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Conte vuole iniziare a governare

La tradizionale conferenza stampa di fine anno, quest’anno, è necessariamente diversa da tutte le altre. Non è possibile fare un bilancio solo, vanno sommate l’esperienza giallo-verde, con Conte premier, e quella giallo-rossa, sempre con Conte premier. Chiaro, quindi, che ogni sguardo indietro debba scontare gli effetti della crisi di agosto e di qualche imbarazzo che, da qualunque parte la si guardi, è inevitabile. Il Premier si sottopone alla lunga sequenza di domande, con la chiara intenzione di chiudere definitivamente un capitolo e di aprirne un altro. Il messaggio che sembra voler dare, e che declina in tante risposte diverse, sembra essere: ora, nel 2020, iniziamo a governare. Nella versione esplicita: “Davanti a noi c’è una maratona di tre anni”. Un obiettivo ambizioso, viste le contraddizioni e le frizioni continue che la sua maggioranza continua a produrre.

Proprio per questo, è altrettanto palese che non sia ancora sufficientemente chiaro se, come e quando l’azione del governo possa effettivamente cambiare marcia. “Gennaio sarà l’occasione per fermarsi a riflettere e confrontarsi per cercare di rilanciare l’azione di governo. Già scegliere l’ordine temporale delle misure da adottare sarà una scelta politica, nell’interesse dei cittadini e del Paese”, spiega Conte.

Quello che è certo è che ci sono due lunghe parentesi da lasciarsi alle spalle, la convivenza nel primo governo con un alleato ingombrante come Matteo Salvini e i primi quattro mesi del governo con il Pd, catalizzati dal lavoro su una manovra difficile da portare in porto e anche difficile da far metabolizzare come un risultato da rivendicare. Conte, quando parla del leader leghista, rispolvera l’atteggiamento del celebre discorso in Parlamento di agosto: “Quel che più mi ha meravigliato è il modo in cui Salvini interpreta la sua leadership, che ritengo insidiosa, perché si ritiene sciolta da vincoli e chiede pieni poteri. In questo modo produce slabbrature istituzionali e veri e propri strappi”. Sul piano concreto: i decreti sicurezza “vanno depurati da condizioni che io stesso ritengo inaccettabili”. Quanto all’azione di governo, riparte da una scelta mirata a chiudere un altro strappo, quello prodotto dalle dimissioni di Fioramonti: due ministri al posto di uno, Lucia Azzolina all’Istruzione, Gaetano Manfredi all’Università e ricerca.

Il presidente del Consiglio mette poi sul tavolo altri impegni, da realizzare nelle prossime settimane, per far entrare il Conte 2 nella sua fase veramente operativa. Il primo che cita è la semplificazione della Pa e la svolta verso il digitale per migliorare i rapporti con cittadini e imprese, e spingere la competitività del Paese. Un tema classico, che presuppone sforzi importanti visti i ritardi accumulati.

Iniziare a governare sul serio vuol dire anche prendere decisioni strategiche. A partire dai dossier più spinosi. La risposta di Conte su quello Autostrade è ancora interlocutoria: “Per quanto riguarda le concessioni autostradali confidavo di poter completare l’istruttoria entro questo mese, ci sarà uno slittamento ma siamo in dirittura finale. Con massima serenità concluderemo questo procedimento che è impegnativo, non ci chiamate incerti. Lo porteremo a termine con rigore”. Anche se la norma confermata nell’ultima versione del decreto Milleproroghe sembra indicare una strada. “In caso di revoca, di decadenza o di risoluzione di concessioni di strade o di autostrade”, in attesa del nuovo affidamento, può assumerne la gestione l’Anas. E, soprattutto, se lo stop alla concessione deriva da suo inadempimento, al concessionario spetta ‘solo’ il “valore delle opere realizzate, al netto degli ammortamenti” e questo anche nel caso in cui vi siano norme precedenti che stabilivano altro, perché sono “da intendersi come nulle”. Una formulazione che lascia prevedere un duro scontro con Atlantia e la famiglia Benetton.

Un’indicazione arriva anche sulla Popolare di Bari: “mettiamo in sicurezza i risparmi dei cittadini e un polmone creditizio fondamentale per il territorio, ma in prospettiva non escludiamo una soluzione di mercato. Non è un salvataggio, ma un sostegno dello Stato”. Stesso approccio per Alitalia: è una “compagnia in difficoltà, non vogliamo svilirla né regalarla a nessuno. Ci stiamo incaponendo e siamo determinati a ristrutturarla per poi offrirla a soluzioni di mercato”.

Ci sono anche parole di Conte che servono a legare la ricostruzione del Ponte a Genova, dopo il crollo del Ponte Morandi, all’Ilva di Taranto. “C’è un metodo: fare sistema. Il sistema Italia lo abbiamo sperimentato con il modello Genova, con la grande ferita del 14 agosto 2018, che tutti ci portiamo nel cuore. Da lì è nato un riscatto, il riscatto di Genova è il riscatto dell’Italia. In solo 20 mesi riusciremo a realizzare un Ponte, un modello di tecnologia. Sarà un record alla fine”. Stessi toni per “il modello Ilva: stiamo realizzando il sistema Italia anche per Ilva e a breve ritorneremo con delle soluzioni per lo stabilimento e per la città. Diamo il meglio di noi quando lavoriamo come squadra”.

Resta ferma la posizione su una delle misure di bandiera dei Cinquestelle. “Il reddito di cittadinanza la ritengo una misura di cui sono orgoglioso, la rivendico e mi batterò con tutte le mie forze per conservarla”, assicura Conte, aggiungendo: “Dobbiamo migliorarla in fase applicativa: è molto efficace per contrastare la povertà assolutà, in 8 mesi abbiamo -60% della povertà. Dobbiamo migliorare la prospettiva occupazionale”.

Piuttosto cauto l’approccio sul piano fiscale. “La rimodulazione dell’Iva non è all’ordine del giorno”, chiarisce il premier, che invece guarda alla lotta all’evasione: “Vedremo quanto riusciremo a recuperare dal sommerso”. Perché, per abbassare le tasse e tenere i conti in ordine evitando una procedura di infrazione dell’Ue, “l’unica prospettiva seria e credibile è lottare contro l’evasione fiscale, un furto che svantaggia i cittadini onesti”. Gli obiettivi, per ora, restano piuttosto generici. “Abbiamo da rilanciare il sistema fiscale, semplificare e rimodulare e ridurre le aliquote, per abbassare la pressione fiscale”.

Capitolo Sud. “Il 34% della spesa pubblica dovrà a priori essere destinato al Sud, è il principio che abbiamo fissato”, premette Conte, prima di citare l’iter della legge quadro sull’autonomia differenziata, che ha l’obiettivo di “ridurre le sperequazioni tra regioni”.

I titoli, come spesso accade in queste circostanze, sono tutti o quasi corretti. Per capire se il governo riuscirà effettivamente a ‘iniziare a governare’ è necessario attendere che vengano affrontati i principali nodi politici. Con un passaggio cruciale, le elezioni in Emilia Romagna e Calabria. Nonostante la fisiologica precisazione del premier: “non saranno un referendum sul governo”. Le intenzioni ci sono, “Conte ter? No, per carità. Non dobbiamo cadere nella tentazione di poter realizzare domani quello che si può realizzare oggi”. Ma servono un progetto, un programma condiviso e una coesione nella maggioranza che oggi non ci sono.

 

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