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Coronavirus, la riscoperta del capitale sociale

coronavirus covid19

Alla ricerca di un racconto… Sono convinto che in questa fase critica della storia occorra che i fili che costituiscono la trama del “dopo” vengano intrecciati in un racconto economico e filosofico coerente, che possa darci il senso della nostra identità collettiva come specie e portare l’umanità ad una nuova visione del mondo, facendo battere il nostro cuore “globalmente”. In assenza di un racconto, tutte le idee si perdono in un caos in cui niente si connette a nient’altro. Ogni idea diviene una assurdità e un oggetto di contesa, privandoci della forza di cui abbiamo bisogno per il salto immaginativo necessario per entrare nella prossima era della storia. Abbiamo una grande responsabilità, enorme, costruire un “racconto” al quale fare riferimento per il dopo coronavirus, altrimenti sarà il caos. Abbiamo, altresì, una grande opportunità: essere attori protagonisti della costruzione di questo “new deal” che spazia dalla sostenibilità alla comunità.

 

Nulla sarà come prima. Ne sono convinto. Si avrà la chiara percezione che la tecnologia avrà accelerato la creazione di capitale sociale anziché capitale commerciale. Sarà accelerata la volontà di condividere contributi nella speranza di fare cosa utile ad altri utenti. Questa metamorfosi della socialità ci accompagnerà al di là dei legami di sangue, delle affiliazioni religiose e delle identità nazionali, verso una coscienza globale. Accelererà il processo di democratizzazione della cultura, grazie all’utilizzo “massiccio” della tecnologia, che risponde ad una logica di comunicazione, di distribuzione, di espansione a scala laterale (e non verticale come la storia insegna).

 

Quindi i giorni di emergenza coronavirus che stiamo vivendo ci lasceranno come eredità la riscoperta del capitale sociale che affiancherà il capitale finanziario e definirà un nuovo paradigma socioeconomico. Il capitale sociale raggiunge le economie di scala per via laterale anziché verticale, e si dispiega al meglio mediante comunità anziché attraverso meccanismi di mercato capitalistici. Tutto ciò costringerà il capitalismo di mercato a trovare nuove strade per la sua sopravvivenza. Ciò avverrà infatti solo se saprà trovare valore in un mondo in cui i nuovi livelli di efficienza e produttività saranno frutto di una società sempre più organizzata in forma distribuita, aperta, collaborativa ed interconnessa.

 

Cambiamento

 

Ormai lo abbiamo capito tutti siamo entrati in una nuova frontiera. Dobbiamo convivere con l’incertezza, adattandoci momento per momento alle sorprese in serbo per noi. Dobbiamo accantonare per sempre l’idea di poter controllare la natura e modellarla al servizio dell’umanità. Dobbiamo riorganizzarci, raccogliere le nostre forze collettive, imparare a vivere contando sul nostro ingegno, e trovare in noi stessi una capacità di resilienza che ci permetta di sopravvivere e andare avanti nel futuro sconosciuto che aspetta la nostra specie. Non avere paura di fallire, ma umiltà nell’ascoltare nell’imparare, e agire e ancora agire. Il tempo delle decisioni e‘ arrivato improvvisamente e come tale richiede risposte immediate, ma questa volta non possiamo scaricare la responsabilità su sovrastrutture organizzative, politiche gerarchiche questa volta ogni singolo individuo e’ attore protagonista. Nulla sarà come prima, quindi? Ci tocca cambiare. Il cambiamento fa parte del nostro DNA, è una capacità insita nel nostro cervello che è progettato per adattarsi all’ambiente che lo circonda e ci ha permesso di differenziarci, noi Sapiens, dai Neanderthal. Il problema è che per fare meno fatica e risparmiare energia il cervello mette il “pilota automatico“, che rappresenta la nostra zona di comfort sicura e conosciuta. E ora? Il cambiamento è arrivato non voluto, inaspettato, quindi il cervello è costretto a togliere il pilota automatico e predisporsi alla reazione che i neurologi definiscono “di lotta o fuga “. I gangli della base, gli organi cerebrali delle nostre abitudini, iniziano a sussultare perché siamo costretti fuori dall’ordinario e ciò può essere pericoloso. Nel frattempo, tutto il cervello si predispone alla reazione e inizia a conservare energia in caso di battaglia. Quindi che lo vogliamo o no il nostro cervello è pronto a combattere o a fuggire. Quale strada prenderemo? Mi viene da dire quella che ci fa consumare meno energia, ma forse questa volta può essere la strategia sbagliata.

