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Dazi: Trump minaccia la Cina che ‘temporeggia’. E le Borse tremano

di Claudio Salvalaggio – Donald Trump alza i toni con la Cina proprio alla ripresa dei negoziati commerciali con il 12esimo round, il primo a Shangai. E la ammonisce a non attendere per un’intesa le elezioni del 2020 confidando in un presidente democratico perché, se vincerà lui, l’accordo sarà peggiore o non ci sarà proprio. Minacce che inquietano le Borse mondiali, già appese all’incertezza della Brexit e alla riduzione dei tassi da parte della Fed, che il tycoon ha attaccato nuovamente auspicando tagli più sostanziosi di quelli previsti.

Ma non è escluso che Pechino giochi a prendere tempo aspettando il voto o un Trump più conciliante in piena campagna elettorale, quando dovrà rendere conto delle sue promesse. “Il mio team sta negoziando con loro adesso, ma cambiano sempre l’accordo alla fine, a loro vantaggio. Probabilmente aspettano le nostre elezioni per vedere se ottengono uno di quei poveracci dei dem come l’addormentato Joe (Biden, ndr)”, ha twittato Trump, mentre i sondaggi indicano l’ex vicepresidente di Obama – poco conflittuale con la Cina – saldamente in testa agli altri candidati e anche in grado di battere il tycoon.

“In tal caso potrebbero fare un grande accordo, come negli ultimi 30 anni, e continuare a spennare gli Usa, anche di più e meglio”, ha aggiunto. “Il problema con la loro attesa, però, è che se e quando vincerò, l’accordo che otterranno sarà molto più duro di quello che stiamo negoziando ora…o non ci sarà nessun accordo affatto. Abbiamo tutte le carte, i nostri leader precedenti non le hanno mai avute!”, ha proseguito. Ricordando che l’economia cinese sta andando male, col record negativo degli ultimi 27 anni, e ha perso 5 milioni di posti di lavoro e due nell’industria manifatturiera a causa dei dazi Usa.

Ma il tycoon si lamenta anche del fatto che Pechino non sta mantenendo la promessa di acquistare prodotti agricoli americani, fondamentale per mantenere il consenso elettorale tra i produttori di soia: “nessun segno che lo stiano facendo. Questo è il problema con la Cina, non lo fanno”, ha cinguettato. Poi, incontrando i cronisti, il presidente ha gettato acqua sul fuoco affermando che “i colloqui con la Cina stanno andando bene”, ma ha ribadito che gli Usa “faranno un grande accordo o nessun accordo“: un ‘no deal’ che accrescerebbe le ripercussioni di quello sulla Brexit.

Al G20 giapponese Trump e il presidente cinese Xi Jinping avevano concordato di riprendere i negoziati falliti a maggio con due reciproche promesse: Pechino avrebbe acquistato prodotti agricoli americani e Washington avrebbe allentato le sanzioni su Huawei. Ma in luglio l’export di soia Usa è pari solo un terzo di quello dello scorso anno e gli Stati Uniti ne hanno inviato alla Cina solo un milione di tonnellate. Mentre l’amministrazione Trump ha annunciato esenzioni e licenze per le società che intendono lavorare con Huawei ma non ha ancora formalizzato la mossa.

Nel futuro accordo, comunque, c’è ben altro in ballo, ossia il blocco dei sussidi pubblici e dei trasferimenti forzati di know-how in Cina nella nuova guerra fredda per la supremazia tecnologica nel XXI secolo.

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