Cerca
Close this search box.

Trasformazione digitale, il ritardo delle pmi italiane

pmi digitale

Quanto sono digitalizzate le piccole e medie imprese italiane? La risposta a una delle domande più ossessive degli ultimi anni ha provato a darla ‘GoDaddy’, azienda che supporta e spalleggia gli imprenditori di tutto il mondo nel creare una presenza online di successo e che ha quasi 19 milioni di clienti, con il ‘PMI Digital Index’, ricerca di mercato che indaga proprio il tasso di digitalizzazione delle imprese, in questo caso italiane. E la risposta è che questo tasso è basso: 54, su una scala da uno a cento, per cui, spiega il regional director per l’Italia di ‘GoDaddy’ Gianluca Stamerra, “c’è un ampissimo margine fino a cento che non è sfruttato e che può generare un problema per quelle aziende che vogliono migliorare e raggiungere più clienti attraverso il digitale”.

La ricerca è stata realizzata grazie a un tool di Alkemy – altra società che si occupa di digitalizzazione – che ha permesso di elaborare il ‘PMI Digital Index’ estrapolato attraverso 120 parametri usati per analizzare 11 mila domini internet. Da qui, sono state prese in esame 4 mila imprese italiane con un fatturato fino a 50 milioni di euro l’anno. E già qui emerge un dato importante, che proviene dal Centro Europeo Ricerche (Cer): solo il 33% delle Pmi italiane ha un sito web e solo il 57% di esse possiede alternativamente un sito web o una pagina Facebook.

Ma la ricerca di ‘GoDaddy’ dà altri interessanti risultati: per esempio, che delle 4 mila Pmi, il 32% non aggiorna il proprio sito da più di un anno, perdendo l’occasione di trasmettere contenuti aggiornati e dati affidabili; che il 44% di esse non usa alcun servizio di Web Analytics, determinante per le analisi delle performance di marketing; che il 37% di quelle esaminate non ha un account Google My Business, che rappresenterebbe un valido alleato per gestire le informazioni su Google, inclusi ‘Search’ e ‘Maps’. E in più, aggiunge Stamerra, “solo il 5% delle imprese che abbiamo studiato conosce ed usa Display Network, mentre solo il 9% usa Google Ads, nonostante le statistiche dimostrino che l’advertising online raggiunga l’86% della popolazione che naviga online prima di acquistare”. In più: il 64% delle Pmi non ha una pagina Facebook e il 30% di esse non ha un sito che si visualizzi adeguatamente sul cellulare, che può essere determinante per raggiungere chi naviga con lo smartphone.

Insomma, c’è un ritardo rispetto alle aziende di molti altri paesi e questo, secondo Duccio Vitali, Ceo di Alkemy, “è un problema essenzialmente culturale, soprattutto se consideriamo che la maggior parte degli strumenti che potrebbero impiegare per digitalizzarsi sono gratuiti o hanno dei prezzi davvero irrisori”. Dal punto di vista geografico, dall’indagine emerge che “le Pmi del nord-ovest d’Italia siano meno digitalizzate, nonostante l’area abbia il più alto numero di imprese, mentre le regioni con il più alto grado di maturità digitale sono le Marche, la Sardegna ed il Lazio. Abruzzo, Liguria e Piemonte sono le meno digitalizzate”. Infine, dal punto di vista dei settori, quello sicuramente più digitalizzato è quello della ristorazione e degli alberghi, seguito dal settore dei mobili. Al contrario, tessile e trasporti sono i campi in cui la digitalizzazione risulta più lacunosa.

https://www.vereimprese.it/pmi-digital-index-2019

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.