 

Empatia

 

I grandi cambiamenti della storia sono stati accompagnati dall’evoluzione della nostra capacità di empatia, giunta ad abbracciare collettività e visioni del mondo sempre più grandi. Nelle società dei cacciatori-raccoglitori l’empatia era limitata a legami di sangue e di parentela e dalla condivisione di una comune visione del mondo ancestrale. Nelle grandi civiltà idrauliche si estendeva a coloro che condividevano la stessa appartenenza religiosa. Nel 19.mo secolo, con la prima rivoluzione industriale, l’empatia si estese a famiglie metaforiche basate su un senso collettivo di fedeltà nazionale a una patria. I cittadini iniziarono ad empatizzare sulla base di una identità nazionale. Nel 20.mo secolo, con la seconda rivoluzione industriale, l’empatia, in un mondo sempre più senza confini, inizio a basarsi su legami cosmopoliti e professionali fra persone di mentalità affine. E ora? Dopo questa drammatica esperienza? Sono convinto che il passo successivo sia vedersi come una coorte planetaria che abita una comune biosfera. Proveremo empatia, giungendo a pensarci parte di una specie minacciata ed empatizzando sulla base della comune tragica condizione su una terra in via di destabilizzazione. Una grande opportunità. Proviamo a leggere questo momento storico, straordinario, da un‘altra angolazione. L’economia di mercato il capitalismo, che ricordo essere una “forma” economica giovane, ha portato gli essere umani, noi e quindi la società in cui viviamo, ad una sorta di “tutti contro tutti“, un gioco a somma nulla, vinco io perdi tu. Ma gli scienziati cognitivi ci insegnano che l’uomo, con la sua neocorteccia molto estesa e di straordinaria complessità, è il più sociale di tutti gli esseri viventi. La peggiore punizione che si può infliggere ad un essere umano è l’ostracismo. I nostri circuiti neurali sono cablati per provare sofferenza empatica e la nostra sopravvivenza evolutiva deve “tutto“ alla socialità collettiva rispetto alle inclinazioni individualistiche. Bene: abbiamo una grande opportunità; riscoprire grazie a questa esperienza la nostra vera essenza e rimodellare il mondo verso un modello, che nuovo non è, ma solo dimenticato e ci permetterà di garantire un grande futuro alle nuove generazioni. Se questo non avvenisse avremmo sprecato forse l’unica occasione di cambiamento che la vita ci concederà.

 

Immaginazione, creatività

 

Una risorsa poco considerata ma ora ancor più fondamentale: l’immaginazione. Proprio grazie a questa capacità prettamente umana, l’uomo è riuscito a sopravvivere ed evolversi nel corso della storia. Immaginare vuol dire vedere ciò che non si vede, crearsi una immagine di qualcosa che non c’è e, magari non ci sarà mai. Per immaginare è fondamentale avere una capacità di pensiero estremamente complessa che consenta di uscire dalla concretezza per arrivare all’astrazione. E’ grazie al pensiero astratto che siamo passati dalle pietre per ammazzare le prede, alle lance, fino ad arrivare ai fucili. E’ grazie al pensiero ipotetico che abbiamo capito che era meglio trovare un ambiente per ripararsi dalle intemperie e avere la schiena coperta dall’attacco dei predatori. E’, quindi, questa capacità che consente all’essere umano di prendere decisioni, di risolvere problemi trovando soluzioni che si ritengono migliori in un dato momento ed in una data condizione. Ed in questo momento ci serve tanta tanta immaginazione. Pillole sulla creatività. La logica della creatività consiste nel considerare un elemento, dislocare lateralmente un suo aspetto e colmare il gap che è stato così provocato. Il processo è simile a quello dello humor. La creatività scaturisce da elementi concreti. Edison affermò che una innovazione è solo un altro modo di osservare la medesima realtà; la teoria della relatività di Einstein è il risultato dell’osservazione, da due diverse prospettive, degli stessi effetti prodotti da una persona che cammina in un treno in movimento. Il pensiero creativo procede “dal basso verso l’alto”, dal particolare al generale; è induttivo non deduttivo. Creatività immaginazione mai come oggi caratteristiche fondamentali per costruire la vita che sarà.

