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Voto elettronico e voto on line, bastano pochi a falsare risultati

“Nel sito del Ministero dell’Interno c’è un vademecum sul voto: ogni singolo passaggio non è minimamente posto sotto trust, ovvero non c’è fiducia in nessun passaggio del voto tradizionale: dalla consegna delle schede al trasporto al conteggio delle stesse. Tutto si basa sul principio trust no one: non credere a nessuno”. Matteo Flora – fondatore di The Fool, società che si occupa di reputazione on line e socio fondatore di Hermes Centro studi trasparenza e diritti umani digitali, progetto che ha dato vita alla piattaforma Globaleaks per il WhistleBlowing – ama approcciarsi all’argomento della sicurezza di voto elettronico e voto on line (i due concetti vanno chiaramente distinti) partendo da un concetto chiave: il valore della fiducia. “A differenza del voto tradizionale in cui i passaggi possono essere controllati, nel voto elettronico accade ciò che in inglese si chiama security through obscurity, ovvero sicurezza attraverso la segretezza”. In altre parole, il codice sorgente che sta alla base del voto elettronico viene tenuto nascosto per motivi di sicurezza, ma “se anche venisse svelato – chiarisce Matteo Flora – nessuno può verificare, al momento del voto, se in quel preciso dispositivo si stia eseguendo quel software sottoposto al vaglio dei ‘controllori’ o magari un altro codice”. Non c’è nessuna garanzia. Non è un caso che, proprio di recente, l’Enisa , l’Agenzia dell’Ue per la cybersecurity – https://www.enisa.europa.eu/publications/enisa-position-papers-and-opinions/election-cybersecurity-challenges-and-opportunities/view– abbia chiarito che non esiste, allo stato attuale, un modo per realizzare il voto elettronico in maniera sicura.

Le elezioni Europee sono alle porte. L’Enisa ha lanciato anche un altro alert: c’è un rischio cybersecurity in vista delle urne del 26 maggio. A preoccupare sono i leak (“un’evoluzione digitale del vecchio dossieraggio”) e le fake news o, ancora meglio, polarizzazione: “Si danno informazioni per estremizzare le posizioni dei target. Questo è il contesto favorevole in cui maturano le notizie false”.

Dunque, anche il voto elettronico, così come quello on line, devono fare i conti con il principio del trust no one. “Le elezioni nascono per non affidarsi nelle mani delle istituzioni statali”. D’altronde, come si sa, il momento dell’urna – nei sistemi democratici occidentali – è l’unico in cui l’elettore cittadino può “ribellarsi” allo Stato.

“Non esiste una ricevuta o, meglio, potrebbe esistere ma – almeno nel caso dell’Italia – si porrebbe il problema dell’anonimato e della segretezza del voto”.

Alla domanda se la tecnologia blockchain possa venire in aiuto per realizzare il sogno di un’agorà telematico, Flora taglia corto: “Chi la propone come la soluzione compie due madornali errori: la blockchain non è immodificabile di per sé ma solo a determinate condizioni che, nel caso del voto elettronico, non sussistono”.

La blockchain è immodificabile se la maggioranza dei soggetti coinvolti ha interessi contrapposti tra loro e il singolo portatore di interesse non deve avere la maggioranza dei nodi. “Ma se la blockchain venisse gestita dallo Stato, vorrebbe dire che l’elettore dovrebbe avere fiducia in esso e, al contrario, come abbiamo visto, nei secoli, tutto il processo di voto è stato costruito per evitare questo”. Inoltre, va sottolineato che “mettere in Rete tanti dispositivi, attraverso i quali i soggetti votano on line, connetterli tra di loro e renderli accessibili da remoto è un fattore di debolezza”. Nel voto tradizionale, infatti, l’isolamento e la compartimentalizzazione dei singoli nodi (i seggi) sono un fattore di sicurezza visto che non è pensabile un attacco su vasta scala perché ogni singolo seggio è un universo a sé. “Al contrario, nel voto elettronico bastano 5-6 persone per manipolare l’esito del voto”, come dice Flora. “A differenza del voto tradizionale – dove l’impiego delle forze per creare un fenomeno di corruzione in grado di alterare l’esito del voto è enorme -; nel voto elettronico e, peggio ancora, in quello on line bastano pochi soggetti per sovvertire il risultato”.

A ricordarcelo, di recente, è stato persino il Garante della Privacy che, a proposito della piattaforma Rousseau, ha bocciato il sistema made in Casaleggio per la scarsa sicurezza delle votazioni. “Bastano pochi amministratori di sistema per alterare il voto”, afferma Flora che riporta il caso degli Stati Uniti dove – nel caso del voto elettronico touch screen – “alcune commissioni di inchiesta hanno dimostrato che ci sono state ingerenze e attacchi da parte di realtà straniere”. Secondo il numero uno di The fool “il problema principale non è l’identità digitale – chiarisce – ma semmai il fatto che il votante a casa possa essere minacciato dal corruttore di turno e si trovi costretto a esprimere una preferenza piuttosto che un’altra”. Fare un click da casa o dall’ufficio, per votare alle prossime elezioni: al momento questo scenario resta una chimera. E’ tutta una questione di fiducia.

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