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Blockchain, il vaso di Pandora

Luigi Gabriele *

Luigi Gabriele *

Ho iniziato ad approfondire la tecnologia blockchain nell’ottobre 2014, quando ad una riunione in Consob, uno dei direttori generali durante una conversazione informale annunciò l’arrivo di una tecnologia che avrebbe cambiato completamente la finanza.

La tecnologia avrebbe ridisegnato il sistema bancario e finanziario perché si basava su registri distribuiti, all’epoca impensabili per un mondo dove tutto era centralizzato.

La mia curiosità mi portò ad organizzare una serie di momenti di approfondimenti, e quando capii cosa sarebbe successo, decisi di iniziare a studiare seriamente il fenomeno.

Una cosa fu subito lampante, il consumatore passava dallo stato di soldato semplice a quella di Generale. E questo mi fece prendere atto che occorreva prima di tutto iniziare un’azione di evangelizzazione che portasse la discussione fuori dalla limitata sfera delle criptovalute e dei tecnicismi.

Per evangelizzare bisogna semplificare.

Per questo motivo negli anni ho imparato che fondamentale è far capire come stanno le cose e con VISIONARI, abbiamo ri-narrato la storia del popolo di YAP (il popolo al largo della MICRONESIA che ha scoperto la formula del registro distribuito circa 1500 anni fa) e del suo capo villaggio Makani, che tecnicamente sintetizzo in questo modo:

si può parlare di Blockchain solo dopo aver capito come funzionano i libri mastri, ovvero il vecchio libro dove si annotano gli scambi di valore tra le persone. Un conto è che comanda Makani e che può cambiare opinione o spostare il valore dando anche atto a comportamenti scorretti o discriminatori. Un conto è che tutti gli abitanti di Yap siano loro interessati ad annotare tutti gli scambi avvenuti sull’isola

Fatto salvo la scelta che non sia Makani a decidere e registrate tutto per tutti, ma che siano tutti gli abitanti a farlo, passiamo alla modalità di come questa registrazione può avvenire su una rete virtuale che permette di inserire un numero illimitato di scambi.

Oggi vengono infatti descritte due tipologie di reti distribuite in cui si registrano le attività una permissioned (ovvero che necessitano un’autorità con controllo sulla piattaforma, insomma una specie di Makani ma con poteri minori) e permissionless (ovvero che non necessitano un’autorità con controllo sulla piattaforma).

La differenza tecnica tra i due tipi di “configurazione” si può spiegare facendo riferimento alle due categorie principali di consenso dell’algoritmo, Proof of Authorithy (PoA) e Proof of Stake (PoS), dall’altro Proof of Work (PoW).

In linea di massima una rete permissionless può fornire una serie di vantaggi competitivi per applicazioni finalizzate alla registrazione di informazioni che richiedono un alto livello di immutabilità e che tipicamente verranno utilizzate/condivise da molteplici organizzazioni, istituzionali e non.

Una rete permissioned, invece, può fornire una serie di vantaggi per applicazioni più rivolte alla mediazione ed esecuzione contrattuale, tipicamente all’interno di un marketplace (solitamente gestito dall’autorità con controllo sulla piattaforma) popolato da individui, enti e aziende.

A questo punto, per meglio comprendere il livello di applicabilità della tecnologia blockchain onde raggiungere il massimo impatto positivo, è assolutamente necessario chiarire che l’obiettivo del registro è solo di conservare documenti immutabili a prescindere dal contenuto dei documenti.

L’unico modo per mitigare il difficilissimo problema della certificazione dell’informazione immessa nella blockchain è la verifica e certificazione del soggetto (individuo o azienda) che immette l’informazione. E qui torna il potere nella mani del consumatore e delle sue associazioni di rappresentanza.

Esistono una serie di operazioni, particolarmente costose in Italia, che richiedono l’intervento di un Notaio. In molti casi, de facto, il Notaio(inteso come persona o istituzione che registra), non esercita nessuna funzione intesa a migliorare o certificare la qualità del documento che verrà “registrato”. Per fare alcuni esempi molto semplici e facilmente confrontabili con processi alternativi già implementati in diversi paesi europei:

1) cambio della residenza o domicilio; 2) atto contrattuale; 3) chiusura azienda. Questi casi già oggi potrebbero venire affrontati in modo alternativo utilizzando DLT e identità digitale, dove magari un nodo è proprio un’associazione consumatori.

Si fa notare che il Governo Italiano sta già investendo in strumenti che facilitano l’accesso a diverse procedure burocratiche. Con l’avvento dello SPID, che consente di certificare il soggetto che inizia una qualsiasi operazione/procedura, risulterebbe quindi possibile decentralizzare processi simili a quelli sopra menzionati. Al tempo stesso, le informazioni immesse nel registro sarebbero immediatamente disponibili e utilizzabili sia da organi di controllo tradizionali che da logiche di controllo più avanzate. Non è da sottovalutare, infatti, l’effetto che la digitalizzazione e la propagazione verso un ledger potrebbero produrre in un momento storico in cui vi sono enormi investimenti nel dominio Artificial Intelligence. E’ in questo tipo di contesto, in realtà molto rischioso per il singolo individuo, che le tecnologie di decentralization potrebbero risultare l’unico modo di conciliare libertà individuale e coesione sociale.

Tutto questo cambierà il ruolo delle associazioni consumatori, che paradossalmente potrebbero diventare i custodi / gestori dei dati più sensibili dei consumatori e finalmente finiranno chiamate a casa e attivazioni non richieste. Ci vediamo nel futuro del consumerismo.

* Public Affair Adiconsum, componente del GdL-MISE-Blockchain

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