 

Sostenibilità

 

La nascita della coscienza di vivere in un’unica fragile biosfera. Il conto “entropico” che la nostra specie ha creato attraverso lo stile di vita che abbiamo vissuto negli ultimi 60 anni ci ha portato alle soglie della sesta estinzione di massa. Dove stavolta i dinosauri siamo noi. Quello che ci può salvare esiste e si chiama empatia o meglio la nascita di una civilizzazione empatica. Sono convinto che l’esperienza che stiamo vivendo acceleri il processo di creazione di questa coscienza, che si crei quindi un senso collettivo di affiliazione. Siamo ad un bivio con una grande differenza rispetto al passato, ora la “macchina” la guida ciascuno di noi. Ad oggi l’americano medio consuma 3747 calorie al giorno (ricordo che all‘individuo medio sono necessarie 2000-2500 calorie per preservare il benessere fisico). Se i 7 mld di abitanti del pianeta avessero un consumo simile a quello americano occorrerebbe un parco risorse pari a 4,5 volte quello che la terra genera annualmente. Tra ricchi e poveri il genere umano consuma risorse al ritmo di una volta e mezza quanto la terra è in grado di offrire, o meglio per rigenerare quanto consumiamo in un anno, il pianeta ha bisogno di un anno e mezzo. Da queste semplici considerazioni si deduce che o siamo noi oggi a governare il percorso della sostenibilità o ci penserà l’ecosistema generando eventi ben più minacciosi di quello attuale. Dobbiamo costruire questa consapevolezza per non venire travolti. Siamo ancora in tempo. Quello che stiamo vivendo è un avvertimento. Gli analisti del settore prevedono che nel giro di 15 anni la tecnologia per raccogliere energia solare e realizzare piccoli impianti eolici diventerà economica quanto telefoni cellulari o computer portatili. Centinaia di milioni di persone produrranno energia rinnovabile nelle loro case, nei loro uffici e nelle loro fabbriche e condivideranno con gli altri energia verde attraverso un internet dell’energia (il sole effonde sulla terra 470 esajoule ogni 88 minuti, l’equivalente del consumo annuale dell’intero genere umano).

 

Tecnologia

 

Nei prossimi anni biotech e infotech ci daranno il potere di “manipolare” il mondo “dentro” di noi e di trasformarci. Il problema è che non riusciamo a comprendere la complessità della nostra mente quindi non siamo in grado di gestire le conseguenze di questa trasformazione, esattamente come nel passato non siamo stati in grado di gestire le conseguenze distruggendo in tal modo l’intero sistema ecologico. Cosa ci salverà dall’autodistruzione? Serve una profonda analisi etica che ci permetta di gettare le basi per un futuro migliore. Gli esseri umani sono esseri “individuali”, è difficile connetterli tutti e creare una intelligenza collettiva. I computer di converso non sono “individuali“ ma connessi uno con l’altro quindi creano una rete integrata. Quindi è sbagliato comparare le abilità di un essere umano con quella di un computer: va paragonata a quella di una rete connessa, facilmente upgradabile, di un numero enorme di computer. Da questa semplice considerazione si può intuire come e dove le reti di macchine sostituiranno gli esseri umani e ci aiuteranno a vivere meglio… “Che cosa è l’intelligenza artificiale? E’ un ossimoro. Una contraddizione. L’intelligenza non può essere artificiale e un essere artificiale non può essere intelligente. Oggi siamo riusciti a creare oggetti che possono fare tante cose complesse non essendo intelligenti.” Floridi dixit, come non essere d’accordo?

 

Noi

 

E ora come torniamo a fare acquisti? I neuroscienziati ci hanno dimostrato come il nostro cervello prende la maggior parte delle decisioni sotto la soglia della coscienza. Il 95% delle nostre attività cerebrali (pensieri, emozioni, processi decisionali) avviene in modo inconscio. La nostra coscienza non entra in questi processi o quanto meno, non lo fa subito. Il processo di acquisto, quindi, è prevalentemente implicito (decidiamo sulla base delle nostre emozioni, esperienze, abitudini, opinioni di persone di cui ci fidiamo). Il pensiero logico-razionale, se interviene, lo fa in seconda battuta e tante volte interviene solo per giustificare l’acquisto fatto. Ora l’esperienza che stiamo vivendo ha lasciato e lascerà profonde cicatrici nel nostro inconscio e quindi influenzerà profondamente i nostri processi di acquisto. Andranno allora riviste le strategie comunicative, il “why” di acquisto dovrà essere modulato in maniera profondamente diversa. Avete notato come dopo 2 mesi di video emozionali molto belli ma tutti simili ora abbiamo bisogno di altro? Di concretezza forse? Chissà. Chissà se alla fine di questa storia sarà verosimile avvertire assai meno l’incessante impulso ad accumulare. Chissà se l’uomo comprenderà che il paradigma precedente non assicura alla nostra specie un futuro sostenibile su questa terra. Chissà se i nostri ragazzi daranno vita ad una economia della condivisione, meno materialistica e più sostenibile, meno opportunista e più empatica. Chissà se quanto stiamo vivendo non si rivelerà la nostra salvezza.

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