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Il brand delle Instagram-influencer che sfrutta i lavoratori in fabbrica

Outfit, location, selfie. L’essenza della vita su Instagram si potrebbe tradurre così. Trova gli abiti giusti, possibilmente dalle sembianze costose, scatta e posta sul social. Attendere like e follower. Ripetere tutto daccapo. Naturalmente, cambiando abiti. Esiste un brand che produce abiti scientificamente pensati per l’era di Instagram: si chiama Fashion Nova, e lo troverete taggato in migliaia di post dalla celebrity alla micro-influencer. Vende capi economici, per lo più in poliestere, ma che sembrano di lusso. Abiti da indossare un paio di volte al massimo, il tempo di una foto e di un post, per poi lasciare in fondo all’armadio. Un modello perfetto per chi ha bisogno solo di tenere aggiornato il proprio profilo Instagram, molto meno ‘cool’ se visto dall’altro lato della medaglia. In questi giorni, infatti, il New York Times ha rivelato che dietro l’immenso business di Fashion Nova c’è uno stuolo di lavoratori sfruttati nella fabbrica di Los Angeles, quartier generale del brand.

Il dipartimento federale del Lavoro Usa, infatti, ha scoperto che la forza lavoro impiegata negli States per produrre i jeans a basso prezzo e le canotte leopardate riceve paghe da fame, al di sotto del minimo legale. Da una indagine condotta dal 2016 ad oggi, secondo i calcoli del New York Times basati sui report del dipartimento, il brand di abbigliamento avrebbe pagato almeno 3,8 milioni di dollari in meno sui salari di quanto avrebbe dovuto. Ogni anno, il dipartimento si occupa di investigare sulle violazioni nei contratti e nei salari dei lavoratori nel comparto tessile: a Los Angeles non sono poche le fabbriche che pagano i lavoratori in nero, oppure che nascondono le macchine da cucire per non dichiarare l’effettiva forza lavoro. Fashion Nova, nello specifico, si sarebbe servita di fabbriche che pagano i loro operai circa 2,77 dollari all’ora. Chiamata in causa, l’azienda avrebbe ammesso di aver già incontrato i funzionari del dipartimento, e di aver smentito il fatto che gli operai sarebbero sfruttati.

“I tempi dei jeans da 200 euro a paio sono finiti” aveva detto Richard Sanghian, il founder di Fashion Nova in una intervista lo scorso anno. In effetti, il suo brand vende jeans per tutte le tasche, abiti dalle stampe scintillanti se viste dallo schermo di uno smartphone, ma che dal vivo rivelano la loro qualità molto economica. Il brand è stato fondato nel 2006 ma è con Instagram che ha avuto il boom: nel 2017 ha aumentato le sue vendite del 600% ed ha avviato collaborazioni con rapper come Cardi B. Lo scorso anno, le ricerche su Fashion Nova da Google hanno superato quelle per brand come Versace e Gucci, secondo i dati del motore di ricerca. Per tenere i suoi 17 milioni di follower Instagram sempre interessati ai suoi look, Fashion Nova propone circa mille nuovi “stili” a settimana. Il tutto è possibile grazie a un esercito di operai nelle fabbriche di Los Angeles e in quelle fuori dagli Usa.

Il modello di produzione aziendale non prevede una interazione diretta tra Fashion Nova e i responsabili delle fabbriche: la società fa ordini all’ingrosso con società che fisicamente si occupano del design degli abiti e che poi inviano la materia prima alle fabbriche per farli cucire e per apporre la targhetta Fashion Nova. Dall’inchiesta del quotidiano newyorkese, è emerso che, oltre ad essere pagati al di sotto della paga minima, i lavoratori sarebbero costretti a cucire gli abiti che finiscono negli account Instagram delle influencer in condizioni precarie, in luoghi di lavoro sporchi, spesso in presenza di topi. Condizioni che siamo abituati a trovare nei paesi in via di sviluppo (e non per questo giustificabili), ma che esistono anche a due passi da Hollywood. Quattro centesimi per ogni manica a stampa animalier che viene attaccata, 8 centesimi per ogni scollatura. Alla fine, chi comprerà quell’abito, lo pagherà 12-15 dollari. Gli farà una foto e la metterà su Instagram. Per poi passare alla prossimo.

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