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Per la banca mondiale le imprese italiane le più tartassate

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Che fare impresa in Italia non sia facile, è una realtà nota da tempo a chiunque decida di aprire un’attività. Ma a confermare che le aziende italiane sono ufficialmente le più tartassate non solo dell’Ue, ma anche del resto del mondo, questa volta è la Banca Mondiale.

È quanto risulta dal rapporto “Paying Taxes 2020” di Banca Mondiale e PwC. Aumenta così il carico fiscale complessivo sulle imprese (il Total tax & contribution rate), pari al 59,1% dei profitti commerciali (53,1 nella classifica precedente) a fronte di un ‘peso’ globale del 40,5% ed europeo del 38,9%. Per l’Italia si tratta di un “dato essenzialmente riconducibile al venir meno degli sgravi contributivi introdotti quale misura temporanea non successivamente stabilizzata”.

Il Total tax and contribution rate – si spiega nel rapporto – misura il carico fiscale e contributivo per le imprese, non la sola pressione fiscale. Tra gli altri dati nel rapporto si segnala come siano 238 le ore impiegate dalle imprese italiane per adempimenti fiscali (dato inalterato, sostanzialmente in linea con la media mondiale, ma superiore alla media europea) mentre 14 è il numero di pagamenti annuali (dato inalterato, inferiore alla media mondiale leggermente superiore alla media europea).

L’Italia si distingue comunque per sviluppo digitale con una stretta integrazione tra soluzioni tecnologiche adottate dal contribuente e dall’Amministrazione finanziaria, a seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica e del sistema di interscambio (Sdi). L’Italia, tenendo conto dei tre indicatori, scende quindi al 128esimo posto nella classifica generale (118esimo posto nel Report pubblicato per il 2017, successivamente rettificato al 116esimo posto).

Per quanto riguarda il peso complessivo il rapporto spiega che il dato registra un incremento di 6 punti percentuali essenzialmente riconducibile al venir meno degli sgravi contributivi introdotti quale misura temporanea non successivamente stabilizzata, in conseguenza del mutamento della politica economica del Paese. La sensibile riduzione dell’aliquota Ires intervenuta nel 2017 e la previsione del ‘super ammortamento‘ per l’acquisizione di nuovi beni strumentali non hanno consentito di assorbire l’impatto negativo del venir meno della decontribuzione.

Tuttavia, l’indice non riflette altri significativi incentivi previsti a favore delle imprese, quali gli incentivi Industria 4.0, a causa delle limitazioni del caso base. Per quanto riguarda le 238 ore impiegate per gli adempimenti fiscali (invariate rispetto al 2017), vanno rapportate a un dato medio globale pari a 234 e di un dato medio europeo pari a 161 ore. Costante il numero dei pagamenti: resta pari a 14 rispetto ad un dato globale di 23 pagamenti e un dato europeo di 10,9 pagamenti.

Il risultato dell’Italia – si precisa – va letto alla luce di alcune peculiarità che influenzano tradizionalmente il calcolo dell’indicatore Ttcr (nel modello il Trattamento di fine rapporto Tfr è incluso nel calcolo in quanto assimilato ad un contributo previdenziale obbligatorio) e di altre che impattano quest’anno sul caso base (pesa in particolare il riassorbimento degli effetti positivi della decontribuzione neoassunti, che precedentemente erano risultati decisivi per il miglioramento dell’indicatore).

Degno di nota il posizionamento dell’Italia nello sviluppo di tecnologie digitali per la gestione degli adempimenti ai fini Iva, a seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica e del sistema di interscambio (SDI). Il Report colloca l’Italia al Livello III (il più alto se si escludono le iniziative sperimentali avviate in vari Paesi attraverso tecnologie blockchain) per lo sviluppo digitale che richiede una stretta integrazione tra le soluzioni tecnologiche adottate dal contribuente e dell’Amministrazione finanziaria.

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