro che una nuova misura fiscale. Ancora una volta l’auto è la mucca da mungere”.

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