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Fmi: strapotere delle big un rischio per l’economia

“Nessuno vince in una guerra commerciale”. Le parole di Christine Lagarde riassumono quale sia, secondo l’Fmi e il suo direttore, il rischio numero uno per l’economia mondiale. Seppure non ci sia un grosso pericolo recessione, dal Fondo monetario internazionale si guarda con preoccupazione alle tensioni Usa-China, così come alla Brexit, tra i rischi a breve termine. Ma tra quelli a lungo termine c’è ne è un altro, che non riguarda i Governi, ma direttamente le imprese. Il crescente potere di mercato di alcune grandi aziende infatti, secondo l’Fmi, “se lasciato senza controlli, potrebbe costare in termini di crescita e redditi nel futuro”.

Per il Fondo lo strapotere delle big mondiali “ha avuto un limitato impatto negativo sull’economia finora”. Ma “la politica ha bisogno di politiche diverse per mantenere la concorrenza sul mercato”. La raccomandazione è contenuta nei capitoli del World Economic Outlook che sarà diffuso la settimana prossima. L’Fmi basa la sua osservazione su uno studio condotto su quasi un milione di aziende da 27 economie avanzate ed emergenti a partire dagli anni 2000.

“Anche se le implicazioni macroeconomiche sono state finora modeste, ulteriori aumenti della forza di mercato di aziende già forti può indebolire gli investimenti, rallentare l’innovazione e rendere più difficile per la politica monetaria stabilizzare la produzione” mette in evidenze il Fmi, invitando a fare attenzione al fatto che un aumento del potere di mercato di una società potrebbe aumentarne i profitti grazie a un aumento dei prezzi e una riduzione della produzione. Questo “potrebbe spingere l’azienda a ridurre la domanda di capitale e, quindi, i suoi investimenti”.

Per quanto riguarda Usa e Cina invece, una guerra commerciale “innescherebbe un aumento dell’incertezza, avrebbe effetti negativi sulla fiducia e causerebbe una stretta delle condizioni finanziarie globali, con effetti negativi” sulla maggior parte dei paesi, si legge nell’Outlook del Fondo. Un aumento dei dazi al 25% su tutti i beni scambiati fra i due paesi causerebbe una perdita fra lo 0,3% e lo 0,6% in termini di pil per gli Stati Uniti e una fra lo 0,5% e l’1,5% per la Cina. “La natura dell’attuale sistema di scambi commerciali indica che un deciso aumento dei dazi causerebbe significative ricadute, lasciando l’economia mondiale in uno condizione peggiore” osserva in generale il Fmi.

“Riduzioni multilaterali dei dazi e della altre barriere non tariffarie porterà dei benefici agli scambi commerciali e, nel lungo termine, migliorerà i risultati macroeconomici”. I dazi, per l’Fmi, “hanno importanti effetti sulla produttività, sulla produzione e sull’occupazione nel lungo termine. Il calo dei dazi rafforza la concorrenza e si traduce in forti miglioramenti della produttività”.

Precedentemente all’anticipazione dei contenuti dell’Outlook Lagarde ha testimoniato come l’economia mondiale stia perdendo slancio: “è un momento delicato in cui vanno evitati passi falsi”. Parlando di una “decelerazione sincronizzata” che interessa il 70% dell’economia globale, il direttore generale del Fmi comunque ha rassicurato: “non prevediamo una recessione a breve termine”. Anzi, il Fondo stima un rimbalzo nella seconda meta’ dell’anno e nel 2020: si tratta comunque di una ripresa “precaria”, “vulnerabile a rischi al ribasso”, che vanno dalla Brexit alle tensioni commerciali. Alle parole di Lagarde alla US Chamber of Commerce, la Confindustria americana, ha fatto da controcanto l’allarme del vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis. ”L’economia europea sta rallentando” e il rallentamento riguarda tutte le economie maggiori, dalla Germania alla Francia passando per il Regno Unito, e “specialmente l’Italia”. Secondo le rilevazioni dell’Istat, l’economia di Eurolandia resta debole, con ”ritmi” di crescita ”moderati” e con prospettive soggette a rischi al ribasso legati a un possibile inasprimento delle tensioni commerciali e a un’eventuale hard Brexit.

Fra le azioni da intraprendere, per Lagarde, c’è un uso intelligente della politica di bilancio. “La realtà è che molte economie non sono ancora abbastanza resistenti” ha spiegato, osservando come “l’elevato debito pubblico e i bassi tassi di interesse hanno lasciato uno spazio limitato per agire quando arriverà il prossimo rallentamento”. È per questo necessario trovare il giusto equilibrio fra crescita, sostenibilità del debito e obiettivi sociali. “Da ex ministro delle finanze so che non è facile” ammette Lagarde. Nonostante questo è uno sforzo che va fatto con riforme strutturali da un lato e affrontando le diseguaglianze dall’altro. Tra le preoccupazioni dell’Fmi anche la corruzione, che vale 1.500 miliardi di dollari, circa il 2% del pil mondiale, e che ha un impatto negativo sulle entrate fiscali e sulla spesa pubblica. “La corruzione è una piaga internazionale. Per combatterla in modo efficace serve cooperazione internazionale”.

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